La legge professionale forense lo dice chiaramente: i Consigli dell’Ordine scaduti alla data del 31 dicembre 2014 sarebbero dovuti restare in carica sino all’insediamento dei nuovi Consigli, per il “…disbrigo degli affari correnti.”
L’istituto, noto come prorogatio, risponde ad un interesse molto chiaro: assicurare l’ultrattività di un organo cessato, per evitare la vacatio, in attesa dell’insediamento di quello successivo. Nel corso degli anni, soprattutto nell’ambito del diritto costituzionale, la prorogatio ha avuto varie interpretazioni, legate alla natura dei poteri concessi all’organo in tale condizione. L’estensione delle possibilità operative di un organo in prorogatio è stata considerata a volte in modo più restrittivo, a volte con maggiore favore.
Ciò su cui tutti concordano è sull’impossibilità di definire la prorogatio come un momento di operatività ordinaria degli organi cessati. Vi è unanime consenso su una limitazione di doppia natura del potere dell’organo cessato: di tipo operativo e temporale.
Le formule che hanno fotografato gli incerti confini dell’istituto, per quanto riguarda le possibilità operative, riflettono una situazione “limite”: per gli organi in prorogatio si parla a volte di possibilità di svolgimento della “ordinaria amministrazione”, a volte si usa la formula “affari correnti”, come nel caso dei Consigli dell’Ordine scaduti. Per molti e due formule sono equivalenti: in particolare il riferimento agli affari correnti appare più legato al momento temporale, mentre l’ordinaria amministrazione rimanda alla natura degli atti, indipendentemente dal momento in cui siano maturati i presupposti che ne suggeriscono l’adozione. In ogni caso vi è un largo consenso sul fatto che l’organo cessato non possa operare con la pienezza dei propri poteri.
L’altro aspetto della prorogatio è la sua durata. Per quanto tempo tempo un organo cessato può continuare ad operare? Per rispondere a questa domanda occorre rifarsi alla natura dell’Organo. Nel 1994 una legge dello Stato, la n. 444, ha tentato di definire e limitare questa possibilità.
La legge, che ha convertito, con modificazioni, il decreto-legge n. 293 del 1994, disciplina la proroga degli organi di amministrazione e controllo, sia dello Stato che degli enti pubblici (cfr. art. 1.1). L’art. 3.1 stabilisce che alla scadenza, gli organi degli enti sottoposti alla presente legge vadano ricostituiti entro i quarantacinque giorni dalla loro scadenza.
Tali disposizioni sembrano potersi applicare ai Consigli dell’Ordine degli Avvocati. Essi infatti sono enti pubblici, di natura non economica e come tali rientrano nel novero di quelli sottoposti alla L.n. 444/1994. Tale situazione renderebbe di fatto illegittimi tutti gli atti compiuti dai Consigli dell’Ordine scaduti il 31 dicembre 2014 e non ricostituiti entro i quarantacinque giorni dalla scadenza.
Appare infatti assolutamente inconcepibile la situazione di prorogatio ad libitum che i Consigli stanno vivendo da due anni. A tal proposito, a chiarire come tale prorogatio “indefinita” contrasti con l’Ordinamento italiano, ci ha pensato la Corte Costituzionale, con la fondamentale sentenza n. 208 del 1992. Con tale sentenza la Corte ha stabilito come il principi della prorogatio sine die appaia in contrasto insanabile con la nostra Costituzione, in particolare con l’art. 97, volto a sottoporre gli organi e i pubblici uffici alla riserva di legge, in modo da garantirne imparzialità e buona amministrazione.
Scrive in particolare la Corte Costituzionale, nella sentenza richiamata:
“Un’organizzazione caratterizzata da un abituale ricorso alla prorogatio sarebbe difatti ben lontana dal modello costituzionale. Se è previsto per legge che gli organi amministrativi abbiano una certa durata e che quindi la loro competenza sia temporalmente circoscritta, un’eventuale prorogatio di fatto sine die -demandando all’arbitrio di chi debba provvedere alla sostituzione di determinarne la durata pur prevista a termine dal legislatore ordinario – violerebbe il principio della riserva di legge in materia di organizzazione amministrativa, nonchè quelli dell’imparzialità e del buon andamento.”
La situazione sembra ricalcare con precisione quella incarnata dalla grottesca vicenda inscenata dal regime dell’istituzionalizzazione forense, con la complicità del ministro della giustizia Andrea Orlando. L’avvocatura italiana vive infatti da quasi due anni un regime di prorogatio sine die di organi che non solo continuano a svolgere le proprie funzioni senza alcuna limitazione operativa, ma agiscono senza alcun vincolo temporale, violando di fatto l’art. 97 della Costituzione e l’art. 3 della L. n. 444/94.
Nuova Avvocatura Democratica si sta occupando di questa situazione e molto presto la nostra associazione discuterà di iniziative ufficiali contro tale stato di cose.