Anno dopo anno assistiamo all’incancrenirsi della crisi reddituale della categoria. La debolezza della dinamica reddituale è ormai sotto gli occhi di tutti ed è resa palpabile anche dalle difficoltà senza precedenti riscontrate nello stare al passo con la contribuzione previdenziale.
Il modello di Cassa Forense, pensato scommettendo su dinamiche reddituali di categoria virtuose, si è inevitabilmente rilevato inadeguato in un contesto di acuta e perdurante crisi.
Di fatto siamo al cospetto di un sistema che conferisce, se comparato ad altri sistemi di previdenza pubblicistica ed a condizione che l’iscritto sia in grado di sviluppare una redditualità adeguata a sostenerne l’onere contributivo, più di ciò che in media conferiscono altri sistemi in termini di rapporto contribuzione/resa.
Il focus ad oggi è pertanto non quanto, sulla carta ed in effetti, Cassa restituisce agli iscritti in termini di assistenza e previdenza ma fino a quando, date le attuali dinamiche reddituali, detto status permarrà sostenibile.
E’ evidente che la scommessa di una categoria in salute ed in espansione, formulata dal regolatore post 247, è stata platealmente persa. I numeri lo denunziano in maniera eclatante.
Se questo è vero, bisogna uscire dallo scenario dato da quella scommessa, assolutamente inadeguato, ed immaginare un modello più adatto a rispondere alle attuali sfide.
L’opzione per il contributivo, un’energica revisione del plafond destinato al “welfare attivo”, destinando un ampio margine generato per lo stesso alla decontribuzione per le fasce di reddito più basso, magari con la definizione di una misura di decontribuzione ad hoc da riservare ai redditi ed ISEE più bassi, appaiono ormai esigenze ineludibili e finalizzate ad arrestare l’emorragia di cancellazioni per “resa contributiva”, quanto meno, in subordinata rispetto all’obiettivo primario di abolizione dei minimi, attraverso un prolungamento temporale (raddoppio) delle agevolazioni sulle soglie minimali previste all’ingresso.
Nel contempo, assolutamente da salvare è la scelta ibrida di un ente dotatosi di un propulsore a capitalizzazione affiancato a quello della demografia e del reddito (con il conseguente gettito di contributi).
Non è per nulla condivisibile l’impostazione purista che ripudia aprioristicamente il mantenimento di un assetto parzialmente a capitalizzazione, che faccia di pratiche di investimento oculate ed avanzate un importante elemento di supporto della stabilità patrimoniale. Se in passato questa ala purista avesse fatto prevalere la sua impostazione, col conseguente ridimensionamento o elisione del pilastro della capitalizzazione, le problematiche attuali risulterebbero enormemente amplificate. Proprio la scelta ibridista, suscettibile di far generare surplus legati ad esercizi di particolare resa positiva degli investimenti, rende auspicabile enucleare un delta, legato al profitto generato dagli investimenti negli esercizi positivi in termini di redditività, da devolvere a misure specifiche di decontribuzione per gli ormai circa 100000 che galleggiano intorno alla soglia dei minimali. Ovviamente detta impostazione non elide e non può elidere il focus doveroso sulle dinamiche reddituali e demografiche, intorno alle quali bisognerà pensare e mettere in atto, finalmente ed a livello sistemico, una grande azione di rilancio e di riposizionamento dell’avvocatura italiana nella società. Per questo lavoro bisognerà al più presto sbarazzarsi dell’anacronistica impostazione ordinocentrica concepita a Venezia, come revanche per l’esito di Genova e partorita a Rimini.
Il 21 febbraio 2020 il CDD di Cassa Forense sarà chiamato ad un’opera di riordino dei regolamenti che porterà all’unificazione in un testo unico di tutta la precedente normativa regolamentare. Detta fase, meramente compilativa, conferirà gioco facile alla schiacciante maggioranza conservatrice nell’ottenere la declaratoria di inammissibilità dell’emendamento agli artt. 17, 24 e 67 numero 2 che il sottoscritto, unitamente ai colleghi Giuseppe Riccio e Mario Santoro ha presentato e tendente a: abolire i minimi inderogabili, rendendo la contribuzione strettamente proporzionale al reddito; inibire il programmato incremento al 15% della contribuzione per il 2021 ; dimezzare le sanzioni per il ritardato inoltro del modello 5.
Facile prevedere che chi difenderà le posizioni attuali enfatizzerà il dito della “questione tecnica” rispetto alla luna, tutta politica, di un’improrogabile esigenza di mettere seriamente al centro del dibattito di questo comitato una profonda revisione dell’impostazione attuale, al fine di tentare di includere effettivamente nel sistema coloro che non si è riusciti a tenere dentro e si rischia di perdere definitivamente. Su questo aspetto nevralgico va intensificato il lavoro in atto, mettendo in campo una visione profondamente alternativa rispetto allo status quo, avendo anche il coraggio di differenziare le tutele al fine di adeguarle alle esigenze effettive dell’iscritto. Anche e soprattutto questi sono i temi centrali della sostenibilità da affrontare senza esitazioni