Relazione introduttiva del segretario nazionale di NAD – Nuova Avvocatura Democratica, letta durante l’incontro dibattito svoltosi a Napoli, in data 24/10/2016
DA OUA A OCF: COSA CAMBIA?
Per prima cosa vorrei salutare i colleghi intervenuti oggi. Il mio intervento muove in primo luogo dal resoconto dell’azione che la nostra associazione, NAD – Nuova Avvocatura Democratica, ha svolto al Congresso Nazionale di Rimini. Abbiamo raccolto oltre cinquanta firme per tre mozioni: abolizione dei “cosiddetti” gettoni di presenza del Consiglio Nazionale Forense; regolamento elettorale democratico per i Consigli dell’Ordine; ampliamento delle fonti di reddito e misure in sostegno dei colleghi in difficoltà. La nostra mozione statutaria è stata sottoscritta solo da 49 delegati e pertanto non abbiamo potuto presentarla. Le tre mozioni di NAD ammesse sono state censurate dal Congresso, con la risibile scusa che non trattassero temi “attinenti” all’assise. Una delle tre è stata ammessa al voto in un unico punto e pertanto ci siamo rifiutati di discuterla.
Abbiamo già denunciato la falsità della motivazione ufficiale, pubblicando i documenti che dimostrano come, ad esempio, la delegazione distrettuale napoletana avesse formato addirittura una commissione per discutere di regolamento elettorale nei COA, ma tutto ciò è stato solo parte della farsa andata in scena a Rimini. Una farsa a cui purtroppo Napoli ha contribuito, sconfessando la raccomandazione sull’art. 39 della Legge Professionale Forense, assunta quasi all’unanimità dal nostro distretto, che raccomandava che OUA mantenesse il suo nome, che la rappresentanza politica fosse rigidamente separata da quella delle istituzioni ordinistiche, che i delegati congressuali fossero eletti con un sistema rispettoso di quanto affermato dalla giustizia amministrativa. Purtroppo nessuno di questi elementi era contenuto nella mozione caldeggiata da molti esponenti della nostra delegazione distrettuale presenti a Rimini e dunque la raccomandazione prodotta dai delegati napoletani è stata di fatto totalmente disattesa.
NAD ha anche tenuto un intervento a Congresso, che ha apertamente accusato le istituzioni forensi italiane di essere un regime affaristico e padronale, volto solo alla tutela degli interessi di chi ne fa parte, sprezzante delle regole e degli avvocati estranei o contrari a tale stato di cose. I fatti del Congresso ci hanno dato ragione. Tutto è avvenuto con pieno disprezzo della legalità: Presidenti di Ordini Forensi in prorogatio sine die hanno potuto operare ben oltre gli “affari correnti” e presentarsi come King Maker di una soluzione rappresentativa che rivendica, per l’Ordine Forense, un ruolo di parte. Le votazioni, le presentazioni delle mozioni, il dibattito precongressuale e congressuale sono stati truffaldini, celati dietro un Congresso avente un titolo falso e mistificatorio, aperto esclusivamente alla componente ordinistica dell’avvocatura italiana, che ha ritenuto – circostanza verificata a Rimini ed oggettivamente veritiera – di potersi approvare da sola una rappresentanza rispondente unicamente ai propri interessi di potere.
Soltanto 35 mila avvocati italiani hanno votato, o si sono espressi, con modalità spesso irrituali ed elezioni “sommarie”, in vista del Congresso di Rimini, per la scelta dei delegati. Di questi 35 mila, almeno 1/3, stando ai numeri che hanno approvato la soluzione che ha creato OCF, non si sono riconosciuti nel progetto partorito dalla cosiddetta “Agorà”, un Organismo illegale ed eversivo, istituzionalizzato dalla mera volontà del Presidente del Consiglio Nazionale Forense. Oggi discutiamo dunque di un assetto rappresentativo che non ha mirato ad unire gli avvocati italiani, ma a cristallizzare il potere di una minoranza, di circa 20 mila avvocati, sui circa 240 mila appartenenti alla nostra categoria.
