Nuova Avvocatura Democratica ha illustrato, fin dalla sua nascita, i tanti temi che stanno portando alla crisi irreversibile dell’avvocatura di massa. La nostra lotta, una vera e propria guerra contro le istituzioni forensi italiane, corrotte ed inette, parte dalla consapevolezza che i numeri dell’avvocatura siano ormai divenuti insostenibili. La Cosa Nostra istituzionalizzata ha favorito il boom della massificazione professionale per interessi di bottega, salvo poi lavorare, in modo occulto, o persino con ammissioni pubbliche, seppure a denti stretti, per una riduzione del numero di avvocati, capace di ridare ai ricchi e ai potenti maggiore lavoro, ricchezza e potere.
Il concetto di ridimensionamento della bulimia giudiziaria italica non è mai stato declinato onestamente dalla Cupola dell’istituzionalizzazione. La legge professionale forense del 2012, a meno di cinque anni dalla sua emanazione, appare archeologia giuridica, robaccia, scritta da burocrati intrisi di concetti e nozioni medievali, ma totalmente incapace di fotografare la realtà e di governare il futuro dell’avvocatura.
NAD, a partire dal 12 settembre 2016, ha offerto ai colleghi uno straordinario archivio politico, fatto di battaglie, di analisi, dati e riferimenti. Centinaia di documenti, testimonianze, un percorso dettagliato che, nei prossimi anni, guiderà la società italiana alla comprensione del fenomeno che stiamo vivendo: la morte dell’avvocatura di massa.
La bulimia inefficiente del sistema giustizia in Italia è ormai un dato di fatto consolidato, così come la creazione di un sottobosco di attività a basso valore intellettuale aggiunto, divenuto di fatto l’ambito operativo di moltissimi avvocati, i quali per sopravvivere hanno un disperato bisogno di contenziosi “seriali”. L’esplosione del numero di avvocati che, a partire dagli anni 80, ha fatto erroneamente ritenere l’avvocatura una sorta di Klondike, con miniere d’oro illimitate, possibili da sfruttare in eterno, presenta oggi un conto dai costi sociali devastanti.
Oltre un terzo degli avvocati italiani iscritti all’albo versa in condizioni di precaria sussistenza, con prospettive di crescita reddituale negative. La fuga dall’avvocatura di massa comincia a diventare la cifra insistente per moltissimi colleghi, protagonisti di storie drammatiche, fatte di disperazione, inedia, tentativi affannosi di trovare una exit strategy. La fame e la paura sono diventate le compagne di viaggio più fedeli di una professione squalificata, senza più legge, né onore, in cui tutto è permesso e in cui si è costretti a tutto, pur di sopravvivere.
Gli scenari più frequenti nell’avvocatura di massa sono ormai immagini da gironi danteschi: folle di avvocati sudati, accalcati dinanzi a banconi malandati, intenti a trattare cause che perdono qualsiasi dignità individuale, diventando briciole, numeri, frammenti insignificanti di un mostro senza fine, senza termini, privo di qualsiasi ragionevolezza.
Un dramma epocale, lo specchio del nostro tempo e della società del fu “belpaese”. L’avvocatura di massa e la bulimica inefficienza della giustizia italiana sono diventate due facce della stessa medaglia, hanno dato luogo ad un delitto perfetto, quello consumato ai danni del diritto. Nel nostro paese, da circa trent’anni, l’ordinamento giudiziario è diventato una pantomima, una sciarada, con milioni di cittadini che rinunciano sistematicamente a far valere i propri diritti violati, perché sanno che lo Stato non sarà in grado di dar loro alcuna effettiva soddisfazione, con avvocati costretti ad alzare bandiera bianca dinanzi alle pretese del giusto, perché il peccatore il ladro, il farabutto, hanno sempre enormi strumenti, legali o paralegali che siano, per farla franca, per sfuggire alle conseguenze degli inadempimenti e dei reati, per farsi beffe di chi vive nel recinto delle leggi.
Già, le leggi italiane. Un oceano sconfinato di norme, un continuo vomitatoio di novelle, che ha disintegrato il concetto stesso di “certezza del diritto”. La politica aveva bisogno esattamente di questo: distruggere l’inclusione del popolo nei meccanismi di governo della cosa pubblica, rendere i burocrati e i potenti i signori assoluti della vita dei cittadini. Tale compito è stato assolto con pervicacia e disprezzo delle conseguenze. L’edificio sociale italiano è stato travolto dalla corruzione e dal malaffare. Il diritto e la giustizia si sono progressivamente trasformati, da strumento di equità e soddisfazione, a beffa ulteriore, a mortificazione degli interessi e delle aspirazioni legittime dell’individuo. La rabbia per i diritti negati si salda a quella per i costi abnormi, per le procedure farraginose, per l’irrazionalità di meccanismi che non hanno alcuna aderenza con le necessità del nostro tempo.
In questo disastro boccheggia l’avvocatura di massa. Giovani neolaureati, imbevuti di inutili nozioni, ma totalmente impreparati alla giungla che li attende fuori, vecchi padrini affamati degli ultimi scampoli di clientelismo e baronie, che si contendono con ogni mezzo fette di potere all’interno del morente mondo delle istituzioni forensi, una politica che ha abbandonato la professione forense al suo destino, in fondo lieta che l’avvocatura scompaia, lasciando campo libero al malaffare e alle prepotenze di uno Stato ladro e bugiardo.
E’ questo il futuro che ci aspetta? Temo proprio di si. Vedo addensarsi nubi ancora più fosche sui nostri tempi a venire. NAD lotta per un riscatto, per una rivoluzione, che parta dall’avvocatura e possa ridare dignità e senso anche alla giustizia tutta. Purtroppo conduciamo una guerra solitaria, aspra, difficile, ma continueremo a combatterla, con coscienza e coraggio. Del resto… non abbiamo alternative.
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Avv. Salvatore Lucignano