Sembra che le proteste nelle carceri italiane iniziate all’alba dell’ entrata in vigore del Decreto 8 marzo 2020/11, che sospendeva i colloqui familiari con i detenuti, si siano arrestate; ora è in corso la conta dei danni alle già vetuste e precarie infrastrutture penitenziarie.
Ebbene, come sempre, tutto ciò che riguarda gli istituti di pena non può che avere un’ unica e chiara matrice: l’ormai endemica condizione di sovraffollamento in cui essi da decenni versano.
Il sistema penitenziario italiano è al collasso con oltre diecimila detenuti in più rispetto ai posti disponibili con tutte le conseguenze in ordine ai suicidi ed alla carenza di strutture sanitarie adeguate.
È ormai notorio che in numerosi istituti ci sono celle in cui i detenuti hanno a disposizione meno di tre metri quadrati di superficie calpestabile in palese violazione dell’ art. 3 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’ uomo e delle libertà fondamentali che proibisce la tortura ed i trattamenti inumani e degradanti; in alcuni istituti il water non si trova neanche in ambiente separato dalla stanza per cui anche la situazione igienico – sanitaria desta preoccupazione e se consideriamo che vi è un numero considerevole di detenuti che assume terapia psichiatrica e molti di questi sono tossicodipendenti, il quadro è tutt’altro che confortante.
Inoltre, secondo il dettato costituzionale “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato” e la riforma dell’ ordinamento penitenziario in vigore da più di quarant’anni definiva la nuova funzione del carcere che “da istituzione di mera custodia e di isolamento diviene istituzione che deve favorire la risocializzazione”.
In questo momento, l’ emergenza coronavirus ha messo in ginocchio un intero Paese e certamente il sovraffollamento nelle carceri non aiuta a risolverla, per cui urge un provvedimento che preveda pene alternative (detenzione domiciliare) per coloro che sono prossimi al fine pena.
Se il Guardasigilli non è in grado di affrontare il problema nel giro di pochi giorni, dovrebbe dimettersi avendo già espresso parere contrario per amnistia e indulto.