LA VIGENTE NORMATIVA CONDOMINIALE
Il condominio si configura come un particolare tipo di comunione che si instaura all’interno di un fabbricato, in cui coesistono contemporaneamente parti dello stabile di proprietà esclusiva (unità immobiliari) con parti dello stabile di proprietà comune, rappresentate da strutture, impianti e servizi (elencati a titolo esemplificativo dall’art. 1117 del codice civilee che si presumono comuni salvo che il contrario non risulti dal titolo) legati alle unità abitative da una relazione di accessorietà necessaria, che consentono il migliore godimento delle stesse (Cass. Civ., Sez. Un., 31/01/2006 n. 2046) e sui quali i singoli condomini hanno un diritto proporzionato al valore della loro proprietà individuale.
Questo tipo di comunione si genera in modo “forzoso” ossia automaticamente e senza che occorra un atto costitutivo del condominio, per la mera coesistenza di almeno due unità immobiliari appartenenti a soggetti diversi che condividono strutture di proprietà comune (è il caso del cd condominio minimo).
Fino al 2014, la definizione di condominio era sempre stata frutto dell’elaborazione della dottrina e della giurisprudenza, tant’è che la prima definizione normativa di tale istituto la troviamo in un normativa speciale, il Decreto Legislativo 04/07/2014 n. 102, Attuazione della direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica (contabilizzazione del calore), laddove l’art 2 lett. f) definisce il condominio come: “edificio con almeno due unità immobiliari, di proprietà in via esclusiva di soggetti che sono anche comproprietari delle parti comuni”.
In passato era opinione comune che la disciplina del suddetto istituto riguardasse solo gli edifici che si estendevano in senso verticale. Tuttavia, nel 2005, la giurisprudenza di legittimità (Cass. Civ., Sez. II, 18/04/2005 n. 8066) è intervenuta precisando che la disciplina del condominio trova applicazione anche relativamente a quelle costruzioni adiacenti che si sviluppano in senso orizzontale (come le villette a schiera) dotate di strutture, impianti e servizi indicati dall’art. 1117 c.c. che hanno una relazione di accessorietà rispetto alla proprietà individuale. La riforma del condominio ha chiarito definitivamente i dubbi circa l’applicazione della disciplina del condominio anche alle costruzioni che si sviluppano in senso orizzontale in quanto la L. 220/12 ha introdotto l’art. 1117 bis cc, il quale prevede che le norme sul condominio trovano applicazione in tutti i casi in cui più unità immobiliari o edifici o addirittura più condomìni abbiano parti comuni ai sensi dell’art. 1117 c.c.. Peraltro, il nuovo articolo 1117 bis c.c. ha previsto addirittura la possibilità per condomìni autonomi di condividere beni comuni o altri servizi, riconoscendo così a livello normativo la figura del cd supercondominio, in precedenza di elaborazione giurisprudenziale, ossia quella situazione che si viene a creare quando i singoli condomìni hanno un loro amministratore ed una loro tabella per i servizi appartenenti solo al singolo edificio mentre per i servizi comuni del supercondominio esiste una tabella ad hoc ed un amministratore ad hoc.
La giurisprudenza recente (Cass. Civ., Sez. Un., 18/04/2019 n. 10934)definisce il condominio come un ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli partecipanti, ossia come un soggetto giuridico dotato di una limitata autonomia ma sfornito di personalità distinta da quella dei singoli proprietari delle unità immobiliari, tant’è vero che il singolo condomino risponde personalmente dell’inadempimento delle obbligazioni pecuniarie condominiali o, ad esempio, può intervenire in un processo in cui è parte il condominio in persona dell’amministratore ed in cui si controverte sul diritto di proprietà o su diritti reali vantati sui beni comuni (non relativamente ad azioni inerenti la gestione delle parti comuni, come il pagamento di somme di denaro), potendo addirittura impugnare personalmente la sentenza, in caso d’inerzia del condominiom per evitare gli effetti sfavorevoli.
La materia condominiale trae le sue fonti in primis dal codice civile (articoli che vanno dal 1117 al 1139, nonché dal 1100 al 1116 che rappresentano le norme sulla comunione e che trovano applicazione quando le singole fattispecie non sono espressamente disciplinate dalle norme in materia di condominio, secondo quanto previsto dall’art. 1139 c.c.) e dalle disposizioni d’attuazione del codice civile (articoli che vanno dal 61 al 72); in via subordinata dal regolamento di condominio, che può essere di natura contrattuale o assembleare e può, in alcuni casi, derogare alla disciplina codicistica.
