Era il 5 febbraio 2003. Il segretario di Stato americano Colin Powell sventolava una provetta che avrebbe dovuto contenere potenti armi chimiche o batteriologiche. Scenario del gesto, di forte impatto, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Lo videro milioni di telespettatori e cittadini, in tutto il mondo. Il gesto mirava a dimostrare il possesso di armi non convenzionali, da parte del regime di Saddam Hussein ed ottenere una legittimazione, da parte dell’ONU, dell’attacco americano all’Iraq, che sarebbe comunque scattato, il successivo 19 marzo, nonostante il mancato appoggio delle Nazioni Unite.
Ecco, una tale vicenda, come si collocherebbe oggi, sotto il profilo giuridico, nei suoi tanti aspetti, rispetto alle norme, invocate dall’autorità costituita, che imporrebbero vincoli alla diffusione di determinate “notizie”, o bufale, da parte del web?
Era il 15 novembre 1986 e la RAI trasmetteva “Fantastico 7”. In TV comparve l’allora famosissimo comico Beppe Grillo, con una battuta che fece scalpore. Durante la puntata, in onda in prima serata, Grillo ironizzò pesantemente sul viaggio in Cina di una delegazione di socialisti italiani. Queste le parole del comico: “A un certo punto Martelli ha chiamato Craxi e ha detto: Ma senti un po’, qua ce n’è un miliardo e son tutti socialisti? Craxi ha detto: Sì perché? Ma allora, se son tutti socialisti a chi rubano?”
Ecco, quella “notizia”, sarebbe oggi ritenuta diffamatoria, ricadrebbe all’interno della legittima satira politica, verrebbe valutata come un elemento da cancellare dal web?
Le discussioni sulla post-verità, sulla portata diffamatoria e lesiva di ciò che campeggia sui moderni mezzi di diffusione del pensiero, investono un profilo per certi versi grottesco, ed un altro molto, molto preoccupante.
Di questi aspetti, del rapporto tra liceità di ciò che compare sul web e della facoltà di limitazione all’uso della rete che si può consentire all’autorità costituita, mi sono occupato di recente, con un’intervista alla testata “L’altra pagina”, di cui riporto il link:
http://www.laltrapagina.it/mag/il-linguaggio-dellodio-lavv-salvatore-lucignano-puntualizza-i-dettagli-del-suo-pensiero/
Ciò che si può aggiungere, sul tema della verità affermata per legge, è che la politica, la sfera del confronto e dello scontro verbale, che anima la società, si portano dietro, in modo ineliminabile e fondamentalmente indispensabile alla libertà degli individui, una dose di verità e menzogna, che coesistono sin dalla notte dei tempi e che sempre dovranno poter coesistere. Persino la sfera della vox populi, per quanto non ancora affermata da verità giudiziarie (i socialisti rubano), ha un valore fondamentale per la libertà delle nostre civiltà. Pretendere di limitare per legge il vero, o peggio, non saper distinguere tra il dileggio del potere e la diffamazione fine a se stessa, rappresenta sicuramente una degenerazione che non può essere tollerata, perché non mira affatto ad una migliore difesa dei diritti di noi tutti, ma alla compressione ed al controllo del confronto democratico, che spesso ha il dovere di dire ciò che non è riconosciuto come vero, o non lo è ancora, ma che proprio per questo va denunciato pubblicamente.