– Non c’è che fare, non c’è che fare, – borbottavano i poveretti rassegnati. – La brocca non ci vince contro il sasso, e col Reverendo non si può litigare, ché lui sa la legge! –
– Se la sapeva! Quand’erano davanti al giudice, coll’avvocato, egli chiudeva la bocca a tutti col dire: – La legge è così e così –. Ed era sempre come giovava a lui (G. Verga – Il reverendo)
E’ difficile condensare in poche righe il senso dell’iniziativa che illustriamo ai nostri iscritti, ai simpatizzanti ed ai cittadini. Le parole che aprono questo comunicato non appaiano dunque un tentativo di sottrarsi a questo ingrato compito, semmai un richiamo a ciò che, in modo magistrale, in passato ha già espresso il senso della vicenda che oggi muove Nuova Avvocatura Democratica.
Digiunare, rinunciare al cibo, è una forma di reazione su cui ci siamo interrogati a lungo. Non volevamo apparire violenti, ricattando le istituzioni forensi italiane, a cui in primo luogo ci rivolgiamo. Non volevamo prendere alla leggera le privazioni e i rischi a cui andremo incontro.
Perché dunque una tale manifestazione, così estrema? Per varie ragioni. Gli avvocati italiani, soprattutto i giovani e le donne, soffrono da tempo una situazione di impoverimento che ci tocca tutti, qualsiasi sia la nostra condizione personale. A fronte di questo gravissimo stato di cose, le istituzioni forensi italiane, segnatamente il Consiglio Nazionale Forense e la Cassa di Previdenza Forense, in questi mesi rivaleggiano nel concedersi indennità e gettoni di presenza, del tutto arbitrari, che mortificano ed offendono il nostro senso di giustizia. In primo luogo dunque digiuniamo per rigettare tutto questo.
Digiuniamo però anche per manifestare l’insostenibile distanza che il potere, nel nostro caso le istituzioni forensi italiane, frappone tra le proprie scelte arbitrarie e le rimostranze di chi subisce tali abusi. Prima di giungere al digiuno infatti, abbiamo più volte chiesto che indennità e prebende dei nostri vertici istituzionali venissero messe da parte, rimettendo la decisione sul rendere o meno professionali gli incarichi onorifici assunti dagli avvocati italiani ad una discussione ampia e democratica. Abbiamo prodotto innumerevoli istanze in tal senso, ma è stato tutto vano. Purtroppo i nostri reiterati inviti alla ragionevolezza sono stati liquidati dalle istituzioni forensi italiane come fastidiose molestie, nonostante il nostro sdegno sia condiviso da gran parte dei colleghi che si esprimono su questo tema.
A questo punto non ci sono rimaste che le azioni giudiziarie per ottenere giustizia, ma proprio questo ci porta al terzo ed ultimo motivo del nostro digiuno: il rapporto tra azioni giudiziarie e giustizia. Contro gli abusi che denunciamo abbiamo infatti già intentato innumerevoli azioni, reclami, ricorsi, esposti, ma tutto appare inutile. Tutto viene riversato nel “flipper”, quell’oggetto che Nuova Avvocatura Democratica ha ormai identificato come il meccanismo delle regole, ideate dai reverendi, che non consentono mai ai cittadini di avere ragione, anche se il potere le chiama “giustizia”.
Queste sono dunque le ragioni che ci hanno costretti al nostro gesto estremo.
Digiunando per la giustizia noi vogliamo mostrare a tutti gli italiani, non solo agli avvocati, che nessun uomo può obbedire in coscienza a regole che mascherino i torti, travestendoli da ragione. Inoltre, non possiamo più restare indifferenti di fronte ai soprusi che subiamo, a maggior ragione perché provengono da quelle istituzioni che dovrebbero autorevolmente spendersi per tutti e non servire l’avidità e l’autoritarismo di pochi.
Per queste ragioni, per sensibilizzare l’avvocatura e la cittadinanza italiana sugli inaccettabili privilegi che il potere continua a concedersi e a legittimare, nonostante le gravi difficoltà di chi è fuori dal “sistema”, a partire dal 27 gennaio 2016 noi digiuneremo. In questo modo saremo vicini a chi non ha nulla, o a chi rischia anche di perdere il poco che possiede. Saremo vicini a chi non trova mai effettiva giustizia quando la chiede, rivolgendosi ad una giustizia ingiusta. Non ci limiteremo a digiunare: parleremo agli avvocati e ai cittadini. Saremo presenti all’esterno dei tribunali, luogo simbolo della giustizia, per invocare proprio questo: giustizia, dignità, ragionevolezza e onore.
Già, l’onore: quel valore tanto fondamentale per un avvocato, che troppi avvocati hanno smarrito da tempo.