Come segretario nazionale di NAD – Nuova Avvocatura Democratica, ho sempre ritenuto che l’archivio politico dell’avvocatura sia fondamentale per poter ricostruire la storia della professione e poter interpretare nel modo migliore i tanti mutamenti che albergano nelle coscienze degli uomini. Certo, cambiare idea è assolutamente legittimo e nulla vieta di farlo, ma i percorsi politici che rendono credibile un processo di maturazione ideale non possono nascere dal nulla, a meno che essi di politico non abbiano nulla.
Ho conosciuto Sergio Paparo, attuale Presidente dell’Ordine degli avvocati di Firenze, nel 2014, in ragione della mia attività politica forense. Si trattava ovviamente di una conoscenza fatta di posizioni assunte su vicende politiche riguardanti l’avvocatura italiana. Paparo mi è apparso subito un uomo burbero, lontano dai miei modi poco istituzionali, ma allora il Presidente era indicato da molti come uno dei più aperti alla giovane avvocatura, estranea ai riti iniziatici del sistema ordinistico e dunque speravo che la sua azione aiutasse la mia battaglia, volta alla democrazia e all’affermazione di un governo unitario e plurale della nostra categoria.
Infatti, a detta di molti colleghi con maggiore esperienza della mia, Paparo era un uomo che poteva contrastare la deriva totalitaria che i vari Presidenti degli Ordini Circondariali volevano attuare, per mezzo di soggetti, autoconvocati, che andassero oltre le loro prerogative “istituzionali”, con l’ambizione di soppiantare il ruolo politico del Congresso Nazionale dell’Avvocatura.
Per un giovane collega, agli inizi del suo impegno politico, queste credenziali bastavano a generare fiducia in una figura conosciuta, affermata ed apparentemente “vicina” alle aspirazioni di chi voleva un’avvocatura democratica, vicina ai colleghi non “istituzionalizzati”. Quel giovane collega però non aveva fatto i conti con le potenti armi del cambiamento. Si, perché nel dicembre del 2014, il Presidente Paparo, il giorno 3, relazionava e spingeva il Consiglio da lui presieduto verso l’adozione di una delibera durissima verso le pretese “politiche” e non “istituzionali” vantate dal Presidente del Consiglio dell’Ordine di Roma, Mauro Vaglio.
La delibera faceva riferimento alla pretesa del Coordinamento degli Ordini e delle Unioni di rappresentare politicamente i “250 mila avvocati italiani”. Tale pretesa era allora giudicata illegittima dall’intero Consiglio dell’Ordine di Firenze, incluso l’Avv. Sergio Paparo, il quale ribadiva che un ruolo di rappresentanza politica ai soggetti “coordinati” non era stato mai conferito dall’avvocatura italiana.
La replica di Mauro Vaglio alla delibera fiorentina, giunta in data 7 dicembre 2014, rivendicava il ruolo politico del Coordinamento degli Ordini, palesando una visione totalmente diversa, si potrebbe dire “opposta” a quella di Sergio Paparo:
La controreplica di Sergio Paparo non si faceva attendere. Con un comunicato assai duro, il Presidente del Consiglio dell’Ordine di Firenze infatti liquidava la comunicazione del collega romano, legata all’organizzazione di un incontro in cui il Coordinamento avrebbe dovuto assumere la rappresentanza di “250 mila avvocati” (cit.), con queste parole: “…contenuto ineducato ed istituzionalmente scorretto, non merita proprio di essere commentato…”
Nel dicembre del 2014 dunque, lo scontro tra Sergio Paparo e Mauro Vaglio era palese, le visioni dei due Presidenti sul ruolo delle istituzioni forensi apparivano diametralmente opposte. Il Presidente romano rivendicava un ruolo politico, sullo scenario nazionale, per gli Ordini circondariali ed i loro coordinamenti, mentre il Presidente fiorentino richiamava al rispetto delle prerogative del Congresso Nazionale, al ruolo istituzionale del Coordinamento degli Ordini, all’impossibilità di assunzione di un ruolo politico per gli Ordini, che a suo parere dovevano limitare l’oggetto del proprio coordinamento ad un’azione tesa ad una più fruttuosa collaborazione con il Consiglio Nazionale Forense, “…con specifico riguardo all’attuazione della Legge Professionale“. Cit.
A questo punto, ricostruita la storia, per mezzo dei documenti, le domande di un giovane avvocato sorgono spontanee: Presidente Paparo, cosa è cambiato dal dicembre 2014? Perché le Agorà, i Coordinamenti e tutte le riunioni che hanno teso a sottrarre al Congresso Nazionale ed all’OUA la rappresentanza politica dell’avvocatura hanno visto una sua assidua partecipazione, come protagonista del processo di soppressione dell’OUA stesso? Come mai le sue idee sul ruolo dei coordinamenti e dei soggetti che in questi anni hanno agito come soggetti “politici” sono mutate in modo tanto repentino? A cosa è dovuta questa sua recente corrispondenza di amorosi sensi con il Presidente Mauro Vaglio, tale da aver portato ad un “patto” tanto stretto da far sottoscrivere la sua mozione al collega romano, quale primo firmatario? Quando ha cambiato idea? Quando è avvenuta questa conversione sulla Via di Governo Vecchio?
Tante domande, a cui l’ufficialità probabilmente non fornirà mai risposte. Per fortuna esiste NAD – Nuova Avvocatura Democratica, associazione di uomini liberi e di avvocati veri, che – documenti alla mano – testimonia come gli uomini spesso siano mobili… qual piuma al vento… ben più che le famose donne cantate dall’immortale Luciano Pavarotti.
Ciò che è certo, senza “DUBBIO”, è che dal dicembre del 2014 qualcosa nella mente di Sergio Paparo è cambiato. Il “DUBBIO” a questo punto è legittimo: perché è avvenuto tale cambiamento? Chi o cosa lo ha generato? Quali misteriose forze lo avranno “agevolato”? Sarà stata la “chiamata” o sarà apparso lui… il Signore… a generare la repentina conversione?