La legge 247/2012, all’art. 21 numeri 8,9 e 10 ha disposto la contestuale iscrizione a Cassa Forense di tutti gli iscritti agli albi ordinari ed all’albo speciale.
Onde consentire un ingresso nel sistema graduale e quanto meno traumatico possibile agli iscritti per l’effetto della nuova legge professionale, l’articolo 9 del Regolamento di attuazione dell’art. 21 numeri 8 e 9, accorda ai neo iscritti la facoltà, se percettori di redditi professionali ai fini IRPEF inferiori a € 10.300,00, di versare il contributo soggettivo minimo obbligatorio in misura pari alla metà di quello dovuto ai sensi dell’art. 7, commi 1, lett. a) e 2 del detto regolamento.
Orbene, le dinamiche reddituali e la storia di questi ultimi anni della categoria, hanno dimostrato che, anche queste misure, si sono rilevate insufficienti a raggiungere lo scopo di consentire un ingresso nel sistema previdenziale morbido ed indolore, per una larga platea di avvocati collocati in una fascia reddituale bassa.
La storia del “movimento anti minimi inderogabili”, inteso nella sua accezione più ampia, ha visto come sua scintilla proprio l’introduzione di soglie inderogabili di contribuzione minima, rilevatesi insostenibili per un gran numero di contribuenti.
Aldilà delle elaborazioni giurisprudenziali, influenzate dalla chiara esigenza di garantire liquidità ad apparati pubblici ed ibridi pubblico/privati sempre più in affanno, sicuramente il movimento, nato in relazione alla battaglia per l’applicazione di minimi strettamente proporzionali al reddito, esprime valori più coerenti con i dettami costituzionali (art. 53 Cost).
Risultato ricollegabile senz’altro alla nascita di detto movimento nella categoria è la sospensione del minimo inderogabile in relazione al contributo integrativo.
A pagina 12 del bilancio d’esercizio al 31/12/2018 di Cassa Forense, approvato il 17/4/2019 dal CDD col voto contrario dello scrivente, si da conto della circostanza che 109.000 iscritti hanno fruito delle agevolazioni derogatorie delle soglie minimali standard di contribuzione previdenziale.
Le dinamiche reddituali, chiaramente deterioratesi all’indomani della crisi del 2008, testimoniano una chiara stagnazione e l’assenza di un’apprezzabile inversione positiva di tendenza (pagina 8 bilancio: in termini reali, € 55.698 annui del 2008 contro i 38.620 del 2017 di reddito medio Irpef pro capite).
Nell’ambito di detti numeri, chiaramente emergenziali, si innesterà l’ulteriore pressione conseguente allo spirare degli otto anni di agevolazione accordati agli iscritti all’indomani dell’entrata in vigore della 247.
In conseguenza, una larghissima parte dei 109.000 iscritti beneficiarï dei minimali agevolati sarà, molto probabilmente, messa sotto ulteriore pressione, in conseguenza dello spirare della fascia temporale di applicabilità di detti benefici, con la conseguente applicazione dei minimi ordinari nella loro interezza.
Stando così i numeri, sarebbe doverosa la revisione della disposizione regolamentare, prevedendo il mantenimento almeno per altri 10 anni dei minimali agevolati, al fine di traghettare la categoria fuori dalla crisi, inibendo l’innesco di meccanismi in potenza ulteriormente recessivi.
Resta, infine, ineludibile, l’approdo ad un sistema che preveda una contribuzione strettamente legata al reddito effettivamente prodotto dall’avvocato, anche attraverso l’applicazione del sistema contributivo di calcolo dei trattamenti pensionistici.
Visto, inoltre, l’ampio margine di discrezionalità detenuto da Cassa in relazione alla strutturazione delle misure di welfare, l’entità complessiva delle erogazioni dovrebbe essere, in conseguenza, ancora di più, anno per anno, correlata al reddito complessivo prodotto effettivamente dalla categoria, invertendo il circolo vizioso per il quale oggi, di fatto, si addossa agli avvocati un “onere di produzione” aprioristico, funzionale ad alimentare il cosiddétto welfare attivo.
Occorre fare presto, considerando anche che la misura, ove concepita, sarebbe sottoposta all’approvazione dei ministeri vigilanti.
Potremmo essere alle porte di un’ulteriore, significativa, emorragia indotta di iscritti. La categoria ha, all’esito dell’ultima tornata elettorale, consegnato una vastissima maggioranza a forze ultraconservatrici dell’attuale sistema.
Anche in termini di mantenimento della sostenibilità futura della gestione, il non cogliere i chiari segnali dati dai numeri potrebbe riservare spiacevoli sorprese.
Magari, come quasi sempre accaduto nella storia recente della categoria, i disastri nell’esercizio dell’autodichia saranno tristemente emendati dalla supplenza della politica (DDL Bruno Bossio tendente a superare i minimi inderogabili).
Avv. Giuseppe Fera
Presidente nazionale NAD
Delegato CDD Cassa Forense 2019/2022
Si precisa che il presente articolo è redatto a titolo personale non essendo rappresentativo della posizione di Cassa Forense in relazione ai temi trattati