“L’unica cosa che riesco a fare” si era lamentata al telefono Isabel, “è continuare a farmi offrire churros, dal vecchio Leon o dovunque ci capiti. Dicono che l’amore fa passare l’appetito? Allora forse io non sono innamorata, perché a furia di mangiare in un mese ho preso tre chili”.
Beatriz un po’ rideva, un po’ la incoraggiava a farsi avanti. “Se non ti dichiari non saprai mai la verità, no? Cosa ne sai, magari condivide i tuoi stessi sentimenti e non trova il modo di esternarteli, proprio come te”.
In realtà Isabel non capiva, era scettica, si chiedeva perché toccasse a lei rivelarsi all’amico. In quel mese aveva più volte indagato, tentando di capire se nella vita di Miguel ci fosse qualche ragazza speciale che occupasse i suoi pensieri, ma lui gli era apparso quello di sempre, intento a seguire il suo Madrid, a passeggiare, a studiare ed a pensare all’America e comunque aveva sempre negato di frequentare qualcuna in particolare.
“Non capisco, ma non dovrebbero essere gli uomini a farsi avanti? Che faccio, gli dico guarda Miguel tu mi piaci?” diceva Isabel a Beatriz.
“Questa è una sciocchezza Isabel. Se lui ti piace devi essere tu a farti avanti, non c’è nulla di male a farlo e poi sono convinta che lui ti dirà di si, mi dici che ogni volta che gli telefoni per uscire lui non si rifiuta mai, o sbaglio?”, incalzava Beatriz.
“Si, non sbagli, ma non facciamo che camminare, due settimane fa ci ho provato a fare qualcosa di più intimo ma non ci sono riuscita”
“Ah, benissimo, gli hai messo una mano addosso?”
Isabel per un attimo non seppe se Beatriz stesse scherzando o meno, poi capì che era seria e si rattristò: “e dai, smettila, se fai così mi fai sentire ancora peggio. Credi che dovrei fare una cosa simile? Davvero?”
Dall’altro capo del telefono Beatriz scoppiò in una gran risata, coinvolgente, una delle sue. “Ma no sorellina, scusami, certo che non dovresti, non far caso a quel che dico, mi sto inacidendo a furia di essere single, sono già quattro anni che non ho un vero fidanzato, finirò in un ospizio per vecchie, senza figli né parenti”.
“Io ci sarò sempre per te, non ti lascerò mai andare in un ospizio, al massimo verrai a vivere a casa mia” le disse sollecita Isabel.
“Che tenera, ti adoro. E allora? Questa cosa compromettente che hai fatto? Di cosa si tratta? Com’è andata?”
“Eh, niente, gli ho proposto di vedere l’alba assieme, dal Cerro di Los Angeles, l’idea mi è venuta leggendo di una recente manifestazione dei baschi rossi, proprio lì, in cima alla collina. Ho pensato che sarebbe stato carino vederla con lui, gli ho detto che potevamo andare a ballare, era sabato, e poi al mattino andare fuori, con il treno veloce, e vedere insieme l’alba su Madrid”.
“Un’idea molto romantica, lui cosa ha risposto?”
“Niente”
“Come niente?”
“Niente, mi ha detto che non sapeva se gli andava di andare fuori città. Poi quel sabato è andato a ballare con il suo amico Ramon, come al solito, mi ha detto che doveva assolutamente fare da quarto e sopportare una noiosissima amica di un’amica, per dare una mano a lui con l’altra, e non se n’è fatto più nulla”.
“Capisco, va bene ma non devi desistere. Cerca altre occasioni, qualcosa bolle in pentola?”
“Si, in realtà si, dopodomani c’è Real Madrid – Atletico Bilbao”
“Oddio, ma quando mai ti sei interessata di calcio? Non capisco!”
