LA BASE HA FAME? MANGINO BRIOCHES

20 Gennaio, 2017 | Autore : |

La situazione dell’avvocatura di base è sempre più paradossale, drammatica e per certi versi kafkiana. L’attuale Ministro della Giustizia, il Sig. Andrea Orlando, continua a raccontare di come cali la principale fonte di reddito degli avvocati di base: il contenzioso. La deflazione è l’unico elemento con cui il Ministro misura l’efficienza della giurisdizione, dimenticando totalmente che per gli avvocati più giovani e più deboli quella rappresenta ancora l’unica possibile area di esercizio della professione forense.

Fonte: rapporto CENSIS 2016.

La figura in alto mostra lo scarto tra le menzogne e il mondo reale: per gli avvocati veri, soprattutto per l’avvocatura di massa, proletarizzata ed affidata a modelli di esercizio della professione rigidi e datati, la diminuzione del contenzioso, lodata dai due soci in affari Andrea Mascherin, Presidente del Consiglio Nazionale Forense, ed Andrea Orlando, attuale Ministro della Giustizia, equivale – né più e né meno – alla sottrazione del pane per il popolo affamato.

 

 

Questo scenario è totalmente cancellato, cassato, ignorato dalla propaganda di regime. I fattori di rigidità che impediscono una possibile riconversione delle sacche di inefficienza che hanno generato il fenomeno di un’avvocatura di massa, abnorme nei numeri ed impossibilitata a continuare a reggere il peso delle scelte politiche e istituzionali, vengono totalmente ignorati da chi ha la pancia piena. Così, mentre i giovani, le donne e i deboli, gli studi di provincia, il profondo sud, sprofondano, con redditi sempre più bassi, prospettive economiche inesistenti e vessazioni fiscali e previdenziali di ogni tipo, le risposte strutturali capaci di guidare gli avvocati al cambiamento sono totalmente assenti, o peccano di dosi di ipocrita irrealismo, non considerando lo scarto tra obiettivi possibili e situazioni reali.

 

 

AVVOCATI D’AFFARI… 

Periodicamente le classifiche sugli avvocati più ricchi e potenti mostrano alla base, proletarizzata e avvilita, un mondo irraggiungibile. Elementi che appartengono a sistemi e mondi con enormi limitazioni all’accesso vengono spacciati come possibili soluzioni alla crisi. Una gigantesca operazione di propaganda, che parla di trasformazione, ma chiede ad un mutilato di guerra di diventare Jeeg robot d’acciaio.

 

…E AVVOCATI DA FAME! 

 

Il report che il CENSIS ha rilasciato all’avvocatura nel marzo del 2016, per quanto riguarda la situazione reddituale della categoria, mostra numeri impietosi, con picchi di sperequazione generazionale e territoriale del tutto ignorati dalle politiche, miopi e in mala fede, che azzerano gli elementi peculiari di singole realtà sociali. Esse necessiterebbero di risposte tarate sulle proprie specificità, ma una tale politica è totalmente assente dall’agenda parlamentare ed ovviamente non è nemmeno ipotizzata dalla cupola forense, affaristica e padronale, che comanda gli avvocati. Eppure oltre il 58% degli avvocati del mezzogiorno d’Italia, nel 2015, ha dichiarato di aver subito difficoltà economiche dovute ad una flessione o all’interruzione dell’attività professionale.

Allo stesso tempo, le straordinarie possibilità reddituali dei rimedi alternativi al contenzioso, piuttosto che rappresentare una concreta ed attuale possibilità di riconversione collettiva, non sono altro che miraggi per chi, legato indissolubilmente a mezzi di produzione del reddito e contesti di esercizio professionale che scontano una impossibilità sostanziale di ripensamento, è di fatto equiparabile ai servi della gleba del medioevo.

Tali avvocati sono legati al contenzioso così come i contadini erano legati alla gleba, alla terra. La perdita del contenzioso rappresenta per essi la morte per inedia, perché non sanno, non possono, non riescono a diventare commercianti e borghesi. 

Per interpretare correttamente i numeri e i fenomeni non servirebbe nemmeno un raffinato economista: basterebbe avere buon senso e buona fede. Coloro che dicono che il reddito si concentra altrove e propongono tali scenari, rappresentandoli come attuabili e raggiungibili dall’avvocatura di massa, semplicemente… mentono.

Le condizioni strutturali per una produzione di reddito slegata dal contenzioso sono a disposizione solo di un numero limitato di avvocati, anche perché l’esercizio della professione forense con modalità diverse dall’esercizio del contenzioso non è compatibile con i numeri dell’avvocatura di massa italiana. 

