Guardatevi dai falsi profeti, i quali vengono a voi in vesti da pecore, ma dentro son lupi rapaci.
Cosa vuol dire essere avvocato oggi in Italia? Noi di NAD ce lo siamo chiesti molte volte e certo una definizione che stia bene a tutti i nostri iscritti non potrebbe essere data dal segretario nazionale pro tempore dell’associazione. Come in ogni comunità politica, anche in NAD non esiste una sola NAD, non c’è un solo modo di intendere e di vivere l’appartenenza all’associazione e all’avvocatura, non si può ridurre tutti ad un sentire monolitico. Ci sono diverse anime, formazioni ed esperienze diverse, appartenenze, sensibilità, che concorrono a formare la nostra comunità. Anche oggi siamo oltre 300 e probabilmente tutti hanno una propria idea dell’avvocatura, del rapporto tra essere e agire, dell’onorabilità collegata all’agire senza essere, e viceversa.
Essere NAD è un modo di spostare l’avvocatura in un altro luogo. Ci sono fenomeni capaci di manifestare la rottura di uno schema dominante. Spesso si tratta di prendere atto di una realtà sommersa, nascosta dall’ufficialità, dalla liturgia, da un ripetersi di tradizioni stanche. NAD è questo: far uscire allo scoperto un mondo che in troppi fingono di ignorare, quello di un’avvocatura laica, non più ingessata nei riti dell’apparire. Siamo avvocati di strada e di popolo, nonostante una passione per il diritto e per i diritti, che ci portiamo dietro come imprinting, molti di noi, la gran parte di noi, sono persone che rifiutano di recitare nel ruolo di avvocati.
Eh si, perché l’avvocatura in questi ultimi anni ha recitato un copione ormai trito, lasciando ai margini della sceneggiatura la verità, le condizioni dei propri appartenenti, i compromessi quotidiani di un mondo che opera in mezzo a mille ostacoli quotidiani, pur di continuare a fare e ad essere avvocato.
Alcuni ci dicono che questa denuncia, questo voler rappresentare altro, siano minoritari, destinati alla sconfitta, non in grado di parlare al cuore della professione. E’ una possibilità, ma nulla nasce grande, tutto ha un inizio, una crescita, uno sviluppo ed una fine. Essere fuori da questo tempo, in cui il copione continua a mettere in scena la rappresentazione di una nobiltà posticcia, non vuol dire non poter riuscire a portare una nuova trama nella nostra storia politica e professionale.
NAD sta acquisendo pian piano la maturità necessaria a far comprendere ai suoi interpreti il rapporto tra l’agire e le testimonianze di questi anni ed il lascito del nostro esempio. In un mondo dominato dalla ricerca del risultato tangibile, del successo riconosciuto dallo status, dall’etichetta di buono e bello, attribuita solo al vincente, NAD parla di lotta, di appartenenza, di identità e mentalità. Non si può sempre vincere, non si deve sempre vincere per essere nel giusto. A volte, molte volte, nella vita occorre perdere, per dimostrare di fare la cosa giusta, di aver scelto la parte giusta, per aver saputo dire no, o sì, a fatti, cose, persone, che hanno tentato di trascinarci dal lato della convenienza, senza fare i conti con la nostra coscienza. E’ vero: non è facile. Ci hanno insegnato a non guardarci dentro, a mostrare spalline e medaglie, a lasciar perdere la coltivazione di un mondo interiore. Ci hanno detto che quelli bravi, quelli svegli, sono coloro che saltano la fila, che arrivano prima, non importa come, che ce la fanno a qualsiasi costo.
NAD prova a mettere in crisi questa rappresentazione. Non ci stiamo, non siamo disponibili a farci trattare da numeri, rivendichiamo un modo di essere irriducibile alla normalità. E’ proprio la nostra anormalità ad essere uno degli elementi che ci tiene uniti. In NAD i militanti ed i dirigenti più attivi sanno di essere anormali, ci riconosciamo come anomalie, abbiamo una matura consapevolezza del nostro essere, di un sentire che esula dalla norma e spesso, fatalmente, dalle norme dettate dalla normalità. Si, perché c’è un abisso tra normalità e normalizzazione. Rispettabile, utile, fondamentale per certi versi, la prima, ma intollerabile per uno spirito libero la seconda. L’avvocatura italiana non è più normale, ma prova in modo autoritario, attraverso prepotenze ed angherie, a normalizzarci.
Certo, in molti ostentano indifferenza. Fa parte della battaglia politica e comunicativa, quindi lo comprendiamo e lo accettiamo. Noi però continuiamo a non lasciarci imprigionare nel racconto falso della realtà e ci battiamo per mostrare al paese che NAD esiste, che lo scontro con le istituzioni forensi è vero, che ci sono avvocati che si battono, denunciano, pur in condizioni difficili, in un clima di intimidazioni, minacce, pressioni psicologiche di ogni tipo, esercitate su di noi e su chi si vorrebbe avvicinare a NAD. Ci siamo abituati, queste attività non ci spaventano, né ci limitano.
