Il sistema previdenziale forense si fonda sulla solidarietà intercategoriale, che impone all’avvocato, iscritto alla cassa Forense, l’obbligo di comunicare la propria situazione reddituale e l’imponibile iva mediante il noto “modello 5” e di versare i relativi emolumenti contributivi, ai sensi della legge 576/80, al fine di erogare i trattamenti pensionistici ai colleghi pensionati, così come questi hanno, a loro tempo, provveduto al versamento per il beneficio di coloro che li avevano preceduti.
L’omessa comunicazione determinava, per l’art.17 della legge 576/80, un illecito disciplinare, con l’irrogazione della sanzione della sospensione dell’esercizio della professione, giunta ad essere irrogata a tempo indeterminato , con delibera del CNF N.199/2000 e richiamata dalla delibera CNF n.168/2006.
Ma trattavasi di sanzione collegata specificamente alla omessa, infedele o ritardata comunicazione del modello 5, nel mentre l’omesso versamento dei contributi conseguenti rappresentava un illecito disciplinare per violazione di norma generale, dato che esso rientrava nei generali ed omniacomprensivi doveri professionali, e che non comportava l’applicazione della sanzione della sospensione dall’esercizio della professione.
Oggi con la legge professionale 247/12 e l’obbligo per tutti gli iscritti agli ordini forensi di essere automaticamente iscritti alla Cassa, si è determinato l’ingresso nella platea di contribuenti di Cassa forense di migliaia di soggetti il cui reddito è inferiore ai minimi precedentemente previsti e la loro conseguente sottoposizione al pagamento di importi oggettivamente non proporzionati al reddito. Vi è stato l’ingresso di migliaia di soggetti ultra quarantenni e cinquantenni , che non hanno potuto fruire delle presunte agevolazioni di riduzione contributiva anche aver superato il limite massimo per età anagrafica.
E se in precedenza il mancato pagamento dei contributi non era un illecito specifico, oggi, col vigente codice deontologico, si è data espressa tipizzazione a tale fattispecie con il testo dell’art.16 e le sanzioni statuite dall’art.20, quest’ultimo è stato modificato con delibera del Consiglio nazionale forense del 23 febbraio 2018, modifiche entrate in vigore il 12 giugno 2018.
L’art. 16 – Dovere di adempimento fiscale, previdenziale, assicurativo e contributivo
1. L’avvocato deve provvedere agli adempimenti fiscali e previdenziali previsti dalle norme in materia.
2. L’avvocato deve adempiere agli obblighi assicurativi previsti dalla legge.
3. L’avvocato deve corrispondere regolarmente e tempestivamente i contributi dovuti alle Istituzioni forensi.
L’art. 20 – Responsabilità disciplinare
1. La violazione dei doveri e delle regole di condotta di cui ai precedenti articoli e comunque le infrazioni ai doveri e alle regole di condotta imposti dalla legge o dalla deontologia costituiscono illeciti disciplinari ai sensi dell’art. 51, comma 1, della legge 31 dicembre 2012, n. 247.
2. Tali violazioni, ove riconducibili alle ipotesi tipizzate ai titoli II, III, IV, V e VI del presente codice, comportano l’applicazione delle sanzioni ivi espressamente previste; ove non riconducibili a tali ipotesi comportano l’applicazione delle sanzioni disciplinari di cui agli articoli 52 lettera c) e 53 della legge 31 dicembre 2012, n. 247, da individuarsi e da determinarsi, quanto alla loro entità, sulla base dei criteri di cui agli articoli 21 e 22 di questo codice.
Art.52 lettera c) L.247/12 “l’irrogazione di una delle seguenti sanzioni disciplinari: avvertimento, censura, sospensione dall’esercizio della professione da due mesi a cinque anni, radiazione”.
Art. 53L.247/12 Sanzioni 1. L’avvertimento può essere deliberato quando il fatto contestato non è grave e vi è motivo di ritenere che l’incolpato non commetta altre infrazioni. L’avvertimento consiste nell’informare l’incolpato che la sua condotta non è stata conforme alle norme deontologiche e di legge, con invito ad astenersi dal compiere altre infrazioni. 2. La censura consiste nel biasimo formale e si applica quando la gravità dell’infrazione, il grado di responsabilità, i precedenti dell’incolpato e il suo comportamento successivo al fatto inducono a ritenere che egli non incorrerà in un’altra infrazione. 3. La sospensione consiste nell’esclusione temporanea dall’esercizio della professione o dal praticantato e si applica per infrazioni consistenti in comportamenti e in responsabilità gravi o quando non sussistono le condizioni per irrogare la sola sanzione della censura. 4. La radiazione consiste nell’esclusione definitiva dall’albo, elenco o registro e impedisce l’iscrizione a qualsiasi altro albo, elenco o registro, fatto salvo quanto stabilito nell’articolo 62. La radiazione è inflitta per violazioni molto gravi che rendono incompatibile la permanenza dell’incolpato nell’albo.
Gli adempimenti fiscali e previdenziali sono, quindi, divenuti elementi assoggettati e parificati alla dignità, al decoro ed alla probità della professione, con conseguenze gravi al punto da potersi comminare la sanzione della sospensione dall’esercizio professionale.
Non dimenticando mai che l’esercizio della professione ci è riconosciuto per superamento di esame statale abilitante, non certo per iscrizione volontaria o forzosa alla Cassa Forense.
Da una parte la legge professionale e dall’altra il codice deontologico hanno stretto gli avvocati in una morsa mortale, che li vincolano con adempimenti ed oneri mortificanti per quella che un tempo era una professione liberale.
Mi è venuta la curiosità di cercare se altre professioni avessero un vincolo così imperativo e perentorio per l’adempimento contributivo-previdenziale.
Ebbene, i dottori commercialisti hanno un mero e generico riferimento ai doveri generali della precipua professione, quindi trattasi di un mero illecito disciplinare per violazione di norma generale – etica , non implicante tout court la perentoria applicazione di sanzioni .
Concludo chiedendo: è legittimo che un mancato pagamento di ratei previdenziali sottoponga un avvocato alla minaccia di sanzioni ? In realtà trattasi di manifesta violazione del principio della libertà dello svolgimento delle libere professioni e non si può, con una legge iniqua e contraria alla Costituzione, limitare la portata di tale principio. Tuttavia, le sentenze della Cassazione, stante “l’amore”che i giudici nutrono per la categoria, ritengono legittima anche una contrazione di diritti per la salvaguardia della solidarietà previdenziale, a tutto discapito della libertà.