In questi giorni l’Organismo Unitario dell’Avvocatura sta invitando un gran numero di Consigli dell’Ordine degli Avvocati a pagare somme ingenti, che arrivano a toccare centinaia di migliaia di euro, in ragione dei mancati finanziamenti che, durante il periodo di funzionamento dell’Organismo, gli sono stati fatti mancare.
La vicenda è l’ennesima ferita alla credibilità dell’avvocatura italiana. Le istituzioni forensi, ancora una volta, dimostrano di non avere alcuno spessore, né di avere a cuore il buon nome e l’immagine della nostra categoria. Prima di liquidare OUA in modo sbrigativo e brutale infatti, l’ultima Presidente dell’Organismo, Mirella Casiello, aveva più volte avvertito gli avvocati italiani e le nostre istituzioni di una situazione scabrosa, sul piano economico e finanziario. I pagamenti legati al funzionamento dell’Organismo stentavano ad essere erogati, molti Consigli si limitavano a non pagare un centesimo, a volte senza nemmeno stanziare le somme richieste da OUA nei propri bilanci. Una gestione economica allegra, o per meglio dire, dissennata, che ha aperto enormi squarci nella contabilità di OUA, con problemi irrisolti che toccano anche la vita e le spettanze dei dipendenti dell’Organismo, sulle cui sorti lavorative, a due anni dalle promesse di Rimini, è calato il più fitto mistero.
La Presidente Casiello ha dunque dovuto assumere un ruolo ingrato e solitario: quello del liquidatore di un patrimonio che non c’era, sul piano economico. L’altro patrimonio, quello morale, legato ai ricordi e alla vita dell’Organismo, si è potuto salvare dalla dispersione solo grazie alla generosità di chi ha tentato di salvare il salvabile, mentre il Consiglio Nazionale Forense e l’Organismo Congressuale Forense, a propria imperitura e futura vergogna, non muovevano un dito per assicurare che i documenti venissero archiviati. Persino i rimborsi dovuti ai delegati OUA degli ultimi bienni sono stati ritardati, per anni, ed anche sulle loro sorti è calata la solita, oscena, inaccettabile cappa di silenzio. Un muro di omertà che sembra essere divenuto la cifra costante del modo di fare del potere in salsa avvocatesca.
Tutto ciò è semplicemente scandaloso. Il silenzio, l’omertà, l’incuria e l’incapacità delle istituzioni forensi italiane di assicurare uniformità di comportamenti tra i vari Consigli circondariali, getta una luce sinistra sulle responsabilità in primo luogo del Consiglio Nazionale Forense. Andrea Mascherin, l’attuale Presidente del Consiglio, è stato il regista, nemmeno tanto occulto, di questa operazione di smantellamento di OUA. L’Organismo è stato volontariamente affamato, delegittimato, squalificato, anche con l’indicazione di avvocati che non avevano personalità e forza sufficiente a difenderlo. I finanziamenti sono stati negati, si è fatto di tutto per mettere OUA nelle condizioni di non poter esprimere una volontà politica forte ed unitaria, che facesse ombra al ruolo egemone che il dittatore friulano voleva ritagliarsi all’interno del nostro sistema politico.
Lo scontro che è seguito a questa linea di condotta ha mortificato i tanti colleghi impegnati a difendere la credibilità dell’avvocatura italiana. I pochissimi che hanno avuto il coraggio di denunciare, di opporsi a questa barbara dimostrazione di disprezzo e di onnipotenza, ostentata dal padrone dai modi affettati, sono stati ignorati da tutti quelli che contano. Ancora una volta l’avvocatura politica italiana ha dimostrato di essere composta per lo più da uomini e donne senza qualità e moralità, con il connivente e prono silenzio delle associazioni forensi, tolti dall’elenco i soliti noti, ovvero NAD e pochi altri, additati naturalmente come facinorosi e sovversivi nemici delle istituzioni.
La situazione peraltro è gravissima, non solo perché apre la strada a possibili contenziosi tra OUA e Consigli circondariali, ma anche perché la sciatteria nel regolare i rapporti di finanziamento legati al funzionamento dell’Organismo Congressuale Forense è stata riversata, pari pari, da OUA allo statuto OCF.
Oggi i Consigli italiani si trovano di fronte a richieste di pagamento che esulano qualsiasi logica contabile e di buona amministrazione. Sono costretti, salvo voler sollevare un conflitto, a rimborsare ai delegati congressuali “le spese sostenute”, senza un tetto, senza che elementi quali il vitto, il trasporto, l’alloggio”, vengano fatti rientrare in una finestra di spesa definita ed uniforme per tutti. A questo si aggiunga un meccanismo di riscossione indiretta, da parte di OCF, che pone i Consigli locali nella sgradevole situazione di dover raccogliere denaro dagli iscritti, per poi sottrarlo alle esigenze della comunità forense del Foro, destinandolo ad un Organismo distante, che molti avvocati percepiscono come inutile, se non dannoso.
Un disastro, figlio dell’imperizia politica e della sciatteria culturale di chi doveva costruire una transizione verso un modello di rappresentanza politica che fosse in primo luogo efficiente e regolata da norme ben scritte. Nulla di tutto questo è stato garantito. Rimini 2016 è stato il trionfo della fretta e della boria. Si voleva voltare pagina, dando una dimostrazione di forza e si è scelto il modo più vile e rozzo per cancellare quanto era stato eretto in precedenza, non disdegnando di spargere una buona dose di sale sulle macerie.
Una vicenda ben poco onorevole e decorosa, per usare termini assai cari a chi ci governa, o forse sarebbe meglio dire “ci comanda”. Una storia a tinte fosche, dominata da fantasmi del passato che non ne vogliono sapere di svanire, alimentati dalle pretese giudiziarie di chi non vuole aderire al clima di omertà e di oblio imposto dal potere. Un caso ancora aperto per quel che riguarda il nostro futuro, con i problemi di finanziamento di OCF, che vanno a sommarsi a quelli politici, con un Organismo nato male, pensato e regolato peggio, creato allo scopo di distruggere ciò che lo precedeva, più che costruire un avvenire migliore per la politica forense italiana.
Una situazione grave, che ancora una volta imporrebbe, da parte degli artefici di questo abominio, una chiara e pubblica assunzione di responsabilità. Noi di NAD siamo convinti che ciò non avverrà. Nelle istituzioni forensi italiane il mantra è che tutto va bene, che l’Ordine funzioni benissimo, che questi siano gli anni dei trionfi dell’avvocatura e che i problemi, si sa, siano legati esclusivamente al traffico, alla siccità, alle doppie punte e a quei pochi facinorosi che denunciano, utilizzando internet e i social network.
Avv. Salvatore Lucignano
Segretario Nazionale NAD