Dopo ben settant’anni anni dall’entrata in vigore, il codice civile e le disposizioni d’attuazione del codice civile hanno subito significative modifiche per effetto dell’entrata in vigore della legge n. 220/12 (cd legge di riforma del condominio) che, succintamente, ha riguardato i seguenti settori:
1) La destinazione d’uso (art. 1117 ter c.c.)delle parti comuni, che oggi può essere modificata per soddisfare esigenze condominiali ed è possibile solo grazie ad una maggioranza assembleare rafforzata, consistente nel voto favorevole dei 4/5 del valore dell’edificio e dei 4/5 dei partecipanti al condominio, il tutto preceduto da un avviso di convocazione dell’assemblea che deve rispettare alcuni requisiti, ossia deve essere affisso negli spazi comuni per non meno di trenta giorni consecutivi e, inoltre, deve pervenire al condomino almeno venti giorni prima della data fissata per l’assemblea – allorquando, in via generale, l’avviso di convocazione deve pervenire almeno cinque giorni prima – e deve indicare, a pena di nullità, le parti comuni oggetto della modifica e la nuova destinazione d’uso.
- Le innovazioni condominiali (art. 1120 c.c.), ossia quegli interventi che non rientrano nella manutenzione (interventi che consistono nel mantenere in efficienza e funzionalità i beni e servizi comuni, attraverso riparazioni, sostituzioni di singoli componenti o sostituzione dell’intero bene rispettandone, però, l’originaria destinazione) ma consistono nella realizzazione di nuove opere prima non esistenti nel condominio (ad esempio un ascensore, un autoclave) oppure consistono in modifiche sostanziali di beni comuni già esistenti che comportino una trasformazione radicale del bene stesso nella struttura oppure nella destinazione d’uso. Ebbene, prima della riforma, le innovazioni (consentite) venivano sempre deliberate, ai sensi dell’art. 1136 co. 5 c.c., con il voto favorevole della “maggioranza dei partecipanti al condominio” che rappresentava i 2/3 del valore dell’edificio mentre oggi vengono deliberate, in linea “ordinaria”, con la “maggioranza degli intervenuti in assemblea” che rappresenti i 2/3 del valore dell’edificio ed è prevista una maggioranza ridotta (maggioranza degli intervenuti in assemblea che rappresenti la metà del valore dell’edificio) per le innovazione “cd speciali”, ossia per quelle opere ed interventi finalizzati a migliorare la sicurezza e la salubrità dell’edificio e degli impianti, finalizzati ad eliminare le barriere architettoniche, a contenere il consumo energetico, a realizzare i parcheggi, a realizzare impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per la registrazione di qualunque flusso informativo, nonché per lo sfruttamento di fonti di energia rinnovabile. Per tali innovazioni speciali è prevista la possibilità, anche per un solo condominio, di richiedere all’amministratore la convocazione dell’assemblea, quando sia interessato all’adozione di una delle suddette delibere.
- La figura dell’amministratore(artt. da 1129 a 1131 c.c. ed artt. 64 e 71 bis disp. att. c.c.), la cui nomina è oggi obbligatoria solo quando i condomini sono più di otto, è possibile solo quando il soggetto designato abbia determinati requisiti di onorabilità (intesi come assenza di determinate condanne penali e mancato inserimento nel registro dei protesti), un diploma di scuola secondaria di secondo grado e quando si sottoponga ad un’adeguata formazione professionale, iniziale e successiva, in materia condominiale (tali due ultimi requisiti non sono necessari quando l’amministratore venga designato tra i condomini dello stabile – sul punto vedasi art. 71 bis disp att c.c.). Inoltre, è necessario che all’atto dell’accettazione dell’incarico e di ogni rinnovo l’amministratore indichi analiticamente il suo compenso per l’attività svolta, a pena di nullità dell’incarico stesso. Da ultimo, sono stati previsti tutta una serie di obblighi a carico di tale organo, indicati dagli artt. 1129, 1130 e 1131 c.c. (ad es.: – comunicazione dei dati anagrafici, professionali e del codice fiscale in sede di accettazione della nomina e di rinnovo dell’incarico; – tenuta dei registri di anagrafe condominiale – contabilità – nomina e revoca dell’amministratore – verbali di assemblea; – utilizzo del conto corrente condominiale; – convocazione dell’assemblea per l’approvazione del rendiconto entro 180 giorni dalla chiusura dell’anno finanziario, nonché convocazione dell’assemblea per la nomina del nuovo amministratore oppure per la revoca di quello esistente quando ne venga fatta richiesta; – esecuzione delle delibere dell’assemblea e dei provvedimenti dell’autorità giudiziaria ed amministrativa; – evitare confusione tra il patrimonio del condominio e quello dell’amministratore o di altri condomini; – divieto di cancellare, presso i pubblici registri immobiliari, le iscrizioni e trascrizioni a favore del condominio per un credito insoddisfatto; – curare in modo diligente l’azione di cognizione ed esecutiva per la riscossione delle somme dovute al condominio; – fornire al condomino, che ne faccia richiesta, attestazione dello stato dei pagamenti e delle liti in corso; – convocare immediatamente l’assemblea per comunicare il contenuto di un atto di citazione che esorbita dalle sue attribuzioni), al cui inadempimento consegue il diritto per ogni singolo condomino di rivolgersi all’autorità giudiziaria per ottenere la revoca dell’amministratore per gravi irregolarità (indicate, solo a titolo esemplificativo, dall’art. 1129 n. 12 c.c.).
