La Corte di Cassazione con ordinanza n. 9980 del 09.04.2019 sentenzia l’improponibilità della richiesta di riconoscimento dell’indennità di accompagnamento qualora siano trascorsi sei mesi dalla notifica del verbale medico – legale dell’Inps e la decadenza può essere rilevata d’ufficio e in ogni stato e grado del giudizio; ritiene irrilevante che l’ente pubblico non abbia formulato l’eccezione nella fase dell’atp, nella dichiarazione di dissenso, ammettendo, implicitamente che possa essere formulata per la prima volta in sede di opposizione (la fase successiva al deposito della perizia medica) ed anche, probabilmente, nell’eventuale successivo giudizio di condanna instaurato dal cittadino dopo il decreto di omologa positivo che ha accertato il requisito medico – legale prodromico al riconoscimento della prestazione richiesta; scrive la Cassazione nell’ordinanza allegata : “ che il motivo merita accoglimento alla stregua dell’orientamento accolto da questa Corte ( cfr. Cass. 15.06.2015 n. 12332) secondo cui, in base al comma 6, dell’art. 445 bis c.p.c., alla specificazione dei motivi deve procedersi, a pena di inammissibilità, con il ricorso introduttivo del giudizio, mentre alcun onere in tal senso e tantomeno, sotto la comminatoria dell’inammissibilità è previsto, ai sensi del comma 4 del citato articolo, con riguardo alla dichiarazione di dissenso rispetti alle conclusioni della ctu espletata in sede di ATP”.
Si deve rammentare che la Cassazione con l’ordinanza n. 22949 del 10.11.2016 ha ritenuto che tutte le questioni, comprese quelle preliminari, dovevano essere tempestivamente fatte valere nel giudizio per atp “pena” l’inammissibilità delle stesse eccezioni; in sostanza la Suprema Corte ha, qui, ritenuto che se non proposte l’eccezioni di carattere processuale ovvero quelle riguardanti le condizioni dell’azione in sede di giudizio per atp, esse non possono essere più riproposte in altra sede o in un successivo giudizio: nella pronuncia 22949/2016, gli Ermellini hanno rigettato dichiarando inammissibile il ricorso dell’Inps perché l’eccezione processuale non era stata tempestivamente proposta ed era stato adottato il decreto di omologa sulla base di questo ragionamento: “Tuttavia, a termini di procedura, in assenza di contestazioni, viene poi emesso il decreto di omologa, espressamente definito non impugnabile giacchè il rimedio concesso a chi intenda precludere la ratifica delle conclusioni del c.t.u. si colloca esclusivamente in un momento anteriore, ossia prima dell’omologa e nel termine fissato dal giudice per muovere contestazioni alla consulenza. In assenza di contestazioni, si chiude quindi definitivamente la fase dell’accertamento sanitario e le conclusioni del c.t.u. sono ormai intangibili. Il che si spiega considerando che sarebbe evidentemente illogico attribuire un rimedio impugnatorio avverso l’omologa alla parte che, nel momento anteriore ad essa, quando le era consentito di farlo, non abbia contestato la possibilità di ratificare le conclusioni del c.t.u. su cui la medesima omologa si fonda. Coerentemente con tale premessa, deve ritenersi che la dichiarazione di dissenso che la parte deve formulare al fine di evitare l’emissione del decreto di omologa (ai sensi dei commi 4 e 5) possa avere ad oggetto sia le conclusioni cui è pervenuto il c.t.u., sia gli aspetti preliminari che sono stati oggetto della verifica giudiziale (ai fini della quale sia stata anche, come nella specie, formulata una eccezione apposita) e ritenuti non preclusivi dell’ulteriore corso, relativi ai presupposti processuali ed alle condizioni dell’azione così come sopra delineati; in mancanza di contestazioni, l’accertamento sanitario ratificato con il decreto di omologa diviene definitivo e non è successivamente contestabile, nè il decreto ricorribile per cassazione ex art. 111 Cost.. Se invece una delle parti contesti (non solo le conclusioni del c.t.u., ma complessivamente) la possibilità del giudice di ratificare l’accertamento medico, si apre un procedimento secondo il rito ordinario, con onere della parte dissenziente di proporre al giudice, in un termine perentorio, un ricorso in cui, a pena di inammissibilità, deve specificare i motivi della contestazione.” (Cass. n. 8932 del 2015, cit.).In base a tale condivisibile ricostruzione della disciplina del procedimento per accertamento tecnico preventivo, l’I.N.P.S. avrebbe dovuto, quindi, far valere le doglianze proposte con il presente ricorso, nell’ambito del procedimento di a.t.p., formulando espressa dichiarazione di dissenso alla possibilità di ratifica dell’accertamento medico, dissenso ammissibile, in ragione di quanto sopra chiarito, anche per ragioni diverse dal profilo direttamente coinvolgente l’accertamento medico (e così, nella specie, avrebbe dovuto contestare le conclusioni del c.t.u. sia pure sotto il profilo della loro inutilizzabilità ai fini del riconoscimento della prestazione come conseguenza della maturata decadenza triennale). Il giudice dell’a.t.p. non avrebbe potuto così omologare ma avrebbe dovuto emettere una sentenza il contenuto ed i presupposti della quale l’I.N.P.S., se fosse rimasto soccombente, avrebbe poi potuto portare al vaglio della Cassazione ai sensi dell’art. 445 bis c.p.c., commi 6 e 7”.
A tale pronuncia si sono sin da subito adeguati i giudici di merito come si legge ad esempio in una sentenza del Tribunale di Napoli Nord – 3465/ 2018 – “..ed invero secondo il più recente orientamento giurisprudenziale (ordinanza Cassazione 22249/2016) condiviso da questo Giudice, le eccezioni che dell’Inps circa gli aspetti preliminari relativi alle condizioni e ai presupposti dell’azione (es. mancata spunta sul certificato medico della impossibilità di deambulare) devono essere formulati con la dichiarazione di dissenso alle conclusioni alla Ctu al fine di evitare l’emissione del decreto di omologa e che in mancanza di contestazioni l’accertamento sanitario ratificato con il decreto di omologa diviene definitivo e non è successivamente contestabile…”. La pronuncia della Cassazione ha prodotto l’ulteriore effetto di “costringere” l’Inps ad adottare la circolare n. 968/2018 con la quale ha imposto ai propri funzionari di proporre sempre dissenso e giudizio di opposizione per far valere le eccezioni relative alle condizioni dell’azione e ai presupposti processuali.
La nuova decisione della Cassazione, quindi, potrebbe riaprire i termini della discussione soprattutto sull’irretrattabilità del decreto di omologa concesso con la conseguenza “aberrante” che l’Inps in disaccordo con la decisione del Tribunale potrebbe anche rifiutarsi “legittimamente” di erogare il corrispettivo della prestazione ed attendere il giudizio ordinario di condanna richiesto dalla parte vincitrice del giudizio per atp e proporre nuovamente le eccezioni di cui sopra; allo stato, quindi, è necessario un intervento chiarificatore e definitivo della Suprema Corte se non vogliamo assistere ad un proliferarsi di cause e giudizi dall’esito assai incerto.
Avv. Luca Tortora – Foro di Napoli