Iniziamo un giro d’orizzonte su quanto è accaduto al Congresso Forense di Rimini, tenutosi dal 6 all’8 ottobre di quest’anno, e che ha visto nascere un nuovo assetto istituzionale della rappresentanza politica dell’Avvocatura italiana, in una fase drammatica per la vita professionale di moltissimi Avvocati in Italia, e soprattutto nel Centro Sud. Una fase che potrebbe preludere alla messa in crisi della figura dell’Avvocato, per come è esistita nella società e nel diritto italiano, lungo tutta l’Era Moderna.
Secondo la maggioranza espressasi nel voto dei delegati di Rimini, molto collegata con quella degli Ordini Forensi, il progetto approvato risponde all’esigenza di avere una sola rappresentanza, sia istituzionale, che politica, dell’Avvocatura italiana nei rapporti con Parlamento e Governo, coinvolgendo in essa quella Cassa Forense, i cui costi esorbitanti sono invece il problema principale per la sopravvivenza in attività di migliaia di Avvocati italiani.
Secondo i vincitori del Congresso l’assetto uscito fuori da esso è coerente con la legge professionale, fatto approvare in articulo mortis della precedente legislatura, alla fine del 2012, ad impulso di alcune componenti politiche ed economiche, che sostenevano il Governo Monti.
Secondo un’analisi strutturale della situazione, parrebbe che gli esiti congressuali non siano rappresentativi delle effettive condizioni, e degli interessi della maggioranza degli Avvocati.
Al vecchio organismo unitario dell’avvocatura, O.u.a., subentra l’organismo congressale forense, O.c.f., che dovrà essere formato, con le elezioni su base dei distretti di corte d’appello, e sarà finanziato dal consiglio nazionale forense, fin qui organo istituzionale di vertice dell’avvocatura italiana; che ha sede presso il ministero di giustizia, non è eletto direttamente da tutti gli avvocati italiani ed ha funzioni di supremo organo della discplina forense, di cui fissa anche criteri deontologici; esprime pareri sui progetti e disegni di legge riguardanti gli avvocati, oltre ad essere anche l’organo che guida la formazione degli avvocati; ma risulta il promotore di tale nuovo assetto, partendo dall’operato del suo presidente, Mascherin, all’interno della cosidetta Agorà, dove è stato di fatto cucinato il nuovo assetto della rappresentanza dell’avvocatura.
Ci rivolgiamo, per un giro di orizzonti, a due delle realtà associative dell’Avvocatura, che hanno condotto una battaglia di minoranza nel Congresso, Nuova Avvocatura Democratica, che da ora chiameremo N.A.D., e Mobilitazione Generale dell’Avvocatura, che da ora chiameremo M.G.A., la quale a partecipato anche allo sciopero sociale di ieri, 21 ottobre, fermo restando che potremo poi continuare le interlocuzioni con altri soggetti, istituzionali ed associativi, della stessa Avvocatura.
Partiamo dal Collega Giuseppe Fera, di N.A.D.:
1. Cosa è successo al congresso di Rimini?
La fase finale dell’attuazione di un progetto direttoriale attraverso il quale una minoranza all’interno dell’Avvocatura Italiana, meglio organizzata e finanziariamente dotata, si è appropriata della rappresentanza in danno della maggioranza assoluta degli Avvocati Italiani. Secondo detto progetto, il resto dell’Avvocatura Italiana va sic et simpliciter estromesso dal sistema.
3 La decisione di formare Ocf è passata per vere e proprie forzature procedurali o semplicemente in base alla forza di attrazione dei presidenti dei principali ordini italiani riuniti nell’agorà?
Il disinteresse miope della maggioranza degli Avvocati per il problema della rappresentanza; la creazione di un ceto di Avvocati, contiguo e subalterno a chi oggi occupa i vertici delle istituzioni, sul quale si è potuto fare leva in sede congressuale; la conduzione dei lavori congressuali in uno stato di grave limitazione degli spazi, anche fisici, di dibattito, ha consentito il compimento del disegno in atto.
3 Quale è stata, se vi è stata, la resistenza del vecchio vertice di Oua alla nascita di Ocf? in Ocf saranno cooptati i vertici di Oua?
