Una delle tesi che Nuova Avvocatura Democratica sostiene è che il regime dell’istituzionalizzazione forense abbia barattato la natura libera e liberale della professione, svendendola alla mala politica, in cambio della gestione arbitraria del potere, di vita e di morte, che le istituzioni apicali dell’avvocatura hanno sui propri iscritti. E’ un patto scellerato, che vede il Ministero della Giustizia, soprattutto nella nefanda e vergognosa gestione di questo “Ministretto” chiamato Orlando, ma che viene da anni di pratica di tal fatta, giocare un ruolo molto chiaro: “io vi concedo il potere di lucrare sui vostri iscritti, di farvi stipendi e affari, di gestire l’avvocatura in modo clientelare e voi in cambio mi date gli avvocati, perché io li possa vessare, asservire ad una serie di oneri che li strozzino e li normalizzino”.
E’ un disegno sottile, crudele, che sta minando da anni la dote più preziosa che un avvocato dovrebbe possedere e che infatti gli avvocati italiani hanno smarrito totalmente: la libertà. Lentamente, ma inesorabilmente, gli avvocati si sono rassegnati ad essere esecutori, mestieranti, pedine e soldatini obbedienti, che svolgono la professione come impone il regime, che si conformano, che accettano compressioni della propria libertà e personalità, in ogni ambito. Dal modo di redarre gli atti al concetto di “continuità” professionale, una vera barbarie, che impone al libero professionista di lavorare SEMPRE, quando invece la professione libera presuppone la sacrosanta libertà di lavorare quando si vuole e come si vuole.
Ovviamente nessuna delle vessazioni che il Consiglio Nazionale Forense ha imposto agli avvocati, su mandato dei propri complici, i politicanti con cui fa affari, prevede simmetria. Non c’è simmetria tra le vessazioni imposte ai giovani e ai vecchi, non c’è simmetria tra le vessazioni imposte ai poveri e ai ricchi, ai baroni che insegnano nelle università e ai poveri cristi che sgobbano al Giudice di Pace, costretti a 10 udienze al giorno per raccattare pochi euro al mese. E gli avvocati? A Rimini sono stato sprezzante: “QUA, QUA, QUA”, ho detto. Ho parlato di paperi, di pavide bestiole, che seguono in fila i loro padrini, come tante piccole oche. Purtroppo ho detto la pura e semplice verità.
Prendiamo ad esempio l’assicurazione obbligatoria del professionista: una nefandezza, un aborto giuridico, che solo una categoria di subumani poteva lasciarsi imporre, magnificandone la natura salvifica. Si tratta di una vessazione assolutamente illecita, per varie ragioni, la più importante delle quali è l’asimmetria. Se infatti io, come avvocato, sono tenuto dallo Stato a garantire il mio cliente dai possibili danni che gli posso procurare, il minimo che dovrei pretendere dallo Stato è una parità di trattamento, per cui anche il mio cliente dovrebbe essere assicurato, e garantirmi che la parcella concordata venga pagata in ogni caso. Credete che i padrini seduti nella loro cupola dorata, laggiù, nelle caverne di Via Del Governo Vecchio, abbiano preteso tale simmetria? Non scherziamo, i gettoni d’oro, le indennità, i giornali cari al governo, i rinnovi nei COA che non arrivano mai, sono argomenti più che convincenti per spingere la “Mascherin & CNF S.p.A.” a vendere i propri colleghi alle compagnie assicurative, ben liete di aver trovato 240 mila clienti “forzati”.
Vi sono altri aspetti inverecondi di questo ennesimo, vomitevole ed illegittimo onere che il CNF ha concesso ai propri partner in affari, ovvero il Ministero della Giustizia e le compagnie assicurative. Uno di questi riguarda ad esempio il rapporto fiduciario alla base del mandato che il cliente conferisce all’avvocato. E’ indegno ritenere che un cliente che si affida all’avvocato debba o possa farlo prospettandosi l’idea che il professionista gli procuri un danno, per la cattiva gestione del proprio incarico. Un qualsiasi avvocato dovrebbe sentirsi indignato dal fatto che i propri rappresentanti abbiano potuto accettare questo schema. I clienti non sono “costretti” a rivolgersi a quell’avvocato. Se lo fanno è perché credono nelle sue capacità e nella sua professionalità, e lo pagano per questo. Un cliente non deve prepararsi a fare causa al legale che ha agito male e se vuole farlo… beh… che lo faccia. E’ comunque una scelta del professionista, che deve rimanere libera, quella di tutelarsi o meno con un’assicurazione, non può assolutamente essere imposta dallo Stato, e men che meno dalle istituzioni forensi, che con le assicurazioni fanno da sempre affari d’oro.
La visione dell’avvocatura come soggetto da spremere, da battere, a cui far pagare anni ed anni di abusi e privilegi, che indubbiamente la nostra categoria ha vissuto e in parte, tra gli anziani e i baroni, ancora vive, è doppiamente iniqua. Lo è da un lato perché sono i giovani, i deboli, i poveri, a pagare il conto per gli abusi e i privilegi goduti da chi li ha preceduti, e lo è perché impone una visione dell’avvocatura che invoglia i cittadini al contrasto e alla lite, piuttosto che alla correttezza nei rapporti.
Io non ci sto, noi di NAD non ci stiamo. Accetteremo di pagare l’RC obbligatoria quando ce l’avranno anche i parlamentari, anche i Consiglieri Nazionali che ci costano milioni di euro di multa dalle autorità garanti della concorrenza, solo perché sono analfabeti, che non sanno leggere e scrivere. Accetteremo di poter essere considerati “potenziali” danneggiatori di clienti quando lo saranno anche i carrozzieri, i banchieri, le commesse dei negozi. Non siamo diversi dagli altri cittadini. O tutti o nessuno. Fino a quel momento alcuni esponenti di Nuova Avvocatura Democratica decideranno se rinnovare le proprie assicurazioni obbligatorie o lasciarle scadere, facendo anche di questa battaglia, un avamposto della tutela di quella libertà dell’avvocato che le istituzioni forensi, in cambio di lauti stipendi, hanno venduto e svenduto.