ALL’OUA ALL’OUA, STORIE DI DEBITI E OMERTA’

12 Aprile, 2017 | Autore : |

 

La fine ingloriosa dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura è solo l’ennesimo scandalo che gli avvocati italiani lasciano passare sotto silenzio. La vicenda è solo uno dei tanti obbrobri partoriti dal sistema ordinistico italiano. Un sistema lodato dal suo principale beneficiario, il terminale apicale della cupola, l’attuale Presidente del Consiglio Nazionale Forense Andrea Mascherin. Un sistema in realtà protagonista di sconcezze senza fine, di autentiche orge di illegalità e di immoralità.

La vicenda “OUA” è solo uno dei petali della margherita, ma rappresenta comunque l’ennesima ferita che il regime dell’istituzionalizzazione forense infligge alla storia della professione forense italiana, in un deserto di anticorpi in cui ormai, a parte Nuova Avvocatura Democratica, si fa fatica a riconoscere qualsiasi forma di opposizione al potere del sistema.

Tutto comincia all’esito del Congresso Nazionale di Venezia del 2014, con una situazione già deteriorata. OUA è considerata dal sistema ordinistico il luogo in cui inviare i soggetti più sfortunati, le mezze cartucce, coloro che non riescono a farsi strada nei potentati locali e dunque vengono messi a gestire l’inutile carrozzone che fa da contraltare alla cupola istituzionalizzata. Molte volte mi sono soffermato sugli aspetti politici che hanno portato alla dissoluzione di OUA e non è questa la sede per ripetermi, ma ciò che è ancora più grave, sul piano strettamente giuridico e patrimoniale, è la gestione dei crediti che l’Organismo vantava verso i Consigli dell’Ordine circondariali.

Stando a quanto riporta la comunicazione della Presidente Casiello, data 4 aprile 2017, i crediti di OUA verso i Consigli dell’Ordine italiani risalirebbero addirittura al 2002.

Perché questa situazione debitoria non è mai divenuta centro del dibattito politico italiano? Perché tutti hanno taciuto? Perché le morosità dei soggetti che dovevano finanziare e dunque riconoscere OUA non sono state riscosse, ma solo una volta liquidato l’Organismo, si è proceduto a pretendere il maltolto? Domande a cui purtroppo gli avvocati italiani non potranno forse avere alcuna risposta.

Ancora, la Presidente Casiello documenta di avere un quadro aggiornato al 2014 delle situazioni debitorie dei Consigli dell’Ordine italiani. Ecco la prova:

Perché l’OUA, nell’ultimo biennio, non ha agito? Perché non risultano agli atti richieste dei delegati di procedere nei confronti dei soggetti debitori? Perché nemmeno nella conferenza di medio termine di Torino, l’OUA ha scelto di ‘denunciare agli avvocati italiani che l’Organismo veniva boicottato e che i finanziamenti dovuti non venivano erogati?

Domande naturalmente prive di risposte, ma non certo di implicazioni. In questi giorni infatti, gli scandali relativi al denaro che il regime dell’istituzionalizzazione forense muove a suo piacimento, si stanno susseguendo. Le notizie sulle morosità relative al pagamento delle quote di iscrizione all’Ordine Forense si diffondono rapidamente, mostrando una situazione di malaffare mai denunciata apertamente dalle istituzioni forensi, frutto di anni di pratiche clientelari, di deroghe concesse agli amici degli amici, di pagamenti non effettuati e mai richiesti nei termini di legge.

Quale credibilità ha un simile sistema istituzionale, in cui l’illegalità è la norma, in cui solo i deboli vengono perseguiti se non pagano, in cui il dovere di lealtà verso la categoria funziona solo per i derelitti, perché i forti e i furbi la fanno sempre franca?

Cosa dice di tutto questo il Consiglio Nazionale Forense? Il decoro, quel decantato decoro, che sempre viene usato dalla Cosa Nostra istituzionalizzata contro i deboli, i giovani e le donne, perché non parla? Dove sono i tanti cantori del nuovo corso, quelli che parlano di Congresso Permanente, di OCIEFFE, di selfisti anonimi e “Dubbi” amletici?

Silenti. Nessuno parla. Un tuffo in Tunisia, a fare la democrazia, tra un aperitivo e una danza del ventre, un incontro con Vossignoria, il Ministro Orlando, “baciamo le mani” e tanta sintonia. I social network da zittire, il silenzio della ragione da censurare, gli avvocati scomodi da “espellere” dal sistema.

 

Il Re è morto: evviva il Re.

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