Condivido la visione di coloro che ritenevano un’importante possibilità, per sventare il disegno compiutosi a Rimini, sarebbe stata data da una conduzione d’alto profilo politico da parte dell’uscente gruppo dirigente Oua nell’ultimo biennio. Ciò, purtroppo, non si è verificato. Anzi. Sulla cooptazione dei precedenti vertici, lo scopriremo all’esito dell’imminente tornata elettorale. Detto frangente potrebbe essere l’occasione per fare appello ad un “gentlemen’s agreement”, promosso proprio dal gruppo dirigente uscente Oua, all’esito del quale si pattuisca di non candidare alcun consigliere dell’ordine in carica. Sarebbe un primo sondaggio fattivo sulle intenzioni di chi ha costruito “la macchina Ocf”, in termini di volontà d’ampliamento degli spazi di agibilità democratica e rappresentativa.
4 La posizione dl Cnf, che di fatto ha chiuso l’esperienza di Oua, è stata calata dall’alto, anche in virtù della nuova legge professionale, oppure decisivi sono stati i sostegni degli Ordini?
Gli Ordini sono gli attori principali di detto progetto.
5 La posizione di grandi Ordini è stata tutta appiattita su Agorà e Cnf oppure vi sono stati differenti atteggiamenti?
Non si sono percepite differenziazioni tangibili.
6 In particolare vi è stata una vivacità delle delegazioni campana e pugliese o gli Ordini di Napoli e Bari sono stati agenti del nuovo asset.
La delegazione napoletana è estremamente eterogenea. Una parte della stessa ha tentato di ostacolare il compiersi del progetto, così come una parte della pattuglia barese con i colleghi di “Avvocati Ora”. Realtà come la nostra, Nuova Avvocatura Democratica, hanno tentato altresì di diffondere le ragioni del no alla bozza Agorà, pur in un contesto di drastica limitazione degli spazi effettivi di agibilità democratica.
7 Per l’avvocatura non forte economicamente vi sono margini per entrare in Ocf, o la cosa è matematicamente impossibile?
Ocf è funzionale ad annientare l’Avvocatura non riconducibile a chi occupa i vertici istituzionali della stessa.
8 Cosa vuol dire il fatto che la Cassa Forense è direttamente in O.C.F?
Che anche Cassa è uno strumento utilizzato per attuare il fine di estromettere l’Avvocatura “non allineata” dal sistema.
9 Perchè gli avvocati non garantiti devono oggi mobilitarsi e rompere la passiva accettazione delle dinamiche ordinistiche?
Per ristabilire, anzitutto, le corrette proporzioni in termini di rappresentanza democratica. Infine perché, se vogliono ancora esercitare questa professione, devono porsi il problema di rimettersi al centro della scena della rappresentanza, pena l’annientamento. Non ci sono alternative.
10 Quali prospettive per una diversa organizzazione politica dell’Avvocatura secondo te e la tua associazione? Quali passi farete nell’immediato?
Indispensabile continuare a sensibilizzare e mobilitare i colleghi, su base nazionale, sulle tematiche della rappresentanza. Non possiamo più permetterci una rappresentanza distonica, addirittura in termini antinomici, rispetto alle esigenze della maggioranza assoluta dei componenti la classe forense. Come NAD, riteniamo che l’organismo di rappresentanza debba essere il “Parlamento dell’Avvocatura”, all’interno del quale trovino spazio tutte le anime associative, in proporzione al rispettivo peso numerico, e non una “dépendance” del Cnf, come risulta all’esito dei deliberati riminesi. Fondamentale è oggi attuare un coordinamento, che sia il più ampio possibile, di tutte le associazioni che ritengono indispensabile ripristinare un corretto processo di rappresentanza democratica nelle istituzioni forensi. Chi pensa di fare da solo, pone in essere un’azione funzionale al compimento del disegno autoritario ed antidemocratico compiutosi a Rimini.
E, con queste parole chiare e precise di Giuseppe Fera chiudiamo la prima intervista su questi temi, non senza pensare al fatto che, anche nell’Avvocatura, sempre in risposta ad una crisi diffusa di carattere economico, si provi a rispondere, elidendo ed eludendo spazi di democrazia, che vengono progressivamente riappropriati da interessate oligarchie.
Forse de Nobis, Italia ed Unione Europea di oggi, Fabula narrat…
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