“Lui è tifosissimo del Real, se vincono la partita il Real vince il campionato, nel caso voglio chiedergli di festeggiare insieme e poi, se trovo un’occasione, cercare di parlargli, di spiegargli quel che sento per lui”
“Mi sembra una buona idea, nel momento della festa potrebbe nascere l’occasione giusta per potergli parlare, magari alla fine, se restate soli, ti fai accompagnare, insomma, conto su di te, so che saprai trovare il modo giusto”. Beatriz spargeva sempre ottimismo, era un distributore automatico di entusiasmo. Si salutarono ed Isabel si convinse che quella potesse essere una buona opportunità per confessare qualcosa che ormai teneva dentro da tempo.
“Allora in bocca al lupo per domenica e forza blancos, mi toccherà tifare, se non festeggiano il titolo il tuo piano va a monte” Beatriz rideva a crepapelle ed Isabel si sentiva terribilmente imbarazzata, perché si rendeva conto di legare le sue parole all’incertezza di quella partita di calcio e la cosa le appariva puerile.
Miguel si risvegliò alle quattro, aveva giusto il tempo di mettersi in assetto da tifo, Ramon sarebbe arrivato da un momento all’altro.
Di lì a poco infatti il campanello annunciò l’amico. “Tranquilla mamma, vado io, deve essere il pazzo”. Era lui infatti. Si era bardato con la maglia di Cristiano Ronaldo e la sciarpa ufficiale del club, aveva una busta piena di birre e sembrava aver percorso le scale di corsa.
“Siamo pronti? Sei carico? La partita è difficile ma Cristiano è in formissima, Mou ne mette tre in attacco, andiamo lì solo per la vittoria, certo, è vero, è un campo infame, loro non perdono in casa da sei turni…”
Miguel dovette tirarlo in casa, Ramon era rimasto a blaterare a velocità supersonica praticamente sull’uscio. “Entra, dai e stai un po’ zitto, che cavolo. E poi, che dici? Ovvio che vinciamo”.
Sistemarono le birre in frigo, ne stapparono un paio, la signora Leonor, disponibile come sempre, aveva preparato piccoli bocadillos per i suoi ometti tifosi ed anche il papà di Miguel era uscito dal suo studio e si era accomodato in poltrona, per tifare insieme ai ragazzi. Era un uomo allegro, a cui piaceva stare con i giovani e quell’amico di Miguel, Ramon, gli stava simpatico, si divertiva a stuzzicarlo, con Miguel che lo guardava con disappunto e la mamma, che conosceva il carattere del ragazzo, che non riusciva a nascondersi mentre rideva per i suoi strampalati ragionamenti.
“Allora, Cristiano con davanti il pipita Higuain, come la vedi questa scelta tattica, tu, Ramon?”, disse il Sig. Pedro, per provocarlo.
“Papà…”, Miguel provò invano a frenarlo, ma il padre quando voleva sapeva essere un gran burlone.
“Ingegnere, qui la cosa è difficile. La partita è complicata, Miguel è sicuro del risultato ma io le vorrei far notare che loro in casa sono imbattuti da ben sei turni ed hanno una difesa impenetrabile, prendono in media zero virgola ottantasette goal a partita…”. La signora Leonor a quel punto scappò in cucina, perché non riusciva a trattenersi.
I tre erano comunque fiduciosi, la squadra aveva ottime possibilità e l’incontro si annunciava come un possibile successo. Le loro attese non andarono infatti deluse, il Real Madrid vinse per tre a zero, conquistando il campionato con due turni d’anticipo. Era stata una cavalcata trionfale, Cristiano Ronaldo ne aveva segnati ben due, di cui uno di sinistro al volo, da fuori area, che aveva fatto rischiare l’infarto a Ramon e che aveva provocato ai genitori di Miguel un tale attacco di risate, nel vedere il ragazzo dimenarsi come un ossesso, che l’ingegnere aveva dovuto farsi portare di corsa un bicchier d’acqua per non strozzarsi.