Si badi, se ciò fosse avvenuto sulla base di norme rispettose della democrazia e del pluralismo, non ci sarebbe nulla da eccepire, ma così non è stato. Avevamo membri di diritto che non potevano essere nemmeno presenti, e che invece a Rimini hanno votato e determinato il voto di altri delegati; avevamo elezioni svolte con preferenza multipla, priva di quoziente di lista e come tali viziate da elementi illegali e totalitari; abbiamo avuto un Congresso che ha censurato arbitrariamente le mozioni “scomode” o provenienti da soggetti “scomodi”, quali ad esempio NAD – Nuova Avvocatura Democratica e che ha fatto svolgere votazioni sulle mozioni politiche con modalità tanto scandalose da aver provocato l’abbandono dei lavori da parte di circa cento colleghi, senza che il “garante” dell’istituzione e dell’Ordine Forense muovesse un sopracciglio.
Per tutte queste e per molte altre ragioni NAD non riconosce né gli esiti del XXXIII Congresso Nazionale dell’Avvocatura, né OCF, come soggetto che debba attuarne i deliberati. Deliberati parziali e non rappresentativi della professione forense. Noi non voteremo l’OCF e ci batteremo per realizzare una rappresentanza politica dell’avvocatura che tenga rigidamente separate le funzioni di carattere pubblicistico dell’Ordine Forense (CNF e COA), da quelle politiche e rappresentative degli interessi privati dei colleghi, spettanti ad avvocati che non siano parte dell’Ordine.
Per noi questo è un punto irrinunciabile per il futuro della professione forense e per la sopravvivenza stessa del nostro Ordine: o l’Ordine forense resta nell’alveo della legge professionale e del buon senso, limitandosi ad essere il custode del regolare svolgimento della professione da parte di noi tutti, oppure, se ambisce ad essere allo stesso tempo custode e giudice degli avvocati e rappresentante che strizza l’occhio ai loro interessi, se continua a pretendere di ricoprire ogni ruolo in commedia, se rinuncia alla sua funzione di garante supremo ed imparziale di tutti i colleghi, allora questo Ordine non ci rappresenta, né politicamente, né come istituzione.
In NAD abbiamo affrontato questa questione con il radicalismo che ci è congeniale e molti tra di noi nel 2017 non verseranno la quota di iscrizione al proprio Ordine Circondariale di appartenenza. Non accettiamo che un soggetto pubblico faccia politica di parte, la faccia contro di noi e per di più con i nostri soldi.
Parallelamente noi invitiamo tutti i colleghi liberi e le associazioni democratiche presenti in Italia a costruire o forse a ricostruire il sogno di una rappresentanza politica democratica, unitaria e plurale: una rappresentanza che tenga assieme tutti gli avvocati, sulla scorta di principi che per noi sono inderogabili, ovvero la separazione dei poteri e delle funzioni; l’impossibilità per i giudici della deontologia dei propri colleghi (quali sono i Consiglieri Nazionali del CNF) di fare politica forense, l’adozione di regolamenti elettorali legittimi e dunque, se strutturati con la preferenza multipla, dotati di quoziente di lista, ovvero regolamenti a preferenza unica. Vogliamo una rappresentanza in cui il Congresso non abbia membri di diritto, ma solo eletti e solo per svolgere quell’incarico. Vogliamo un Congresso snello, con delegati consapevoli, che siano assimilabili ad un Parlamento dell’avvocatura, con un governo eletto dal Congresso, che vincoli ed impegni tutti gli avvocati italiani al rispetto delle sue decisioni. Questa è la sfida che lanciamo alle associazioni: costruire l’avvocatura, far nascere una rappresentanza davvero democratica, inclusiva, plurale. Fino a quel momento noi di NAD – Nuova Avvocatura Democratica non riconosceremo le istituzioni forensi ed OCF e ci rappresenteremo da soli, per mezzo della nostra libertà e della nostra associazione. Grazie a tutti.
Avv. Salvatore Lucignano
* Ci scusiamo con quei colleghi intervenuti all’incontro, che avevano dato la propria disponibilità alla diffusione dei video relativi agli interventi tenuti. Problemi tecnici hanno compromesso la qualità e l’integrità di tali contenuti, rendendoci impossibile la pubblicazione.
Il Direttivo Nazionale