Uno degli aspetti fondamentali, forse quello più importante, che il Congresso Nazionale di Rimini avrebbe dovuto affrontare, riguarda l’identità dell’avvocatura. Il titolo giusto del Congresso sarebbe dovuto essere: “Avvocatura senza avvocatura: una categoria senza identità”. Su quel tema si sarebbe dovuta affrontare una discussione che permettesse di capire la ragione per cui l’avvocatura italiana è un soggetto mai nato, fatto di individui che in comune hanno solo il titolo, altisonante e vuoto, di “avvocato”, ma non si riconoscono in alcun valore comune.
Se le istituzioni forensi non fossero state corrotte e inette, si sarebbe potuto avviare un percorso inclusivo, teso a rappresentare l’emarginazione, l’esclusione e la difficoltà, cercando di cucire un legame con la parte della professione più ricca, trovando nella riqualificazione effettiva e nella sintesi politica, unitaria e plurale, il collante per un patto che finalmente fondasse l’avvocatura, la facesse nascere.
NAD aveva proposto una via, sensata ed efficace, ovvero quella di far nascere un Parlamento ed un Governo nazionale della categoria, che unificasse le sue espressioni ed istanze, cercando di includere tutte le diversità in un discorso unitario. Purtroppo la nostra mozione statutaria, largamente osteggiata dal Congresso, ha raccolto solo 49 sottoscrizioni e non è potuta restare agli atti, per una sola firma, come progetto posto all’attenzione del Congresso. Naturalmente la mafia istituzionale, anche nel caso fossimo riusciti a presentare la nostra mozione, non l’avrebbe fatta mettere ai voti, come è avvenuto, del tutto illegalmente, per mozioni statutarie che avevano raccolto le sottoscrizioni necessarie, come ad esempio quella proposta dal Movimento Forense.
Si è scelta un’altra strada, quella di rafforzare ancora di più istituzioni fatte di vecchi, votate dai vecchi, barricandole in un sistema che esclude i giovani e i deboli, relegandoli a moleste e fastidiose escrescenze da estirpare. Il fallimento di questa scelta è già sotto gli occhi di tutti: la Cassa di Previdenza Forense è letteralmente presa d’assedio dall’avvocatura di base, con i suoi delegati, eletti a suffragio parziale e la sua politica vessatoria e clientelare, che sono cordialmente odiati da decine di migliaia di colleghi; il Consiglio Nazionale Forense agisce esattamente come la “Commissione” di Cosa Nostra, in una visione piramidale, padronale e assolutista del proprio ruolo, che ignora tutto ciò che non è perfettamente asservto ai desiderata dei suoi padrini; L’Organismo Congressuale Forense è una farsa, una pantomima, senza fondi, senza legittimazione, con uno statuto che cade già a pezzi; i Consigli dell’Ordine sono totalmente delegittimati, tra proroghe infinite ed illegali, elezioni con il SOVIETICHELLUM, parimenti illegali, e nessuna soluzione normativa seria che si profili all’orizzonte.
Nuova Avvocatura Democratica è parte di un movimento più ampio, che ormai nega radicalmente la possibilità di riconoscersi in questa cornice istituzionale e normativa. Per noi le istituzioni forensi sono una mafia, con molti tratti grotteschi, che va abbattuta, cancellata, disintegrata. L’avvocatura, per nascere, ha bisogno di riscrivere dalle fondamenta le proprie ragioni comuni, disegnando istituzioni inclusive, credibili, democratiche, rispettose dei più deboli, in grado di lottare contro i nemici esterni della professione, con visione del futuro e capacità. Tutto questo ci sarà negato, fino a quando questo sistema, incancrenito, clientelare, mafioso e vigliacco, continuerà a prosperare.
Per questo NAD lancia un appello a tutti i colleghi e gli offre asilo politico: unitevi a noi, combattete con noi, lavorate con noi alla nascita della nostra professione e della nostra categoria. Si, perché dove non c’è unità politica e visione comune non c’è categoria e non c’è classe. Insieme possiamo farcela, mentre se non ci uniremo, non avremo alcuna possibilità di rovesciare questo regime. Uniamoci, non abbiamo alternative.