- La trasparenza condominiale che, già esaminata riguardo alla figura dell’amministratore (obbligo di comunicare i dati anagrafici ed obbligo di far transitare le somme di denaro sul conto corrente condominiale), ha investito soprattutto la redazione del bilancio consuntivo o rendiconto (art. 1130 bis c.c.) che, oggi, deve essere composto necessariamente da tre documenti (registro di contabilità, riepilogo finanziario e nota sintetica esplicativa) i quali devono consentire ai singoli condomini di poter verificare le voci di entrata e di uscita ed ogni altro dato inerente la situazione patrimoniale del condominio. Inoltre, è prevista: – la possibilità per l’assemblea di nominare un revisore della contabilità condominiale; – la possibilità dei condomini di prendere visione dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo e di estrarne copia a proprie spese; – la possibilità, nei condomìni con almeno dodici unità immobiliari, di nominare un consiglio di condominio composto da almeno tre condomini, con funzioni consultive e di controllo.
- L’assemblea condominiale(artt. 1136 e 1137 c.c. – 66 e 67 disp. att. c.c.), laddove è stato modificato il quorum costitutivo di prima convocazione (2/3 del valore dei partecipanti al condominio e la “maggioranza dei partecipanti al condominio”, laddove in passato era richiesta la maggioranza dei 2/3 anche dei partecipanti e non solo dei millesimi) ed è stato introdotto il quorum costitutivo per le assemblee di seconda convocazione, in passato non richiesto (1/3 del valore ed un 1/3 dei partecipanti al condominio). Inoltre, è stato previsto un diverso quorum deliberativo per le decisioni relative alla gestione ordinaria assunte nelle assemblee di seconda convocazione (maggioranza intervenuti in assemblea ed 1/3 del valore dell’edifico, quando in passato era previsto che il voto favorevole dell’assemblea rappresentasse comunque 1/3 del valore ed 1/3 dei partecipanti al condominio) e per le decisioni riguardanti le innovazioni (maggioranza degli intervenuti in assemblea e 2/3 del valore dell’edificio, quando in passato era richiesta la maggioranza dei partecipanti al condominio e 2/3 del valore). E’ stato introdotto l’obbligo della delega scritta, il divieto di conferire deleghe all’amministratore, una limitazione nel conferimento di deleghe quando nell’edificio i condomini sono più di venti (art. 67 disp. att. c.c.) ed è stata introdotta la possibilità di consentire l’impugnazione della delibera di assemblea condominiale, contraria alla legge o al regolamento di condominio, non solo all’assente ed al dissenziente ma anche all’astenuto (art. 1137 c.c.). Un’altra rilevante novità riguarda l’introduzione della mediazione obbligatoria in tutte le controversie in materia condominiale (art 71 quater disp. att. c.c.), inclusa l’impugnazione delle delibere illegittime. Proprio in tale ambito la mediazione nasconde delle insidie qualora proposta prima della notifica della citazione e nel termine decadenziale di 30 giorni dalla delibera illegittima (per i condomini dissenzienti e per quelli astenuti) ovvero nel termine di 30 giorni dalla notifica della delibera illegittima (per i condomini assenti). In riferimento a detto termine decadenziale, infatti, vi sono due orientamenti giurisprudenziali contrastanti: – il primo, che attribuisce all’istanza di mediazione proposta un’efficacia interruttiva del termine per l’impugnazione per cui, in caso di fallimento della mediazione, ai fini della successiva notifica dell’atto di citazione (che, anche alla luce della modifica dell’art. 1137 c.c., si presenta come l’atto idoneo all’impugnazione delle delibere di condominio illegittime – tuttavia, sulla validità anche del ricorso, vedasi: Cass. Civ. Sez, Un., n. 8491/11), decorrerebbe un ulteriore termine di trenta giorni dalla data di deposito del verbale negativo di mediazione (Corte Appello di Palermo n. 1245/2017 e Tribunale di Milano n. 13369/2016); – il secondo, che attribuisce all’istanza di mediazione un’efficacia sospensiva del termine per l’impugnazione per cui, in caso di fallimento della mediazione, la domanda giudiziale dovrebbe essere proposta nel termine originario residuo, decorrente dalla data di deposito del verbale negativo di mediazione (Tribunale di Palermo, 4951/2015).
