In tema di falsità del testamento, infatti, assume particolare importanza la già rammentata sent. 12307/2015 da parte delle Sezioni Unite, che fanno chiarezza sulle modalità con cui contestare la falsità del testamento olografo.
Secondo il primo orientamento richiamato dalla Corte, la falsità di un documento olografo potrebbe essere fatta valere da tutti coloro che ne hanno interesse, mediante disconoscimento dell’atto. Dunque, sarà il soggetto beneficiario del documento impugnato a dover proporre all’autorità giudiziaria una istanza di verificazione. Qui sarà accertabile la genuinità, con costui che si sobbarcherà il relativo onere della prova.
Il commento in sentenza
Tale orientamento si basa essenzialmente su quanto rammentato dalla più remota sentenza n. 2474/2005, secondo cui qualora sia fatta valere la falsità del testamento (nella specie olografo), l’azione – che ha ad oggetto l’accertamento dell’inesistenza dell’atto – soggiace allo stesso regime probatorio stabilito nel caso di nullità prevista dall’art. 606 c.c. per la mancanza dei requisiti estrinseci del testamento, sicché – avuto riguardo agli interessi dedotti in giudizio dalle parti – nell’ipotesi di conflitto tra l’erede legittimo che disconosca l’autenticità del testamento e chi vanti diritti in forza di esso, l’onere della proposizione dell’istanza di verificazione del documento contestato incombe sul secondo, cui spetta la dimostrazione della qualità di erede, mentre nessun onere, oltre quello del disconoscimento, grava sull’erede legittimo.
Pertanto sulla ripartizione dell’onere probatorio non ha alcuna influenza la posizione processuale assunta dalle parti, essendo irrilevante se l’azione sia stata esperita dall’erede legittimo (per fare valere, in via principale, la falsità del documento). Ovvero dall’erede testamentario che, agendo per il riconoscimento dei diritti ereditari, abbia visto contestata l’autenticità del testamento da parte dell’erede legittimo.
Necessità della querela di falso
Secondo un altro orientamento, invece, la terzietà del soggetto rispetto al documento olografo contro di lui prodotto renda necessario il ricorso alla querela di falso.
Anche in questo caso, gli Ermellini fanno riferimento a una sentenza più remota, la Cass. n. 16362/2003, secondo cui la procedura di disconoscimento e di verificazione di scrittura privata (artt. 214 e 216 c.p.c.) riguarda unicamente le scritture provenienti dai soggetti del processo e presuppone che sia negata la propria firma o la propria scrittura dal soggetto contro il quale il documento è prodotto; per le scritture provenienti da terzi (come nel caso di un testamento olografo), invece, la contestazione non può essere sollevata secondo la disciplina dettata dalle predette norme, bensì nelle forme dell’art. 221 e ss. c.p.c., perché si risolve in un’eccezione di falso.
Si tenga conto che all’epoca per parte della giurisprudenza la querela di falso si pone come alternativa al disconoscimento, in ragione delle differenti conseguenze che scaturiscono dalla scelta di uno strumento, invece di un altro. In sintesi, rimozione degli effetti del documento tra le parti in caso di disconoscimento, erga omnes in caso di querela.
Domanda di accertamento negativo
Le Sezioni Unite fanno chiarezza sottolineando come il successore che intende impugnare un documento olografo privo di autenticità non può né limitarsi a disconoscerlo. Ne può essere costretto a procedere mediante querela di falso. Dovrà invece formulare una domanda di accertamento negativo, con conseguente assolvimento dell’onere probatorio, che su di lui ricadrà.
Tra le altre conseguenze della falsificazione del documento c’è anche la dichiarazione di indegnità a succedere: sulla base di ciò, una volta che verrà revocato il testamento, il giudice potrebbe dichiarare indegno l’erede “falsificatore” nel caso in cui costui sarebbe comunque rientrato tra i successori.
Ad ogni modo, spetterà a chi contesta l’autenticità del documento dimostrare la non autenticità del documento. Ne deriva che – come chiarito dalla sent. 12307/2015 in Cassazione, non è sufficiente disconoscere il documento, ma è necessario proporre una causa civile per poter dimostrare che la scrittura olografa è di un’altra persona, e non del defunto. Come intuibile, l’accertamento negativo della provenienza della scrittura si poggerà principalmente su una perizia calligrafica.
I procedimenti giudiziali volti all’accertamento della falsità del testamento devono necessariamente essere preceduti dalla mediazione civile che in questo caso è obbligatoria.
PROCEDIMENTI DI COGNIZIONE
Contestazione del testamento olografo: la Cassazione conferma la
superfluità della querela di falso
Cass., sez. II, 21 dicembre 2017, n. 30733. Pres. Mazzacane, Est. Grasso
Testamento olografo – Nullità – Azione di accertamento negativo – Sufficienza – Querela di falso (C.c., 602, 606, 2702; C.p.c., artt. 214, 221)
La parte che contesti l’autenticità del testamento olografo deve proporre domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura, e grava su di essa l’onere della relativa prova, secondo i principi generali dettati in tema di accertamento negativo. Non è necessario, pertanto, presentare querela di falso.
