A Rimini tutti coloro che hanno realizzato e magnificato l’operazione “Organismo Congressuale Forense”, hanno mentito. Avevano detto che il Congresso Nazionale sarebbe divenuto protagonista, diversamente dalla situazione precedente, ma NAD denunciò le menzogne che vennero dette sul palco dai Presidenti dei COA che volevano abolire l’incompatibilità tra incarichi di gestione pubblicistica e localistica e politica nazionale.
Oggi l’ OCF è morto, seppellito non solo dalla guerra di potere con il Consiglio Nazionale Forense, ma anche dalle lotte intestine all’Organismo stesso. I Consigli di Napoli e Roma, o meglio, i loro Presidenti, assumono iniziative autonome dall’Organismo, rapportandosi ad esso come ad un soggetto “altro”. Tutto ciò sarebbe ridicolo, se non fosse tragico.
Rimini è stata spacciata dagli Ordini come la creazione della vera rappresentanza politica unitaria, ma in realtà è stata un incubo. Mozioni cancellate, regole calpestate, conflitto di interessi costante tra giudicati e giudicanti, con i ricorsi avverso le procedure illegali e irregolari affidate a quegli stessi Consigli e Presidenti di COA accusati di barare.
Il risultato di questo scempio è un Consiglio Nazionale Forense sempre più concentrato sui propri business, un Organismo Congressuale Forense dove si minacciano dimissioni a tutto spiano (film già visti… e francamente poco credibili), una situazione finanziaria piena di illegalità, con i soldi dovuti all’Organismo Unitario dell’Avvocatura che sono scomparsi, montagne di debiti dei COA di mezza Italia non onorati, un Congresso esautorato di ogni funzione ed una situazione rappresentativa che è addirittura peggiore di quella legata all’OUA (e ce ne voleva).
I deliberati congressuali, persino quelli che consentono all’Organismo chiamato ad attuarli di finanziarsi, vengono sbeffeggiati ed irrisi dal Consiglio Nazionale Forense. Del resto, la rappresentanza politica in capo al Congresso Nazionale Forense, viene sbeffeggiata ed irrisa da tutti coloro che vogliono coltivare i propri piccoli feudi: decine di Organismi, Consigli, Associazioni, potentati, che agiscono solo su base clientelare, rapportandosi alla politica, al governo e al Parlamento italiano, in modo del tutto inefficace per l’avvocatura, ma utile alla casta politico forense per curare i propri affari e le proprie entrature.
L’articolo 39 della Legge professionale forense, che qualifica il Congresso Nazionale Forense come la “massima assise dell’avvocatura”, suona oggi quasi come una beffa. Centinaia di delegati, cooptati ed ignari, fanno comodo e vengono richiamati come esempio di democrazia decidente solo laddove abbiano premuto il pulsante indicato dai loro padroni. La realtà è ben diversa: occorrerebbe un numero di delegati/parlamentari dell’avvocatura ben minore per poter avere un Congresso davvero libero e all’altezza dei compiti che dovrebbe affrontare. Servivebbero al massimo 200, 300 delegati, per poter fare del Congresso un luogo di rappresentanza snello ed efficace, che possa dare mandato ad un governo di categoria che si occupi di guidare l’avvocatura.
Non è questo però quello che vogliono gli attuali padroni della nostra categoria. Si vuole un’avvocatura divisa e debole, perché così i singoli satrapi che comandano le bande che la popolano sono visibili e in grado di fare i propri comodi. Intanto, mentre i giovani muoiono di inedia e di sconforto, mentre si perde ogni legame tra rappresentanti e rappresentati e dilaga il pessimismo sulla stessa possibilità che l’avvocatura in Italia resti in vita, la propaganda del regime continua ad alimentare i propri affari.
Convegni, eventi, lustrini, iniziative che servono a conferire agli iniziati le patenti di avvocati “nobili”, e poi corsi di formazione, corsi di aggiornamento, scuole forensi, sponsor, giornali, radio, crediti formativi venduti e comprati, indennità faraoniche per i furbi, che si contrappongono ai rimborsi spese non ancora percepiti dai delegati agli organismi sgraditi, che ovviamente devono passare per fessi.
Un colossale giro di denaro, una mafia ben congegnata, che utilizza i procedimenti disciplinari come “Cosa Nostra”, ignora il malessere e il disinteresse di decine di migliaia di iscritti all’Ordine, ignora che su un albo composto da quasi 250 milaa professionisti, quel Congresso che dovrebbe rappresentarli tutti è e stato eletto da appena 30 mila avvocati: un’inezia.
E’ così: l’avvocatura non esiste, ma non perché esistano le avvocature. In realtà le bande che si contendono il denaro estorto agli avvocati dall’Ordine Forense non possono essere definite “avvocature”. L’avvocatura non esiste perché mancano concetti e valori condivisi su cui fondarla.
NAD questi valori li indica ogni giorno: trasparenza, solidarietà che ripugni l’assistenzialismo e le clientele, libertà nello svolgimento della professione, inclusione, democrazia, assenza delle discriminazioni, competenza, dedizione, impegno scevro dalla ricerca di utilità personali, mediate o dirette.
E’ per questo che NAD viene osteggiata e combattuta da molti: perché molti sanno che NAD è l’unica alternativa possibile a questo scempio. Unitevi a noi. Non abbiamo alternative.
IL SEGRETARIO NAZIONALE
Avv. Salvatore Lucignano