VIAGGIO NEL DUBBIO: IRONIE E DEBITI.

9 Dicembre, 2016 | Autore : |

Sulla vicenda “Dubbio” abbiamo lavorato tanto, per informare gli avvocati italiani. E’ stata l’ennesima iniziativa fallimentare, truffaldina, padronale ed arbitraria che il Consiglio Nazionale Forense ha portato avanti con i nostri soldi, confidando nel clima di impunità che aleggia sulle scelte discrezionali di questo Ente,  che purtroppo potranno essere arginate solo ricorrendo all’autorità giudiziaria. Per noi di Nuova Avvocatura Democratica è chiaro che con il regime dell’istituzionalizzazione forense non esiste più alcun tipo di interlocuzione politica. Sul piano personale ho ormai maturato la profonda convinzione che l’unica cosa per cui valga la pena battersi, al di fuori dell’attività professionale, sia un’idea di avvocatura del tutto distinta e contrapposta a quella rappresentata dalle istituzioni forensi italiane.

Le vicende di questo insulso giornalino, che costa agli avvocati italiani quasi due milioni di euro all’anno, sono state prontamente messe nel dimenticatoio, nonostante alcuni pavidi esponenti del regime abbiano tentato di smarcarsi dall’iniziativa assunta dal padrone dell’avvocatura italiana, ovvero l’attuale Presidente del Consiglio Nazionale Forense. Le delibere di alcuni Consigli dell’Ordine, come è nello stile di chi il coraggio e la dignità non se la può dare, se proprio alla base gli manca, sono state una beffa per gli avvocati italiani, largamente ostili a questa patetica forma di finanziamento di certa politica da parte del Consiglio Nazionale Forense, e non hanno avuto alcun seguito.

I consiglieri dell’Ordine riuniti a Congresso, a Rimini, hanno dimenticato prontamente che su questo giornale l’avvocatura italiana aveva visto muoversi tensioni e sdegno, interrogazioni parlamentari ed articoli di stampa, deliberati dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura e di associazioni. E’ stato tutto vano. Nulla ha spinto questi uomini a mantenere fede ai proclami di contrarietà diffusi nei propri circondari di appartenenza.

 

Nel frattempo, nonostante l’oblio e l’omertà, con INDubbio, abbiamo denunciato e smascherato il gioco di società ed enti interposti che fanno da teste di legno tra la mente del progetto, ovvero il Consiglio Nazionale Forense, e il giornale. Abbiamo combattuto per avere trasparenza sulla genesi dell’operazione, pubblicando i verbali delle audizioni che ne hanno scandito la nascita. Abbiamo raccontato degli abbonamenti sottoscritti dai Consigli per conto dei propri iscritti, della totale opacità riguardante la raccolta pubblicitaria, dei dati di vendita occultati.

 

A distanza di mesi, di questo ignobile progetto non restano che le ironie di molti colleghi e il mare di debiti che l’iniziativa sta generando, visto che il giornale continua a mantenersi in vita unicamente grazie ai soldi degli avvocati italiani. Restano la molte gaffes, l’assenza dell’avvocatura e del dibattito interno alla categoria, i lauti stipendi versati alla redazione e un paio di articoli del Presidente del Consiglio Nazionale Forense, che ne hanno confermato l’insussistente vena letteraria, oltre a fornire conferme sulla sua assoluta carenza di argomenti, giuridici o politici.

 

Il Dubbio è sempre stato un corpo estraneo all’avvocatura, sin da quando è nato. A noi, avversari del regime dell’istituzionalizzazione forense, è apparso fin da subito per ciò che era: una velina filogovernativa, partorita da ambienti vicini a Palazzo Chigi per sistemare qualche giornalista amico e fare un pochino di ignobile gazzarra contro la magistratura. Qualcuno infatti, anche all’interno dell’avvocatura italiana, deve aver creduto che lo strapotere dei magistrati non si combatta con una buona politica o con buone leggi, ma con una serie di puerili articoletti, a firma di pseudo garantisti con la credibilità di un Fiorino di cartapesta.

 

Il Dubbio non vende ai cittadini, non vende nelle edicole, non ha coinvolto rappresentanti dell’avvocatura istituzionale o associativa in progetti culturali degni di nota. La distanza con i colleghi è rimasta totale, rimarcata da scelte editoriali che non hanno mai nascosto la vera natura dell’operazione, quella di una velina politica travestita da testata garantista. Naturalmente l’identificazione tra editore e categoria, tra istituzione e finanziatori, tra padrone e sudditi, è stata ed è totale. Per “IL dubbio” gli avvocati sono il Consiglio Nazionale Forense. Se si leggesse il giornale senza essere un avvocato non vi sarebbe alcun modo di credere che esista una categoria che in larga parte ignora o subisce passivamente le scelte di questo piccolo consesso di una trentina di avvocati (fatico enormemente a ricordarmi quanti siano, esattamente come per il Comitato dei delegati della Cassa Forense. Devo avere un’avversione per il ricordo di cose inutili).

 

Dopo i primissimi e trionfali proclami sulla diffusione del quotidiano, il Consiglio Nazionale Forense ha fatto calare la censura su ogni tipo di informazione relativa al progetto. Gli avvocati italiani non sanno quanti cittadini comprino il giornale, non possono valutare quali siano stati i presunti benefici per l’avvocatura di questa operazione, non ne capiscono l’utilità. Noi avvocati continuiamo unicamente a pagare, mentre il Ministro Andrea Orlando, che se Dio vuole verrà travolto dalle dimissioni del governo Renzi, ha ignorato ogni protesta, ogni denuncia, che gli abbiamo rivolto, per segnalare i tanti, nefandi aspetti di questa operazione.

 

Concludo questa anamnesi sulla patologia in oggetto rilevando che attualmente, il sito internet del Consiglio Nazionale Forense, forse al fine di cominciare a mettere una distanza di sicurezza tra gli ideatori di questa tragica iniziativa e i conti, che presto gli avvocati italiani saranno stufi di dover saldare, si premura di dichiarare che l’operazione sarebbe un’iniziativa della Fondazione dell’Avvocatura italiana, condivisa dal Consiglio Nazionale Forense.

 

Insomma, il Consiglio Nazionale Forense non sarebbe l’ideatore del giornale, ma avrebbe condiviso l’iniziativa assunta da altri e segnatamente dalla Fondazione dell’Avvocatura italiana. La cosa è davvero interessante, visto che il Presidente del Consiglio Nazionale Forense e quello della Fondazione dell’Avvocatura italiana sono casualmente la stessa persona: l’avvocato Andrea Mascherin. A questo punto mi pongo una domanda:  come ha fatto l’avvocato Andrea Mascherin a condividere se stesso?

 

 

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