In data 25/10/2016 l’associazione Nuova Avvocatura Democratica ha interessato la Procura contabile competente sulla vergognosa vicenda dei cosiddetti “gettoni di presenza” attribuiti a se stessi dai membri del Consiglio Nazionale Forense (CNF) mediante il “regolamento rimborsi spese e gettoni di presenza” adottato nel dicembre 2015.
Ad avviso dei numerosi soci firmatari dell’esposto il CNF non avrebbe potuto attribuire ai suoi componenti un vero e proprio trattamento retributivo, in assenza di una norma che autorizzasse un simile atto, atteso che la legge professionale non prevede tali forme di indennità per i Consiglieri Nazionali e che, per antica tradizione, la carica di Consigliere Nazionale Forense ha carattere onorifico, gratuito e non professionale.
Nonostante ciò, in spregio alla legalità, con il regolamento emanato l’11 dicembre 2015 i Consiglieri Nazionali si sono attribuiti, oltre a generosi rimborsi-spese, delle vere e proprie indennità di funzione, slegate di fatto dalla effettiva presenza in Consiglio dei fortunati beneficiari della propria generosità. Tali finti “gettoni di presenza” gravano sulle tasche di tutti gli avvocati italiani per centinaia di migliaia di euro all’anno e concedono ai fortunati vincitori una serie di emolumenti che farebbero la fortuna della gran parte degli avvocati “normali”.
Le indennità, o stipendi che dir si voglia, “responsabilmente” (cit.) concesse a se stessi dai membri dell’ufficio di Presidenza del CNF ammontano infatti ad euro 90.000,00 per il Presidente, ad euro 50.000 per il Vicepresidente, ad euro 70.000,00 per il Segretario e ad euro 50.000,00 per il Tesoriere.
Nonostante l’indignazione, le censure, le critiche, i deliberati promossi dagli avvocati che hanno reagito con sdegno a questo ennesimo atto di arroganza e menefreghismo del CNF capeggiato dall’Avvocato Andrea Mascherin, tale scelta non è stata mai minimamente rimessa in discussione dall’Organo che si vanta di assumere la rappresentanza “istituzionale” di tutti gli avvocati italiani, il che appare vergognoso ed inaccettabile, se si considera che una larga parte di quegli avvocati è costretta a “sbarcare il lunario”, per sopravvivere, con meno di 10.000,00 euro di reddito annuale.
Nuova Avvocatura Democratica ha tentato invano di percorrere la via politica perché questa ignobile ed indebita appropriazione del CNF venisse abrogata dal XXXIII Congresso Nazionale Forense, raccogliendo le sottoscrizioni necessarie affinché una mozione congressuale censurasse la situazione, ma i generosi finanziatori delle proprie indennità, per mezzo di propri soldati, hanno ritenuto che tale mozione, regolarmente presentata, non dovesse essere discussa, perché nulla squarciasse il velo di omertà che il sistema ordinistico mantiene sulle malefatte dei suoi maggiorenti. Naturalmente la censura avverso la mozione in oggetto era ed è illegittima, per violazione dell’art. 39 della L. n. 247/2012. Naturalmente Nuova Avvocatura Democratica ha prontamente presentato reclamo, durante il XXXIII Congresso Nazionale, contro questo ennesimo abuso. Naturalmente i soldati dei finanziatori di se stessi hanno ignorato il reclamo, facendo in modo che tra le mozioni da discutere durante il XXXIII Congresso Nazionale Forense di Rimini non arrivassero quelle “scomode” per i padroni dell’avvocatura.
Nuova Avvocatura Democratica pertanto, con l’esposto depositato, auspica che venga presto fatta giustizia in relazione all’utilizzo indebito e a fini personali dei contributi obbligatori che gli iscritti negli albi degli avvocati sono costretti a pagare al CNF. Detti contributi infatti, aventi natura tributaria, come chiarito dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, vengono coattivamente versati da tutti gli avvocati italiani ed il CNF ne sta da tempo abusando, con iniziative come quella censurata, utilizzandoli con totale ed ingiustificabile arbitrio, oltre che con il massimo disprezzo delle condizioni di grave sofferenza vissute dagli avvocati italiani.
Il Direttivo Nazionale 25/10/2016