Il buon senso temperato dalla fiducia e dal giusto dubbio, da tempo manca a molti Colleghi.
La voglia di vedere quel maledetto bicchiere sempre mezzo pieno, la volontà disperata
di esaltare gli aspetti più belli della Professione, ci logora.
Eppure il quadro è chiaro, non ha bisogno di interpretazione sofisticata alcuna.
Il genocidio della nostra categoria è in atto, ma pochi ne hanno contezza.
Non è una metafora, nè la solita canzone dal ritornello sterile “gli avvocati non si curano di loro stessi”.
Non si tratta neanche di denunciare il palese menefreghismo, che pare non avere antitodo.
Non è la solita “morale” che guarda con nostalgia a un passato dove gli avvocati erano pochi e si facevano rispettare davvero.
Quello che vedo è più grave, è più inquietante.
Gli Avvocati hanno smesso di ragionare!
Una massa indistinta, quasi, di professionisti che sembrano aver subito un’autentica lobotomia.
Non parlo di qualità professionali, non mi permetterei mai di giudicare professionalmente un collega, parlo di capacità logiche, mentali, che paiono irreparabilmente compromesse quando si tratta della propria figura professionale!
Sembra quasi che quando si tratta di problemi, che riguardano la classe intesa a tutte tondo, e mi riferisco a leggi professionali, Cassa forense, Cnf, leggi che toccano nel vivo il nostro quotidiano, come le leggi attinenti al processo, gli avvocati, anche i più giovani, presentano una sorta di handicap, un qualche grave disturbo mentale, non reagiscono.
Perfettamente sani in aula e in studio con i loro clienti, sprofondati in un eterno oblio diretto verso le tenebre per il resto.
Non c’è nulla da analizzare, è un fatto: semplicemente gli avvocati si rifiutano di capire alcunché, non riescono a connettere i dati più semplici, a formulare sintesi o creare dei nessi anche minimi tra i fatti, che accadono davanti e intorno a loro e che accadono direttamente a loro
Inebetiti, avanzano verso il nulla.
Il fatto di considerarsi in difficoltà, li assolve giustificandoli fino, addirittura, al compiacimento.
E se c’è qualche Collega che, possedendo ancora lucidità, tenta fino all’esasperazione di rappresentare la cruda e avvilente realtà, per incanto i concetti si perdono nell’aria, diventano semi che cadono su terra sterile.
Un corto circuito intellettivo, un vero switch off!
Quello che avvilisce di più, però, è che questo black out dell’intelligenza non risparmia neanche i giovanissimi.
Nonostante l’indiscussa possibilità di accedere alle informazioni in tempo reale, paiono avvolti da un’ottusità indotta, voluta, refrattaria a tutto.
Spesso fuori i seggi elettorali forensi s’incontrano sguardi assenti, automi quasi incapaci di capire cosa stiano effettivamente facendo e l’importanza di quel voto.
Ci stiamo perdendo in una sorta di demenza progressiva e terrificante.
Si perché si tratta proprio di questo: perdita selettiva di ogni capacità intellettiva, al punto da diventare ottusi.
Un ragionamento consapevole sulla questione previdenziale piuttosto che sulla legge professionale o sulla riforma del sistema giustizia, attiva lo switch off.
È una tragedia. Ma sembra andare bene a tutti…
Se smettiamo di ragionare noi, siamo in pericolo, siamo morti!
La mia non è una visione apocalittica ma semplicemente la testimonianza di un vissuto.
Stiamo contribuendo alla distruzione della nostra professione, reagire non solo è sempre possibile ma doveroso. Se non lo faremo, non la storia ci presenterà il conto e a quel punto dovremo solo vergognarci.