Miguel ovviamente tentava di frenare l’amico, ma era troppo contento sia per la squadra che per l’allenatore, che aveva compiuto l’ennesimo capolavoro della sua carriera e nell’euforia del momento, invece di uccidere Ramon, come avrebbe istintivamente voluto fare, finì con il ridere anche lui alle sue follie.
“Mamma, usciamo, andiamo a festeggiare, non mi aspettare”, aveva detto alla madre alla fine dell’incontro.
“Va bene ragazzi, divertitevi, Miguel domani devi andare all’università, cerca solo di non fare l’alba”, disse la madre, che era molto comprensiva, perché Miguel non era un asso negli studi.
“Va bene mamma, stai tranquilla, ci vediamo, ciao papà”.
“Ciao ragazzi, ah, Ramon devi modificare la tua media, oggi gliene abbiamo fatti tre, sapresti calcolarla, quanto viene se la aggiorniamo adesso?” disse il padre mentre i due ragazzi si preparavano e Miguel riusciva a strappar via lo studente in ingegneria prima che si mettesse a fare i conti, proprio lì, in salotto, cercando di aggiornare il millesimo.
Come promesso Miguel passò da casa di Isabel, per portare l’amica a festeggiare al centro della città. In strada la gioia dei tifosi era un tripudio. Puerta del Sol era un’unica, immensa massa bianca che inneggiava alla squadra. Gli slogan a favore dei campioni si sprecavano, conditi dagli sfottò verso la pulce Messi, resa quel giorno ancor più piccola dai goal dell’asso portoghese. Ramon, Isabel e Miguel si ritrovarono nella baraonda e ne furono travolti, uniti dal tifo che in queste occasioni fa abbracciare tra di loro anche perfetti sconosciuti.
“Te l’avevo detto che Cristiano è il più forte, altro che Messi”, urlava Miguel ad Isabel. E lei, che aveva visto il gran goal messo a segno dal portoghese per il due a zero, non poteva che convenire, sommersa dai rumori delle trombe. L’ubriacatura che vedeva attorno a sé lei la sentiva anche dentro, amplificata, mentre tentava di usare la gente in delirio per nascondere le sue vere aspirazioni. Più volte si era tenuta stretta a Miguel, con la scusa di sottrarsi a qualche spintone di troppo, aveva cercato l’odore del suo corpo, dimenticandosi totalmente del resto, delle urla, dell’euforia generale. Aveva comunque deciso di aspettare di restare sola con lui per dichiararsi ed aveva cercato coraggio nella birra, che in piazza era stata bevuta a profusione.
Era quasi mezzanotte quando Ramon disse che ne aveva abbastanza, che comunque il giorno dopo avrebbe dovuto studiare e salutò gli amici per tornare a casa.
Isabel aveva atteso e sperato, aveva persino pensato ad uno stratagemma per allontanarsi da Ramon e poter rimanere finalmente sola con Miguel, così quando lui andò via autonomamente lei si sentì come se il Madrid avesse segnato un altro goal. Avevano bevuto parecchio e camminato a lungo per le vie della città, senza darsi una direzione. Ramon li aveva lasciati di fronte al Prado: il grande Paseo era sommerso di bottigliette, cartoni ed immondizie di ogni genere, la folla cominciava ormai a diradarsi, per quanto le strade fossero ancora piene di tifosi. La festa della città, che ogni anno ricorda la rivolta madrilena contro l’oppressione napoleonica, era stata completamente offuscata dal trionfo del prestigioso club calcistico.
Isabel e Miguel si sedettero sugli scaloni del museo e per qualche minuto si riposarono, guardando quell’immenso viale da spettatori privilegiati. Già si vedevano le prime squadre di spazzini all’opera per ripulire la strada, poche automobili osavano sfidare la ressa ed i detriti, Madrid sembrava reduce da una battaglia. Miguel era stravolto, sul volto un sorriso felice, mentre Isabel lo guardava, cercando di trovare il momento giusto per parlargli di quello che realmente le stava a cuore.