Se dunque la riconversione rappresenta una delle poche risposte individuali possibili, una delle exit strategy a cui tutti noi, avvocati normali, stiamo ormai pensando da tempo, è innegabile che le ciambelle di salvataggio non basteranno per tutti i passeggeri del Titanic e molti, inesorabilmente, moriranno annegati.

 

 

RIGIDITA’ DI MERCATO ED ASIMMETRIE CONCORRENZIALI  

E’ doloroso ed è ormai persino penoso dover ribadire ai colleghi ciò che solo il regime, con dolo, finge di ignorare. I grandi miti dell’Eldorado forense sono stati sostituiti da quello della “degiurisdizionalizzazione”. Si tratta però solo di un altro mito, come sostiene chi ha parlato, correttamente di “insostenibile leggerezza” di questo fenomeno.

 

Lo scarto tra flessibilità teorica e fattori di produzione reddituale empirici viene denunciato ogni giorno (senza che nessuno ai piani alti li ascolti), dagli avvocati di base. Giovani avvocati privi di strutture e possibilità di marketing, legati al contenzioso, che trovano clienti grazie al passaparola, non possono riconvertirsi in modo redditizio all’avvocatura d’affari, non possono accedere all’internazionalizzazione, non sanno e non potranno mai riuscire ad adeguare il loro modello operativo alle necessità di un sistema che dichiara di volerli “cambiare”, ma in realtà ha l’unico scopo di spremerli, per poi espellerli dal mercato.

 

I GIOVANI DIMENTICATI 

Qualche tempo fa sono stato promotore di un’iniziativa che rimane ancora un unicum all’interno dell’avvocatura italiana: il sondaggio rivolto alla giovane avvocatura realizzato da Avvocatura 3.0. A distanza di mesi da quell’impresa, a cui mi dedicai anima e corpo, la lettura dei dati ottenuti dai 522 colleghi intervistati rappresenta ancora una miniera di indicazioni per chi volesse comprendere davvero le difficoltà dei giovani avvocati, che peraltro non costituiscono affatto la sola fascia di avvocati oggi in difficoltà, per quanto ne siano una larga parte.

Fonte: questionario per la giovane avvocatura. 2015. Avvocatura 3.0 

 

I giovani avvocati vivono una impossibilità di redditività legata a fattori che esulano dalle proprie possibilità di riconversione. L’immediata percezione dell’impossibilità di trarre reddito dalle sole risorse a cui hanno accesso (il contenzioso svolto nelle città in cui operano, procacciato dal passaparola o dai rapporti personali con i clienti), si esprime nel rifiuto degli oneri fiscali e contributivi a cui sono sottoposti. I costi di accesso alla giustizia, che scoraggiano la fascia più debole della popolazione dal far valere i propri diritti, tolgono all’avvocatura di base la gran parte dei clienti possibili, perché nessuno può pensare che i professionisti deboli siano richiesti dalle strutture economiche e societarie forti.

E’ un circolo vizioso, un massacro, una carneficina. 

Il governo deflaziona e rende inaccessibile la giustizia, le istituzioni forensi continuano il massacro concordando con i propri soci in affari oneri e vessazioni, assicurazioni, balzelli, contributi previdenziali insostenibili, continue necessità di adeguamento delle cognizioni a sistematiche opere di revisione del corpus normativo, che destabilizzano il professionista in difficoltà, rendendolo sempre più incerto, debole ed esposto ai processi di espulsione dall’attività professionale.

 

MANCA LA VOLONTA’

Per aiutare l’avvocatura sofferente occorre offrire subito sostegno a chi c’è ed allo stesso tempo fermare l’accesso criminale alla professione, che continua ad ingrossare le fila di una categoria massificata, che non può reggere alle necessità numeriche delle nuove forme di esercizio della professione. Purtroppo il regime dell’istituzionalizzazione forense non è ancora sazio di giovani vite da immolare all’altare del libero accesso all’avvocatura. Servono ancora miliardi da versare nella cassaforte della Cassa Forense, per arricchire il CdA dell’Ente, per fargli fare affari con “il sistema paese”, per pagare le pensioni ai vecchi baroni che garantiscono elettori ai padrini del regime.

 

Gli avvocati aumentano, gli avvocati muoiono, alcuni avvocati, quelli che mangiano sull’aumento del numero di avvocati, esultano. 

 

P. S. Maria Antonietta non lo disse davvero, ma fu ghigliottinata sul serio. 

 

 

 

 

 

 

 

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