Una delle canzoni più famose del novecento diceva che la risposta soffia nel vento. Purtroppo l’avvocatura italiana quelle risposte stenta a trovarle. NAD è fermamente contraria alla politica dei convegni e delle fotine scattate ai convegni. Siamo contrari alla politica delle commissioni ipertrofiche, usate per finalità elettorali, siamo fermamente convinti che l’ecumenismo, la ricerca ossessiva dell’unità, mascherata da unanimismo, siano una iattura per la professione. Tutti i colleghi che portano avanti una politica che nega lo scontro, che vorrebbe imporre nel contesto politico un clima di finto buonismo, utilizzato per silenziare il tentativo di occupazione di tutti i luoghi del potere di nomina istituzionale, fanno una politica che NAD osteggia e che contrasterà sempre.
Noi crediamo che la crisi dell’avvocatura, istituzionale, economica e morale, sia una crisi di uomini, di sistema, che vada affrontata non facendosi fotografare in centinaia di inutili convegni, ma mettendo in campo un serio sforzo di elaborazione politica, che miri a coinvolgere la politica nazionale, anche attraverso un’opera di relazione con parlamentari di riferimento, disposti ad ascoltare le istanze di parte della categoria.
Eludere questi temi, continuare ad affidarsi alla retorica, all’idea di prestigio, all’ampolloso mondo della tradizione ordinistica, non è la strada che NAD intende percorrere. Non lo è mai stata e non lo sarà mai. Nascondere la gravissima crisi della professione dietro iniziative spot, di propaganda, tese ad affermare una presunta lucentezza dell’Ordine forense, a nostro avviso acuisce il problema, piuttosto che risolverlo.
Ai colleghi continuano a mancare risposte. Il sistema ordinistico continua a raccontarci di rappresentare l’assetto istituzionale giusto per offrirle. Dai sondaggi disponibili l’avvocatura è molto scontenta di questa versione dei fatti, ma gli avvocati che votano (una piccola parte degli iscritti), sembrano dare ragione alle istituzioni, che magnificano se stesse. C’è un evidente cortocircuito tra il malcontento che la classe parrebbe esprimere nelle opinioni e gli orientamenti riflessi nel voto, che appare ancora molto legato a logiche poco responsabili, spesso clientelari, amicali e dannose per la categoria.