ll sistema di populismo istituzionale dell’avvocatura italiana ha vinto nel momento in cui è stato in grado di inserire la stragrande maggioranza degli avvocati in una narrazione, falsa e tossica, ma assolutamente rassicurante. L’istituzionalizzazione non trionfa perché è efficiente, perché funziona, porta risultati. L’istituzionalizzazione trionfa perché riesce a dire e a offrire agli avvocati un racconto rassicurante, falsato, creando piccoli gruppi che agiscono all’interno di una visione limitata e distorta della realtà. Il fenomeno delle cosiddette “echo chambers”, estremamente interessante per comprendere le distorsioni dei social media, ci fa riflettere sulla ragione per cui chiunque voglia cambiare l’avvocatura, a partire dalla messa in discussione della narrazione tossica della Cosa Nostra Forense, sia osteggiato dalla stessa base di sfruttati e di esclusi a cui si rivolge.
Negli anni scorsi ho spesso utilizzato l’immagine della Spigolatrice di Sapri in salsa forense per spiegare l’ostilità degli esclusi dall’istituzionalizzazione verso chi metteva in dubbio la Cosa Nostra Forense. Era una forma di analisi del fenomeno presocialica. L’avvento dei social network costruisce comunità che possono apparire illimitate, ma che in realtà finiscono con il divenire sempre più oppressive e condizionanti, ingenerando un bisogno ossessivo e compulsivo di raffronto e di integrazione all’interno dei fattoidi che dominano la concezione più in voga nel gruppo. L’istituzionalizzazione costruisce il proprio dominio sulla classe forense a partire dal percorso di immissione dello sfruttato/escluso nel circuito formativo. I valori che vengono inculcati all’aspirante avvocato, completamente travisati e traditi dalle elites istituzionalizzate al potere, si fondano sulla costante ricerca dell’imbonimento della vittima.
Fattori di acquiescenza combinata come il totem della “colleganza”, che va ad aggiungersi a quello del decoro, si combinano con la rimozione della vera storia dell’avvocatura, che viene riscritta ad uso e consumo del mantenimento del potere. E’ per questo che la mitizzazione continua dei Calamandrei, dei De Marsico, ed in generale di tutti i “vecchi” avvocati, lungi dall’essere solo una innocua manifestazione di folklore forense, è parte strutturale ed importantissima di una struttura dominante, che mira alla vessazione del gregge che foraggia la Cupola della Cosa Nostra Forense. I bei tempi in realtà non ci sono mai stati, non è affatto vero che i “vecchi” erano “persone meglie”. La verità è che l’avvocatura che ancora comanda tenta di imporre agli attuali sottoposti il mito della purezza inerte, proponendo modelli di altissimo lignaggio, instillando l’idea che il vero avvocato sia una sorta di distaccato cultore della superiorità della specie forense. Il dramma è che la Cosa Nostra ci è riuscita benissimo. La gran parte degli avvocati italiani è convintissima di rappresentare una elite. L’effetto Dunning-Kruger legato alla nostra percezione morale ed intellettuale è massimizzato dalle cerimonie formali, dalle toghe ostentate, dai richiami alle solenni tradizioni del tempo che fu.
Ovviamente si tratta solo di paccottiglia. La realtà culturale, operativa e legislativa che riguarda l’avvocatura italiana è disastrata, né si può più dire che gli avvocati italiani rappresentino una fetta di popolazione che accoglie individui mediamente superiori al resto della cittadinanza. Al contrario, la percezione diffusa tra i cittadini, che ci vede come mestieranti, intenti a complicare in modo artificioso le vicende, ad imbrogliare le carte, per trarne un profitto ingiusto, rispecchia molto spesso la prassi e la vita di moltissimi avvocati. Ciò che si tenta di nascondere è che questo modus operandi non è affatto proprio delle “giovani generazioni”. L’imbarbarimento della professione non deriva da un peggioramento degli avvocati, ma dalle contromosse che la società civile ha adottato contro noi avvocati, stanca ormai di essere rapinata, abusata, presa in giro dall’armamentario giuridico che fa da sfondo alle miserie di cui siamo protagonisti.
La echo chamber che tiene viva la piovra che regge l’avvocatura è dunque fatta di menzogne che assolvono la classe, sempre e comunque. Gli avvocati insorgono quando qualcuno, specialmente se munito del loro stesso titolo, osa proporgli una narrazione opposta a quella, rassicurante e fasulla, che li incensa e li santifica. Questo consente alla politica dominante di vincere, utilizzando uno schema di coercizione mentale tutto sommato banale, semplice.
Con i miei teoremi dell’istituzionalizzazione ho illustrato la funzione autoconservativa del “Sistema” forense, della sua bulimia, spiegando come la moltiplicazione dei piccoli ruoli da pastore serva a tenere buono il gregge, illudendolo di poter accedere alle leve del comando. Ho spiegato il concetto di acquiescenza combinata, spiegando come i colleghi che vengono cooptati dalla Cosa Nostra all’interno del sistema siano quasi sempre i più innocui, i più inclini a lasciarsi manipolare. Il capolavoro del vecchio Guido Alpa, che ha costruito il sistema istituzionale e rappresentativo della L. n. 247/2012, non poteva reggere se non si fosse provveduto ad obnubilare totalmente le menti degli elettori che si recano alle urne nelle elezioni forensi. Con le storie sul decoro, sul prestigio e sulla colleganza, la Cupola riesce a generare un clima di corporativismo automatico attorno all’edificio mafioso rappresentato dal potere ordinistico, e lo sfruttato, l’escluso, che in realtà viene ucciso ed impoverito dalla piovra, corre in difesa dei suoi aguzzini, perché essi gli sorridono, gli dicono che è un avvocato bravo e rispettabile, gli prospettano un futuro prestigioso e ricco. Naturalmente il poveraccio, nonostante sia un individuo ai margini dei processi di innovazione e di produzione del reddito connessi alle prestazioni legali, imbevuto di queste manifestazioni di cartapesta, sorride, abbassa gli occhi, sussurra un compunto “Si Presidente”, e se ne torna a casa, buono buono, senza comprendere che quello rappresenta la fine della sua libertà politica.
La “echo chamber” che immerge l’avvocatura di base nell’amore verso la propria oppressione è sostanzialmente questo: un racconto farlocco, un richiamo costante e interessato alle magnifiche tradizioni del passato, la prospettazione di un glorioso futuro all’interno delle istituzioni forensi, che illude il villico di poter modellare la Cosa Nostra Forense secondo l’interesse di chiunque. In realtà l’istituzione agisce da ulteriore lavatrice della coscienza politica dell’intruso, per cui, fatalmente, se pure un reietto, un inferiore, avesse la ventura di entrarci, è rarissimo che non ne venga cambiato, introiettando le prassi operative del regime, sviluppando una micro-logica corporativa, da piccolo branco, che lo porta ad agire per diventare la stampella del sistema, piuttosto che il suo grimaldello.
Ecco perché solo uscendo da questi schemi mentali, diffondendo una cultura politica che porti alla liberazione mentale dei subavvocati, c’è speranza di costruire una massa critica di sfruttati e di esclusi che rompa il monopolio della favola che opprime gli avvocati italiani, consentendo finalmente la liberazione dalla Cosa Nostra Forense e la nascita di un nuovo laboratorio politico e culturale, che porti finalmente alla definizione dell’avvocato 3.0, capace di affrontare il futuro della professione in contrapposizione con le macerie lasciate dal sistema ordinistico italiano.
Avv. Salvatore Lucignano