I contenuti dell’azione politica non dipendono dalla partecipazione agli incontri, ma dalla capacità di elaborazione di idee. Nuova Avvocatura Democratica ha lavorato perché a Napoli, il 2 dicembre 2016, si tenesse un confronto tra associazioni radicali, che fosse il prologo alla nascita di un Organismo Unitario delle Associazioni.
In data 25 novembre abbiamo appreso che l’Unione Italiana Forense, lungi dall’adoperarsi per questo scopo, ha inteso trasformare questo possibile “big bang” in una passerella per associazioni fallite, o per soggetti anche non associati, ma pur sempre falliti, ritenendo che la nostra associazione non abbia i “requisiti” per partecipare con pari dignità rispetto ad altri a questo processo di aggregazione.
Riteniamo ininfluente la nostra mancata partecipazione. Non ci interessa rinverdire i riti stanchi tra coloro che hanno consegnato la rappresentanza dell’avvocatura al regime dell’istituzionalizzazione forense. Lavoreremo assieme ai soggetti seri, verificando che OUA possa nascere, con ben altri scopi e protagonisti.
Questo è l’intervento che avremmo tenuto in sede di confronto.
Oggi ci incontriamo per discutere del ruolo politico delle associazioni forensi italiane, alla luce dell’ultimo Congresso Nazionale Forense. Nuova Avvocatura Democratica ritiene che una riflessione su questo aspetto sia imprescindibile per poter restituire alla nostra categoria un orizzonte operativo dignitoso. L’Organismo Congressuale Forense è già sub judice, ma per il nostro futuro si tratta di un soggetto totalmente irrilevante: esso è infatti quasi interamente composto da rappresentanti del regime dell’istituzionalizzazione forense. Esso dunque non ci interessa e non deve interessarci. Noi siamo qui riuniti per fare altro, per parlare di noi, anche facendo un’ autocritica utile a costruire un soggetto ambizioso ed indispensabile: l’O.U.A. ovvero l’Organismo Unitario delle Associazioni forensi italiane.
Il Congresso di Rimini non ha rappresentato l’inizio di un nuovo corso e nemmeno la fine del vecchio. Si è trattato solo della prosecuzione di un progetto, che vede nella rappresentanza totalitaria e fascistizzata, già da molti anni, il vero e solo protagonista delle mire e degli appetiti del regime. Un regime in cui il progressivo disinteresse per i rappresentati ha fatto il paio con la coltivazione di clientele ristrette, buone solo per le urne. Un regime in cui lo spirito di servizio verso la nostra categoria è diventato ricerca di benefici ed utilità personali e l’inclusione ed il confronto tra vertici e base sono diventati da tempo inesistenti.
Al Congresso di Rimini tutto è stato illegale. I paladini del nuovo corso hanno usato le istituzioni congressuali come cosa propria o “nostra”, che dir si voglia. Esponenti di Consigli in prorogatio sine die sono arrivati a Rimini quali membri di diritto ed hanno recitato ogni ruolo in commedia: istituzione, garante, giudice, tribuno della plebe, arbitro delle regole e redattore di quelle stesse regole.
Un sistema di potere fonte ormai di costante imbarazzo per l’avvocatura italiana, ma se oggi siamo arrivati a questo punto è anche perché in questi anni, contro tale sistema, non vi è stata alcuna opposizione seria e radicale.
Dobbiamo dunque essere onesti e dirci con chiarezza che tutto ciò è potuto avvenire anche e forse soprattutto per colpa delle associazioni forensi italiane, in particolare quelle cosiddette “maggiormente rappresentative”, che – come Rimini ha ampiamente mostrato – da tempo risultano assolutamente irrilevanti e spesso sono complici, o comunque inerti, di fronte alla deriva affaristica e padronale che il regime ordinistico persegue.
Ecco perché oggi siamo qui, per invertire questa tendenza delle associazioni a porsi come servili complici dei propri liquidatori. OUA, l’Organismo che noi di Nuova Avvocatura Democratica vorremmo contribuire a far nascere, non rappresenta la rivincita degli sconfitti: esso al contrario incarna forse la nostra unica speranza di costruire la casa degli avvocati italiani liberi.
Perché ciò accada, OUA dovrà essere tutto ciò che le istituzioni forensi non sono state in questi anni: un parlamento, con un governo permanente, che elabori proprie proposte di legge in favore dell’avvocatura e le sottoponga alla politica, un luogo che unisca la libertà del confronto, senza temi proibiti, perché sgraditi ai “signori”, con la capacità di fare sintesi di diversità, garantendo, grazie all’unità delle pluralità associative, un soggetto credibile all’esterno ed all’interno della categoria.
Bastano già queste caratteristiche per comprendere che la nostra nuova OUA, quella che vorremmo realizzare e che speriamo oggi veda in questo confronto una sorta di ideale “momento costitutivo” sia diversa anche da tutto ciò che è stata la vecchia OUA, che ha totalmente fallito i suoi obiettivi. La nostra non vuole e non deve essere una operazione “nostalgia”, ma la prova che OUA poteva essere il governo politico della categoria e che quell’obiettivo va ancora perseguito, fuori da OCF e dal regime dell’istituzionalizzazione forense. La vicenda che è sotto i nostri occhi, con lo stallo e le lacune normative che regolano l’OCF ci sia da lezione: per costruire rappresentanze degli avvocati credibili c’è bisogno di regole scritte da giuristi competenti e non da improvvisati apprendisti stregoni.