Finalmente si fece animo: “Miguel, in queste ultime settimane abbiamo passato molto tempo insieme”
Miguel la guardò senza che nulla mutasse nel suo aspetto soddisfatto e stanco: “si, abbiamo fatto parecchie passeggiate, siamo stati spesso a lezione assieme, abbiamo trascorso molto tempo in compagnia”.
Isabel cercava di scegliere con cura le parole ma non riuscì ad andare avanti ed allora pensò che rimettersi in cammino fosse un modo per aiutarsi nella conversazione: “che ne dici se andiamo dal vecchio Leon a prendere i churros? Stasera potremmo anche provare qualche gusto nuovo, in occasione della festa, penso che lo troveremo lì, non credi?”, disse.
“Ma certo, se non lo troviamo oggi, in una giornata come questa, quando vuoi che ci stia? Andiamo” e Miguel scattò in piedi, ancora desideroso di far festa.
Si rimisero in cammino ed Isabel riprese: “sai Miguel, in questi mesi mangiare churros con te è stato quasi un rito, non sempre ne avevo voglia, ma è diventata una specie di abitudine, una cosa a cui non voglio rinunciare” disse, decisa stavolta ad andare fino in fondo.
“Uhm, si, capisco, beh è normale, è come se fosse diventata un’abitudine, ti capisco bene. Poi anche a me piacciono, insomma, è normale, ecco”, Miguel non capiva bene il senso del discorso di Isabel, frastornato dall’alcool e da quelle frasi ambigue.
Dovevano raggiungere Piazza de Colon e si tenevano a una certa distanza l’uno dall’altra, ma Isabel camminava lentamente e Miguel, diversamente dal solito, sentiva di doverle stare accanto, di non poter scappare in avanti.
“Forse non sono i churros la vera cosa di cui non voglio fare a meno, Miguel, forse sei tu quello di cui non voglio fare a meno”, disse lei, con voce malferma.
Miguel la vide avvampare, Isabel continuava a camminare e non lo guardava, ma questa era una vera e propria dichiarazione, nel bel mezzo della notte e per di più del tutto inaspettata. Miguel si sentiva in impreparato, guardò l’amica, quasi incapace di rispondere, poi di nuovo la strada, era rimasto spiazzato da quelle parole. Cercava frasi che non la ferissero ma allo stesso tempo voleva dire la verità ed era consapevole che in quel momento, purtroppo, le due cose non avrebbero potuto non essere in contraddizione.
“Isabel, tu per me sei un’amica, non mi fraintendere, mi piaci come persona, ti voglio bene, ma non sono innamorato di te. Vedi, ieri sera sono uscito con Ines, la frequento da un po’ e ieri, ecco, insomma, ieri ci siamo baciati”.
Isabel sarebbe voluta sprofondare. Per un secondo le girò tutto attorno, il viale, gli alberi, la gente, ormai pochi gruppi isolati, che caoticamente continuava a cantare cori e a far roteare sciarpe del Real Madrid.
“Perché non mi hai detto che ti stavi frequentando con lei? Ti ho chiesto varie volte ultimamente se ti vedevi con qualche ragazza che ti interessava e mi hai sempre risposto di no”, disse, cercando di mantenere un tono calmo, ma la voce roca la tradiva, l’accusa era evidente. Lui le aveva mentito.
“Beh sai, non credevo fosse qualcosa di importante, non gli avevo dato nemmeno io questo gran peso, in realtà non so nemmeno bene cosa provo per lei”, le disse Miguel, ma si sentiva in imbarazzo perché Ines era una ragazza di cui aveva sempre parlato male, proprio con Isabel ed ora il fatto di aver taciuto all’amica di quello che stava nascendo tra loro gli appariva un infantile atto di vigliaccheria.