6) Il pagamento delle spese condominiali (art. 63 disp. att. c.c.), inteso sotto il duplice aspetto del pagamento degli oneri condominiali e del pagamento dei debiti pecuniari nei confronti dei creditori estranei a condominio. Riguardo al primo aspetto, l’art. 63 delle disp. att. c.c. ultimo comma, come introdotto dalla riforma, prevede che chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l’avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto. Riguardo al secondo aspetto, sempre l’art. 63 co. 2 disp. att. c.c., come introdotto dalla riforma, prevede che i creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti se non dopo l’escussione degli altri condomini. Tale novità ha creato non pochi orientamenti giurisprudenziale contrastanti circa la possibilità di un creditore di poter pignorare ab inizio un conto corrente condominiale in caso di recupero di una somma di denaro portata da un titolo esecutivo (sentenza o decreto ingiuntivo). Difatti, secondo un orientamento minoritario (Tribunale di Teramo, 26/03/2019 – 18/04/2019, R.G.VG 2119/18), il creditore non può aggredire da subito il conto corrente condominiale, sul quale sono depositate le somme di denaro dei condomini virtuosi, ossia in regola con i pagamenti, dovendo sempre preliminarmente esperire azione nei confronti del condomino moroso.
Relativamente alle fonti del diritto condominiale, al codice civile ed alle disposizioni d’attuazione seguono i regolamenti condominiali, che possono essere di due tipi:
1) contrattuale: ossia il regolamento predisposto dal costruttore ed allegato ai singoli contratti di acquisto degli immobili (Cass. Civ. 17/10/1959 n. 2933) oppure il regolamento approvato dall’assemblea all’unanimità di tutti i condomini (Tribunale di Cagliari 05/09/1990) che, come per quello redatto dal costruttore, può imporre delle limitazioni al diritto di proprietà del singolo condomino (ad esempio, il divieto di destinare l’appartamento ad uno studio professionale) ma che, per essere opponibile anche ai successivi acquirenti delle unità immobiliari, che non erano tali quando il regolamento fu adottato, necessita della trascrizione dello stesso nei pubblici registri immobiliari (Cass. 26/01/1998 n. 714);
2) assembleare: ossia il regolamento approvato dall’assemblea con la maggioranza degli intervenuti che rappresenti la metà del valore dell’edificio, ossia 500 millesimi, che contiene norme che disciplinano l’utilizzo dei beni comuni, la ripartizione delle spese secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro architettonico dell’edificio e quelle relative all’amministrazione (art. 1138 c.c.). Tale tipologia di regolamento non può imporre delle limitazioni al diritto di proprietà del singolo condomino.
Le disposizioni del regolamento possono derogare alla disciplina del codice civile e delle disposizioni d’attuazione del codice civile, fatta eccezione dei seguenti articoli (norme inderogabili anche attraverso regolamenti contrattuali):
- 1118, comma 2 – diritti dei partecipanti sulle parti comuni ;
- 1119 indivisibilità delle parti comuni
- 1120 innovazioni
- 1129 nomina, revoca e obblighi dell’amministratore
- 1131 rappresentanza
- 1132 dissenso dei condomini rispetto alle liti
- 1136 costituzione dell’assemblea e validità delle deliberazioni
- 1137 impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea;
- 63, 66, 67 e 69 disp att. cc.
Inoltre, le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici.
Avv. Gerardo Marano
ASSOCIAZIONE MANDAMENTALE MARIGLIANO