Regole certe dunque, e ben scritte, ma perché questo progetto viva occorre anche che le associazioni nazionali che intendono parteciparvi facciano finalmente una scelta netta e senza ritorno: quella di combattere le degenerazioni delle istituzioni forensi, rompere ogni vincolo con il regime, rifiutare compromessi, ammiccamenti, tentativi di mediazione, ormai falliti e che in ogni caso, se saranno reiterati, daranno esiti certamente fallimentari.
Ci serve una struttura solida, democratica, in cui i parlamentari di OUA siano i delegati permanenti eletti all’ultimo congresso, in cui il popolo dei colleghi che ci seguono, si misuri in iscritti “veri” alle nostre associazioni.
Diciamoci infatti un’altra verità: molti osservatori identificano a ragione le nostre associazioni come soggetti di cartapesta, con tesserati fasulli e tessere regalate, tanto per “fare numero”. Questi aspetti dell’associazionismo forense italiano devono scomparire. Se vogliamo contare dobbiamo avere l’umiltà e la forza di contarci, perché la nostra rappresentanza non può prescindere da un’effettiva rappresentatività.
Noi di Nuova Avvocatura Democratica vi sottoponiamo già proposte concrete per superare la situazione di isolamento ed irrilevanza delle nostre associazioni, perché non vogliamo che questo Organismo sia la sterile fotocopia dei fallimenti già vissuti. A nostro avviso la nuova OUA dovrà vedere un ruolo centrale delle donne e dei giovani colleghi, per dare un concreto segnale di superamento delle pratiche patriarcali che abbiamo visto anche in occasione della composizione di OCF. OUA dovrà avere un proprio finanziamento, deciso magari come quota pro capite che ciascun iscritto alle associazioni che aderiranno dovrà devolvere all’Organismo. Sarà fondamentale avere un nostro sito internet, dipartimenti tematici, che rinsaldino l’alleanza e l’obbligo di mutuo sostegno ed amicizia tra le associazioni aderenti. Sarà inoltre importante stabilire su quali temi le sintesi dell’Organismo siano vincolanti per tutti e quali temi siano invece patrimonio autonomo di ciascuna associazione aderente.
Noi di Nuova Avvocatura Democratica pensiamo che attualmente l’emergenza democratica ed il deficit di rappresentanza siano il collante che possa unire tutti i presenti a questo incontro e pertanto proponiamo di partire proprio da qui, realizzando un progetto rappresentativo comune e coordinando le nostre battaglie contro il regime dell’istituzionalizzazione forense, sia quelle politiche che quelle giudiziarie.
Nuova Avvocatura Democratica invoca regole chiare e stringenti, vincoli che facciano dell’Organismo Unitario una opportunità di voce sintetica e consentano alle nostre associazioni di fare di questo Organismo lo spartiacque tra gli errori passati e ciò che dovremo realizzare, che dovrà basarsi su presupposti totalmente diversi da quelli con cui si è agito fino ad ora.
Se OUA deve nascere, ciò deve avvenire con la consapevolezza che noi qui riuniti oggi non siamo solo vittime, ma abbiamo enormi responsabilità nella situazione che denunciamo. Se il CNF, l’Agorà, il Coordinamento, in questi anni hanno fatto il bello ed il cattivo tempo all’interno della professione, vessando ed umiliando i giovani, spremendo i più poveri, mortificando e marginalizzando le donne, la colpa è anche nostra. Le associazioni forensi italiane hanno ignorato la propria irrilevanza politica, hanno perso le ragioni della militanza, hanno lasciato interi pezzi di paese alla rappresentanza congressuale decisa dai Consigli dell’Ordine. Questo non possiamo più permettercelo. Umiltà, autocritica, realismo, sono gli elementi che non possono mancare nella nostra azione, pena il rimanere totalmente autoreferenziali.
Se questo progetto nascerà, già da domani dovremo essere ovunque, ideando insieme forme di manifestazioni che coinvolgano i colleghi. Dovremo essere presenti all’ingresso dei tribunali con i nostri volantini e manifesti. Dovremo denunciare, sporcarci le mani, non aver paura delle ritorsioni, che ci sono state e ci saranno.
Nell’Italia di provincia, in molte zone del paese, rappresentanza politico forense fa rima solo con “il sistema”, ovvero con il regime dell’istituzionalizzazione forense. Dobbiamo essere in grado di aggregare consenso laddove spesso nemmeno esistiamo e per farlo non possiamo più essere tiepidi, moderati, impalpabili. Questo non può più essere il tempo del politicamente corretto. Agli abusi di potere si risponde con la lotta politica radicale.
Noi di Nuova Avvocatura Democratica siamo ben consapevoli che da soli non abbiamo alcuna speranza di contrastare il regime, ma siamo qui oggi per farvi capire che anche voi, e Rimini lo ha dimostrato, siete nella stessa situazione. Di “maggiormente rappresentativo”, come avete visto il 7 ottobre scorso, voi tutti avete ben poco. O ci uniamo, oggi, qui ed ora, e cominciamo a combattere per rovesciare questo stato di cose, o saremo messi in condizione di sentirci sempre più estranei alla nostra professione ed alle sue istituzioni. Io sono certo che possiamo farcela e mi auguro che oggi nasca qualcosa di cui tra molti anni potremo dirci orgogliosi. Diversamente, se resteremo un coro, disunito e dissonante, ci candideremo a parecchi anni di assoluta irrilevanza politica e questo non solo non possono permetterselo le moribonde associazioni forensi italiane, ma soprattutto, non può permetterselo l’avvocatura italiana.