Isabel non capiva. Continuavano a camminare mentre Miguel con poche parole le spiegava, ma lei si sentiva tremendamente arrabbiata, più ancora che gelosa, perché Miguel le aveva preferito quella ragazza che aveva sempre detto di trovare insignificante.
“Non lo so Isabel, sai, io voglio andare a lavorare all’estero, non so se posso stare con una che vive qui”, le disse lui, con fare incerto.
Mentre Miguel le parlava Isabel cercava di riprendere il controllo ma sia la rabbia che la delusione le impedivano di rispondere. Era tesa e certamente dispiaciuta, il fatto che Miguel si fosse mostrato così incoerente le appariva intollerabile ed ascoltava in silenzio, mentre continuava a camminare accanto a lui.
Miguel le appariva diverso, non più misterioso e sensibile, ma fragile, insicuro, persino la sua indubbia bellezza la lasciava in quel momento indifferente. Nell’ascoltare le sue giustificazioni esitanti Isabel provava un forte sentimento di lontananza, in lei svaniva l’attrazione che aveva creduto di provare. Si sentiva in diritto di sentirsi arrabbiata, quasi tradita dal silenzio dell’amico su quella relazione con un’altra, proprio con quella Ines da lui descritta in modo sprezzante fino a poche settimane prima. Ora guardava quel ragazzo alto, magro, moro: in lui vedeva non un amore mai nato, ma un immaturo bugiardo ed era come se il distacco fosse il miglior antidoto per soffocare la rabbia e mettere a tacere il suo orgoglio ferito.
Camminavano e parlavano, alternando il silenzio alle poche parole e così arrivarono a Piazza Colon. Il vecchio Leon era lì, il chiosco aperto, la gente che comprava dolci, tortillas e birra, nel cuore della notte. Madrid è così, a volte sembra che non esistano orari a scandire le sue abitudini, ma è come se ogni momento sia buono per fare ciò che si vuole, che sia mangiare, bere o ascoltare musica, fa lo stesso. Quella era un’occasione speciale, ma presto le notti estive sarebbero state tutte uguali, piene di gente, di profumi e di suoni, in una giostra senza sosta che faceva ammattire i residenti meno sregolati.
Miguel aveva percorso gli ultimi metri a testa bassa e quando arrivarono al chiosco si avviò velocemente verso il vecchio, per sfuggire all’imbarazzo che gli provocavano gli sguardi di Isabel.
Il signor Leon era un personaggio originario dell’Andalusia ma si era trasferito a Madrid da quasi trent’anni. Questo vecchio venditore narrava a tutti i suoi avventori la storia della sua vita, infarcendola di aneddoti di dubbia veridicità: raccontava con la stessa disinvoltura di quando aveva fatto il torero, giovanissimo, nelle corride clandestine di Siviglia e dei suoi molti amori, che a suo dire gli avevano regalato figli in varie città si Spagna, di cui lui non conosceva nemmeno i nomi. Chiunque si fermasse da Leon per comprare qualcosa veniva avvolto dalla parlantina di quell’energico signore. Per di più i suoi churros erano buonissimi, li faceva con una maestria senza pari e trovava sempre il modo di fare qualche riferimento alla preparazione o al risultato, con azzardati paragoni tra quel dolce spolverato di zucchero e la sua romanzesca vita sentimentale. Quando Miguel ed Isabel o qualcun altro dei suoi giovani clienti si recava lì per acquistare qualcosa, lui li accoglieva con modi da feudatario: “oh salve giovanotti, cosa vi posso offrire questa sera?”, ed altre frasi del genere. Miguel ne era estasiato ed anche Isabel rideva sempre alle sue battute.
“Miguel, lascia perdere, ho bevuto troppo, il cioccolato ora mi darebbe fastidio, non preoccuparti, li prendiamo un’altra volta, davvero, è tardi, sono stanca, preferisco andare a casa”, gli disse Isabel per fermarlo prima che potesse comprare qualcosa.
