Si sono concluse le elezioni farsa che hanno portato alla nomina di 51 avvocati all’interno di OCF (Organismo Congressuale Forense). I risultati, da qualsiasi lato si vogliano analizzare, sono lo specchio fedele delle premesse già mostrate dal XXXIII Congresso Nazionale Forense di Rimini: difficile immaginare un esito più nefasto. Un dato, di facile lettura, che può dare subito la misura di quanto accaduto, è testimoniato dalla presenza femminile: 6 avvocati donna su 51 componenti. Poco più del 10% dell’Organismo. Una presenza irrilevante, imbarazzante, che testimonia la concezione ed il peso che le donne hanno all’interno delle gerontocrazie padronali che comandano l’avvocatura italiana: nessuno.
La provenienza dei nominati, che si fa davvero fatica a chiamare “eletti”, stante i patti occulti (ma a tutti ben visibili), che i padroni delle delegazioni congressuali hanno condotto, al riparo da qualsiasi coinvolgimento della classe, completa il quadro: quasi ovunque i Presidenti dei Consigli dell’Ordine che comandavano i delegati hanno proposto se stessi ai propri sudditi, ricevendone in cambio una ossequiosa ed acritica accettazione. Ridotto quasi a zero il ruolo delle associazioni forensi, con la presenza solo di alcuni delegati eletti in elezioni davvero aperte e libere, competitive e non “aggiustate” prima: penso ai colleghi Melania Delogu e Franco Uggetti, di cui però solo il secondo può dirsi di matrice associativa, mentre la Delogu è stata probabilmente eletta in ragione del suo ruolo apprezzato ed indipendente svolto in OUA nell’ultimo biennio, lontana dalla sua associazione di provenienza.
Completamente cancellata invece, ogni voce dissonante, appartenente ad associazioni critiche nei confronti del regime dell’istituzionalizzazione forense.
Addirittura avvilente la precisione con cui i colleghi attenti al dibattito politico, presentavano i nomi degli “eletti”, giorni o settimane prima delle “elezioni”, generando un clima di sfiducia e di distacco che rende OCF ancora più lontano da ogni minima parvenza di legittimazione democratica. In questo quadro non sono mancati episodi a metà tra il comico ed il drammatico: dal grido di dolore, levato dal Consiglio dell’Ordine di Castrovillari, per la mancata perpetuazione delle logiche spartitorie e di scambio, che in passato consentivano ai maggiorenti locali di partecipare agli Organismi assembleari sulla base di patti che eludevano le elezioni
ai resoconti (non smentiti), riguardanti una presunta missiva inviata agli avvocati romani dal Presidente del Consiglio dell’Ordine di Roma, Mauro Vaglio, che ha presentato la scelta di candidature (blindate da un patto di potere che disponeva dei voti dei delegati romani a propria discrezione), come una “Scelta Sofferta”, rappresentando la propria elezione, e quella dei suoi sodali, come un sacrificio da compiere, per il bene dell’avvocatura capitolina.
Grande assente, all’interno delle cosiddette elezioni, l’avvocatura. I sistemi elettorali, combinando la preferenza plurima con l’effetto totalitario del maggioritario, non corretto dal quoziente di lista, hanno mortificato i tentativi (che pure in alcuni distretti vi sono stati, penso al distretto di Napoli ed alla collega Camilla Aiello, che ha tentato, quale esponente dell’associazione UIF, una candidatura femminile autonoma dai desiderata dei padroni del proprio foro), di ottenere rappresentanze plurali. Tutto è stato concepito, regolato e gestito per ottenere un risultato di totale controllo di OCF da parte dei feudatari che, all’interno dei Consigli dell’Ordine di mezza Italia, comandano la categoria forense.
Le intimidazioni, i tentativi di dissuasione verso candidati indipendenti, la corruzione dei delegati congressuali, per mezzo di promesse future o presenti, non sono mancate, ma attengono ovviamente ai fatti della politica e pertanto, pur essendo di pubblico dominio, sfuggono ad una documentazione audiovisiva di pronta esibizione, per quanto siano stati ampiamente verificati da molti colleghi coinvolti nella fiction del voto.
OCF si presenta come un Organismo su misura di maschi, bianchi, ariani, di stretta osservanza nei confronti dei capi dei vari feudi italiani chiamati “Consigli dell’Ordine”. Le donne trattate come ancelle, o peggio, i giovani trattati come nullità, la democrazia, il rispetto delle regole, il pluralismo, banditi. Al comando delle operazioni si preannunciano grandi manovre di contrasto tra vecchi esponenti di baronie locali. Il futuro dell’avvocatura è più nero che mai.