CASO
Il tribunale, sulla base degli esiti di una consulenza tecnica d’ufficio grafologica, accoglieva la domanda di accertamento del carattere apocrifo del testamento, proposta da due fratelli nei confronti dei sedicenti eredi della defunta madre.
La sentenza veniva confermata dalla corte d’appello, la quale ribadiva dunque che la divisione del patrimonio ereditario avrebbe dovuto avvenire secondo le norme della successione legittima.
La decisione d’appello veniva impugnata per cassazione, tra il resto, per essersi discostata dall’orientamento che predica la necessità di proposizione della querela di falso avverso le risultanze di un testamento olografo.
SOLUZIONE
La Cassazione conferma l’orientamento espresso nel 2015 dalle Sezioni Unite per cui lo strumento processuale per la contestazione dell’autenticità di un testamento olografo è rappresentato dall’azione di accertamento negativo della provenienza della scrittura.
QUESTIONI
E’ noto che il supremo organo della nomofilachia – con la con la decisione n. 12307 del 15 giugno 2015, n. 12307 – già pubblicata in questa Rivista: http://www.eclegal.it/impugnazione-del-testamento-olografo-le-sezioni-unite-scelgono-lawww.
terza-via/ – ha avallato la tesi, sostenuta in unico e risalente precedente (Cass., 15 giugno 1951, n. 1545), che vincola l’esame dell’autenticità o meno di un testamento olografo alla proposizione di un’autonoma domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura.
Con ciò, la Corte da un lato aveva respinto le due posizioni “tradizionali”, rappresentate dall’affermazione della sufficienza della mera dichiarazione di non conoscere lo scritto (Cass., 24 maggio 2012, n. 8272; Trib. Marsala, 11 marzo 2008, in Corr. mer., 2008, 670) e, all’opposto, dalla necessità di proposizione della querela di falso (Cass., 24 maggio 2012, n. 8272), quest’ultima criticata, sulla base del principio della ragionevole durata del processo, per l’incongruo effetto di affidare “la soluzione della controversia” ai “rivoli di un defatigante procedimento incidentale”.
L’inidoneità della prima tesi era invece ravvisata dalle Sezioni unite in un’inesatta premessa: al contrario di quanto ritenuto da una parte della giurisprudenza (Cass., 12 aprile 2005, n. 7475; Cass., 16 ottobre 1975, n. 3371, ivi, 1975) il testamento olografo non può essere assimilato ad una scrittura privata semplice – dalla cui natura discenderebbe la sufficienza del disconoscimento ex art. 214 c.p.c. – in quanto regolato sotto il profilo formale da disposizioni, quali gli artt. 602 e 606 c.c., che
impongono oneri evidentemente più stringenti rispetto a quanto richiesto – in realtà soltanto in forma negativa, ossia per contrasto rispetto al contenuto dell’art. 2699 c.c. in materia di atto pubblico – dalla disciplina generale del documento privato.
Dall’altro lato, la Corte nel 2015 aveva opportunamente superato l’impasse provocato dal precedente intervento delle Sezioni Unite, che – con un obiter dictum nella motivazione di Cass., 23 giugno 2010, n. 15169 – avevano precisato la necessità della querela di falso per l’impugnazione delle sole scritture private connotate da “una carica di incidenza sostanziale e processuale intrinsecamente
elevata”, con ciò lasciando irrisolto il quesito in ordine all’inclusione o meno del testamento olografo nella nuova, in realtà sfuggente categoria (dubbio risolto peraltro in senso negativo dalla prevalente giurisprudenza successiva, con riaffermazione dunque della sufficienza del disconoscimento: così Cass., 23 dicembre 2011, n. 28637; Trib. Catania, 19 giugno 2012, in Corr.
Mer., 2012, 1106).
La decisione in commento attesta il recepimento del chiaro dictum delle sezioni unite del 2015, con riaffermazione della necessità della proposizione della domanda di accertamento negativo dell’autenticità del testamento e dell’attribuzione dell’onere della prova, in ordine alla falsità del documento, in capo alla parte attrice: ciò a differenza di quanto discende invece dalla respinta tesi che affermava la sufficienza del disconoscimento, la quale addossava sulla parte interessata, ossia l’asserito erede che aveva prodotto il testamento contestato, l’onere di proporre giudizio di verificazione e, in quella sede, di dimostrare in positivo l’autenticità dello scritto (la sussistenza di un’ipotesi di c.d. overrulling è stata comunque esclusa da Trib. Avellino, 19 aprile 2016, in questa Rivista con nota di Farina, http://www.eclegal.it/lonere-della-prova-nellimpugnazione-del-testamento-olografo/, che ha osservato come difettasse prima delle Sezioni Unite del 2015 una consolidata interpretazione sull’onere della prova in caso di impugnazione del testamento olografo e, in ogni caso, una delle tesi tradizionalmente sostenute – ossia quella della sufficienza del disconoscimento – già poneva l’onere in capo all’attore).