Miguel la fissò, abbassò gli occhi e poi con imbarazzo le disse: “Isabel, mi dispiace”.
“Non preoccuparti, non devi, non c’entra niente quello che mi hai detto, è la verità, fidati”. Lei gli sorrideva, perché Miguel non potesse credere che stesse mentendo.
“Dai, accompagnami a casa, altrimenti la tua fidanzata potrebbe ingelosirsi, anzi, mi meraviglio di come non sia qui, non lo sa che sei con me?”
“Si, voleva venirci, ma io le avevo già detto che vedevo la partita con Ramon e che poi, in caso di vittoria, saremmo usciti a festeggiare con te, sa che siamo amici, a me ha fatto piacere così”.
“Ah, va bene, ma vedrai che ora le passeggiate con me non le potrai più fare, perché lei vorrà venire con te e tu vorrai andare sempre con lei”
“Ma dai, non dire così, è una cosa nata adesso, tu sei mia amica, non penso”.
Camminavano per le strade sporche, le luci del centro erano ancora tutte accese, gli echi del trionfo non si erano ancora spenti. Arrivarono sotto casa di Isabel e lei continuava a dissimulare la sua frustrazione. Lui invece era a disagio, appariva d’un tratto molto piccolo, forse deluso per aver nascosto ad Isabel una cosa rivelatasi così importante per il loro rapporto.
“Buonanotte campione, è stata una bella festa, mi sono divertita, è stato istruttivo, in ogni senso”, disse lei, con tono sarcastico.
“Mi fa piacere, ci sentiamo domani? Ci organizziamo? Andiamo a lezione assieme martedì?”, Miguel non riusciva a sostenere il suo sguardo.
“Si, certamente, ti chiamo io, anzi, no, Ines potrebbe non gradire, chiamami tu domani, e ci mettiamo d’accordo”, rispose Isabel, con studiata freddezza, quasi come a concedersi una piccola, crudele vendetta.
Miguel avrebbe voluto dirle ancora qualcosa ma non sapeva cosa. Isabel invece aveva solo voglia di salutarlo, stanca delle emozioni contrastanti di quella giornata.
Lui si avviò verso casa e lei indugiò per qualche istante, poi, quando Miguel fu sparito, si allontanò dal portone d’ingresso, fece qualche passo e si sedette sui gradini di un altro palazzo, a pochi metri dal suo.
Per un istante si sentì priva di forze. Pensò a Beatriz, alle spiegazioni che le avrebbe dato, ma era fiera di essersi dichiarata a Miguel, in ogni caso. Sapeva anche che l’amica sarebbe stata orgogliosa del suo coraggio e questo le restituiva fiducia.
Poi il suo sguardo fu attratto da un gruppo di ragazzi che camminavano nella sua direzione, erano evidentemente dei tifosi, stavano ancora ridendo rumorosamente ed uno di loro, che dimostrava non più di quindici anni ed aveva già un bel po’ di chili di troppo da smaltire, la colpì in modo particolare: aveva in mano un grosso panino, lei non riusciva a vedere cosa ci fosse dentro, lui lo addentava voracemente e mentre masticava continuava a parlare e gesticolare con i suoi amici.
Isabel li vide raggiungerla e passare oltre, li seguì per un po’ con lo sguardo e poi tornò a riflettere su quel periodo e su Miguel. Si chiedeva se lui fosse stato un vero amore o forse un’infatuazione, o forse ancora, solo un’illusione. Beatriz avrebbe saputo aiutarla a capire la verità. Isabel aveva bisogno della sua esperienza. Si alzò a fatica e si avviò al portone di casa, quel ragazzo con il panino in mano le aveva fatto venire in mente che in quelle settimane era ingrassata: forse era davvero giunto il momento di smetterla con tutti quei churros.