Informazioni e consigli a cura dell’ Avv. Giuseppe Fera e
dell’ Avv. Luca Tortora.
BUONA LETTURA
Il Regolamento della Cassa Forense relativo all’assistenza nella sezione II, intitolata “ Prestazioni a sostegno della famiglia” prevede una serie di erogazioni economiche a favore dell’avvocato in presenza di particolari presupposti.
Analizziamo il quadro normativo di riferimento relativamente agli avvocati con familiari portatori di handicap, non autosufficienti, portatori di handicap o di malattie invalidanti :
L’art. 6 n. 1 disciplina le erogazioni a sostegno della famiglia di cui all’art.1 n. 2 e alla lettera b così recita: “ Erogazioni in caso di familiari non autosufficienti, portatori di handicap o di malattie invalidanti”; l’art. 7 comma 2 chiarisce chi sono i beneficiari dell’erogazione: “ Sono beneficiari del trattamento previsto dalla lettera b) dell’art. 6 (erogazioni in caso di familiari non autosufficienti, portatori di handicap, o di malattie invalidanti) gli iscritti – in regola con le prescritte comunicazioni reddituali alla Cassa (mod. 5), che assistano in via esclusiva il coniuge, o i figli o i genitori con invalidità grave previste dall’art. 3 comma 3 della legge 104/92, attestata da certificazione rilasciata dalla apposita commissione Asl o accertata con provvedimento giudiziale definitivo, che non siano ricoverati a tempo pieno”; il successivo art. 8 comma 2 così statuisce : “ La erogazione prevista dall’art.6, lettera b ) (erogazioni in caso di familiari non autosufficienti, portatori di handicap o di malattie invalidanti) è corrisposta agli iscritti individuati nell’art. 7 comma 2, in presenza di un ISEE non superiore a € 50.000,00 sia dell’assistito che dell’iscritto. La provvidenza consiste nel’erogazione di una somma di denaro, determinata dal Consiglio di Amministrazione in relazione allo stanziamento di cui all’art. 21 comma 3, e non può essere superiore al 50% dell’ammontare della pensione minima erogata dalla Cassa nell’anno precedente quello della domanda. Essa è erogabile a un solo beneficiario per assistito nell’ambito del medesimo nucleo familiare”.
La misura per essere erogata dalla Cassa richiede, quindi, la presenza contemporanea di alcuni requisiti, riguardanti sia l’avvocato richiedente sia il familiare invalido o portatore di handicap; se i requisiti richiesti all’avvocato non presentano particolare problemi interpretativi non così per i familiari a cui l’avvocato deve prestare assistenza.
L’avvocato deve essere in regola con l’invio del mod.5,e deve essere in possesso di un modello ISEE non superiore ad € 50.000,00; l’art. 7 comma 2 individua chi debbano essere i soggetti a cui prestare assistenza: sono solo il coniuge, figli o genitori. La misura, quindi, sotto questo profilo si presenta notevolmente più restrittiva rispetto alle misure – agevolazioni previste dall’art. 33 comma 3 della legge 104/92 che le riconoscono anche a coloro che prestano assistenza alle persone handicap con cui hanno un rapporto di parentela o affinità di secondo grado.
La differenza potrebbe spiegarsi con il fatto che la Cassa eroga una prestazione di natura economica diretta, mentre le agevolazioni di cui all’art. 33 l.104/92 hanno una natura economica indiretta, e difatti per quest’ultime non è richiesto alcuna presentazione di modello ISEE – cioè un indice di rivelatore economico – come è necessario per gli avvocati.
Qualche dubbio interpretativo solleva, invece, la norma in ordine alle condizioni medico – legali richieste al familiare invalido.
Nulla quaestio in ordine al familiare a cui sia stato riconosciuto lo stato di handicap con connotazione di gravità (art.3 comma 3 della L.104/92 – “Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’eta’, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravita’. Le situazioni riconosciute di gravita’ determinano priorita’ nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici.) e sul fatto che lo stesso non debba essere ricoverato in strutture pubbliche; la norma fa riferimento anche ai familiari non autosufficienti e a quelli con malattie invalidanti. Sono altre due categorie di soggetti a cui l’avvocato può prestare assistenza in presenza delle quali viene riconosciuto il contributo oppure sono ulteriori specificazioni dello stato di handicap grave? A sostegno della prima ipotesi sovviene proprio il dato letterale della norma: i pazienti non autosufficienti sono coloro che versano nello stato di persone bisognose dell’accompagnamento (L’indennità di accompagnamento è stata istituita con la legge 11 febbraio 1980 n.18 e spetta agli invalidi civili totali quando a causa della minorazione fisica o psichica l’invalido si trova nella impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore e/o non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita abbisogna di una assistenza continua) – e si ricorda che diversa è la legge sull’accompagnamento e quella sullo stato di handicap e diversi sono i presupposti normativi anche se entrambe si basano dal punto di vista fattuale su gravissime patologie – . La dizione di familiari con malattie invalidanti, invero, è assai oscura perché tutte le malattie riconosciute ai sensi della tabella ministeriale sono invalidanti, pertanto, la norma dovrebbe fare riferimento a quelle che portano ad un riconoscimento della invalidità totale – 100%- ; a sostegno, invece, della seconda ipotesi vi è, innanzitutto, il dato ricavabile dal facsimile della domanda presente sul sito che fa riferimento nel corpo della stessa al solo stato di handicap grave e che poi trattandosi di misura assistenziale non è ammissibile una sua estensione sic et simpliciter.
Va infine chiarita la disposizione prevista dall’art. 7 comma 2 allorquando fa riferimento ad un accertamento dello stato di handicap grave avvenuto con provvedimento giudiziale definitivo se non accertato dalla Commissione Asl.
Il processo giurisdizionale per l’accertamento dello stato di handicap grave in caso di esito negativo della domanda amministrativa inoltrata all’Inps è quello previsto dall’art. 445 bis c.p.c.; il processo de quo si conclude con un decreto di omologa che per sua natura non è suscettibile di passaggio in giudicato.
Parametro ermeneutico dal quale partire necessariamente per la corretta ricostruzione degli istituti assistenziali e previdenziali di Cassa Forense è costituito dal dato oggettivo che spesso il nomen iuris dato alle misure, nel sistema di welfare di cassa Forense, non è sovrapponibile a quelle misure,a volte denominate allo stesso modo nell’ambito degli istituti previdenziali a carico dell’Inps. Pertanto parametri, requisiti e caratteristiche che configurano una misura di Cassa Forense, denominata allo stesso modo di una misura Inps, si caratterizza per una morfologia sostanziale del tutto eterogenea.