Il nostro essere avvocati si nutre di un disincanto che fa a pugni con il concetto di decoro costruito in questi anni da chi il decoro, quello vero, lo ha sistematicamente violentato. E’ in questo, ad esempio, che NAD esprime la sua voglia di normalità, che è ribellione alla normalizzazione. Andiamo incontro allo scontro con il sorriso, accettiamo di seminare scompiglio, usiamo i nostri corpi, le parole, i volti e l’agire che ci caratterizza, come un ariete. Certo, a volte l’ariete si spezza, il portone resiste, o forse viene schiantato, ma non può essere più usato. Altri arieti verranno, fatti dello stesso bisogno di libertà, altre braccia li useranno e prima o poi riusciranno ad entrare. Questo è essere NAD: uscire da se stessi, mettersi di fianco, osservarsi, mentre ci si fa lotta e sacrificio, per la profonda convinzione che vive dietro ad un’idea di cambiamento radicale dell’avvocatura italiana.
Usiamo la provocazione, il dileggio, il paradosso, per uscire dal flipper, per mettere finalmente al centro del dibattito politico e culturale che riguarda il settore giustizia non più l’attuale tentativo di nascondere lo scempio, ma la voglia di affrontarlo, combatterlo e risolverlo. Si, è vero, siamo fuori tempo, ma la chiave che consente di costruire una propria individualità, slegata dalle mode dei tempi, è proprio la capacità di appoggiarsi a idee e valori personali, non imposti dall’abitudine. Qualcuno ha scritto che lentamente muore chi è schiavo dell’abitudine. NAD in questi mesi di lotta ha sovvertito ogni abitudine radicata tra gli avvocati italiani. Abbiamo rivalutato i volantini, le strade, i sit in e il picchettaggio, abbiamo rifiutato di metterci in tiro, di mostrarci migliori, di nascondere difetti, contraddizioni, vizi. NAD si è nutrita di scontri, anche intestini, di battute d’arresto, di difficoltà. Siamo andati avanti masticando precarietà, senza certezze di sorta, senza che mai nessuno ci facesse scontri, spesso soli, contro tutto e tutti.
Già, contro tutto e tutti. Perché essere fuori dalla normalità vuol dire anche questo. Perché mettere un punto e andare avanti, andare oltre, guardare ad un luogo che esiste solo nella mente, vuol dire spesso il ritrovarsi straniero tra la propria gente. Abbiamo percorso lunghe strade di solitudine, rinunciando alla compagnia di chi ci voleva ricondurre alla ragione. Abbiamo additato le crepe di un sistema istituzionale corrotto, che ancora in molti non tollerano venga messo sul banco degli imputati. Sfidiamo ogni giorno l’ostilità di chi ci accusa di fare troppo rumore, di rompere gli equilibri che consentono ai molti di sopravvivere, di aborrire il galleggiamento, rischiando di mettere in piedi una città in cui davvero non ci sia scampo per i mediocri, gli intrallazzieri, i prestigiatori.
Sono reati gravi in un mondo normalizzato, almeno tanto quanto sono ideali belli, per chi aspira alla normalità. In realtà non è vero, non è vero che una città in cui tutto vada per il verso giusto rappresenti la normalità. Anche questa è una finzione di comodo, banale. Il male è normalissimo, mentre il bene è fatica e conquista. Il caos, il disordine, l’irrazionale, l’incontrollabile, sono la norma, mentre l’ordine perfetto, che accoppia giustizia e realtà, è quasi sempre un’aspirazione. Ci dicono anche questo: di vivere nel mondo dei sogni, di non stare nelle cose, di non accettarle per come sono. E’ strano: tutti i grandi uomini vengono ricordati per aver osato tentare di costruire quella città, per aver cambiato la realtà, rendendola un pò più vicina ad aspirazioni nobili. Il concetto di decoro forense pare abbia litigato a morte con la moralità. Invitiamo in Italia avvocati turchi, a parlare di democrazia, e quelli che li invitano non ci fanno parlare. Invitiamo avvocati tunisini, pakistani, a parlare di libertà, ma se siamo noi ad invocarla, facendo appello a leggi e principi che dovrebbero essere patrimonio comune e consolidato delle nostre genti, ci accusano di empietà.
Veniamo zittiti se invochiamo giustizia ed equità. Ci scherniscono se proviamo a dire qualcosa di diverso da ciò che si vorrebbe fosse ripetuto da tutti. Diamo fastidio se ci permettiamo di mettere in dubbio l’indubitabile. Come potremmo non considerarci un’anomalia? Lo siamo, non c’è alcun dubbio.
Eppure se lottiamo è perché siamo avvocati. Se ci battiamo è perché siamo così, se siamo tanto pazzi da rischiare tutto, è perché sentiamo che sia l’unico modo di stare nel giusto. Fuori dal tempo e dalle convenzioni, sempre in gioco, ma mai in vendita, NAD continua ad essere un’anomalia. Unitevi a noi: non abbiamo alternative.
Avv. Salvatore Lucignano