La professione di avvocato è una libera professione intellettuale che rientra tra quelle di cui all’ art. 2229 del c.c. e l’art 33 della Costituzione.L’assunto libera professione è andato nell’oblìo, gli avvocati o si sono intruppati nelle innumerevoli associazioni che sono nate nel territorio italiano, o peggio ancora sono completamente disinteressati alle vicende della loro categoria, e hanno perso la capacità di critica e di protesta che connotava l’avvocatura. La legge 247 del 2012 e il regolamento n 6 del 2014 tra tutti gli obblighi, prevede l’obbligo di formazione e detta i criteri per la formazione… il mancato assolvimento, prevede per il professionista “libero” la sottoposizione a sanzioni disciplinari.La normativa che regola la formazione è lesiva del diritto di ogni avvocato di studiare e aggiornarsi secondo la propria organizzazione, metodologia ed iniziativa. Offende l’opera intellettuale in sé e la libertà del professionista. Dopo l’entrata in vigore della legge n 247/ 2012 ,stiamo assistendo agli effetti devastanti di una formazione fasulla che ha in sé nessuna sostanza; ma solo forma. I colleghi partecipano ai corsi di formazione “badggiando” all’inizio del corso… vanno nello studio a lavorare e poi ritornano a ribadggiare alla fine del corso, altri leggono quotidiani oppure giocano con il cellulare o mandano messaggini. L’importante è che abbiano raggiunto alla fine del triennio i crediti richiesti dai Coa per la formazione. La formazione è semplicemente una raccolta punti, come quando si acquista merce al supermercato. Molti Coa spacciano la formazione come gratuita, in realtà istituiscono Fondazioni, senza fini lucrativi, alle quali vengono versate somme ingenti attinte dal bilancio dell’Ente stesso. Oppure i Coa finanziano e versano somme ad associazioni forensi che in molti casi hanno pochissimi iscritti o addirittura con un solo iscritto. Allora ne deduciamo che la legge ha creato in pochi anni una nuova categoria di professionisti: i convegnisti che con il tempo possono chiedere compensi, alzare il prezzo e gli avvocati, per onorare “l’obbligo” saranno costretti ad accettare senza battere ciglio. Nulla conta che un professionista con molti anni di esperienza abbia trattato una serie di casi civili e penali,anche con ottimi risultati per i suoi assistiti, o che abbia avviato alla professione forense alcuni praticanti. Nulla conta che un professionista legga costantemente banche dati di aggiornamento professionale, o è impegnato quotidianamente a studiare per difendere e assistere con competenza il proprio assistito. Chi non ha mai svolto realmente questa professione non sa una cosa fondamentale, che la stessa non puo’ essere materialmente svolta se non si studia costantemente. La mancata specializzazione nozionistica in una materia specifica non è un minus per non assistere un cliente, il minus è invece per l’avvocato non conoscere la prassi e l’orientamento dei vari tribunali e giurisdizioni in ordine alla materia trattata. Insomma, la nozione si studia, la prassi si recupera invece con il collega esperto in una materia specifica e con la collaborazione fattiva e costruttiva con quest’ultimo. La soluzione dianzi esposta , consente di prendere in carico il cliente tutelando correttamente i suoi interessi. Nel corso degli anni passati si è operato in questo modo e i risultati non sono stati di scarso livello, un ampio e costante confronto giuridico e pratico, caratterizzava una grande sinergia all’interno della categoria. L’avvocato deve raccogliere i punti dei “formaggini”, o della mucca carolina come quella famosa pubblicità. Le scelte operate dai nostri rappresentanti istituzionali hanno una chiara connotazione politica e lucrativa che si nasconde dietro la difesa del cittadino al quale deve essere garantita una difesa qualificata.