AVEVO PREVISTO LA MORTE DELL’AVVOCATURA DI MASSA GIA’ NEL GENNAIO DEL 2014.
Sul numero degli avvocati ho assunto posizioni impopolari più di chiunque altro, spiegando, con dovizia di particolari, tutti gli elementi che rendono impossibile la prosecuzione della vita per l’avvocatura di massa. Ogni giorno un nuovo sprovveduto avanza labili e stucchevoli balbettii, che provano a giustificare l’ingiustificabile, ma si tratta di lamenti sempre più isolati, che non trovano ormai più alcun credito, se non negli strati più distanti dalla conoscenza dei processi che riguardano la professione forense.
La retorica del “non siamo troppi” ha mirato ad impedire una moratoria ai nuovi accessi alla professione. E’ dal gennaio del 2014 che scrivo che il primo provvedimento da assumere, se si vuole ridare dignità e prospettive agli avvocati attualmente iscritti all’albo, è una moratoria ai nuovi accessi, che miri ad impedire il dumping che cannibalizza la categoria e preservi i prestatori d’opera dall’estinzione.
Sono onesto: non ho mai creduto di poter trovare un interlocutore, all’interno della nostra categoria, in grado di scalfire le mie argomentazioni, supportate da decine di studi e documenti, ed infatti non c’è un solo avvocato in Italia che opponga a questa evidenza il benché minimo argomento sensato.
Periodicamente qualche pittoresco scrittore ipotizza riconversioni istantanee, che avrebbero il salvifico potere di trasformare i 240 mila iscritti all’albo in “altro”, mantenendo intatta la loro possibilità di trarre profitto da quell’essere avvocati in “altro” modo. Sorrido, con un misto di pietà e commiserazione per tali idiozie.
Ho più volte spiegato che in economia le riconversioni non sono mai processi che trasformano l’esistente in modo istantaneo. Certo, chi non ha mai aperto un manuale di base fa fatica a comprendere certe cose, ma chi ha un minimo di cultura, queste cose le possiede con la naturalezza con cui si recita l’alfabeto a memoria. I processi di concentrazione e capitalizzazione degli studi legali porteranno ad incrementare redditi, profitti e rendite di posizione, a valorizzare i brand e a spostare valore verso il capitale, ma ciò comporterà fatalmente, senza dubbio, senza alcuna possibilità che non accada tutto ciò, una drastica diminuzione del numero di avvocati che potranno operare in questa nuova realtà.
Ho disseminato il sito internet di NAD di articoli che illustrano questi processi, vi rimando ad essi perché possiate studiare.
L’evoluzione delle professioni intellettuali va verso la drastica riduzione del numero di operatori. La crisi dell’avvocatura di massa non è dissimile dalla crisi delle professioni di massa, sconfitte da automazione, sharing, dumping indotto. La riduzione delle esternalità di sistema, che pure hanno fatto la fortuna degli avvocati italiani, anche in termini economici, prevede un assottigliamento dei margini. Meno profitto equivale a volte a più efficienza, a volte no, ma anche laddove ciò avvenga in modo inefficiente, tale processo comporta inevitabilmente una riduzione delle possibilità operative dei legali italiani.
L’unica soluzione che può accompagnare l’avvocatura verso una risoluzione non drammatica della bolla speculativa del sovrannumero è la moratoria ai nuovi accessi all’albo. Ovviamente non tento nemmeno di rispondere a chi afferma che un tale provvedimento sarebbe “anticoncorrenziale”. Ritengo che il limite di tollerabilità verso le idiozie debba essere drasticamente innalzato, per non dare voce e cittadinanza, presso il pensiero ragionevole, alla più becera ignoranza delle cose e del diritto.
L’avvocatura di massa deve riconvertirsi, ma il prezzo della ricoversione sarà una drastica riduzione degli operatori, che si muoveranno in studi più grandi, multifunzionali e multidisciplinari, altamente automatizzati e con grosse capitalizzazioni di base. Questo modello, che piaccia o meno, si imporrà in ragione di una evoluzione che non può essere fermata in alcun modo.
Chi dunque analizza la riduzione del numero degli avvocati sotto il profilo “morale”, compie un puerile e grossolano errore di valutazione. Inutile chiedersi se sia auspicabile o meno. Si tratta di un processo inevitabile. Punto e basta. E’ un processo che si può accettare o contro cui ci si può scagliare, ma esso andrà avanti. Non è in dubbio, non è questione di “se”, ma solo di quando, in relazione al suo compimento.
Lo studio del presente articolo darà diritto a due crediti formativi in materia obbligatoria.
Avv. Salvatore Lucignano