Ripropongo per Nuova Avvocatura Democratica l’editoriale pubblicato dal numero di Avvocati dell’ottobre 2018, distribuito in occasione del XXXIV Congresso Nazionale Forense di Catania.
Catania 2018: il Congresso nuovo dell’Imperatore.
Andrea Mascherin. Scelgo di cominciare da qui, per descrivere cosa sarà il XXXIV Congresso Nazionale Forense, in programma a Catania, dal 4 al 6 ottobre 2018. Già, una sola persona, l’imperatore, l’avvocato che ha saputo raccogliere l’eredità di Guido Alpa, facendo del Consiglio Nazionale Forense (CNF) il protagonista assoluto della vita politica forense, riducendo ogni voce dissonante al ruolo di mera controfigura. La parabola dell’imperatore comincia proprio sotto l’ala protettrice di Alpa, all’interno del CNF, ma vira decisamente verso l’ascesa incontrastata quando Alpa è costretto a lasciare, peraltro dopo anni di dominio personale. Nel 2014 si apre dunque la corsa alla successione ed Andrea trionfa, sovvertendo i pronostici che davano favorito per il ruolo di Presidente del Consiglio il più accreditato rivale, l’avvocato Francesco Caia, a sua volta padrone assoluto del Foro di Napoli e supportato dai grandi Fori metropolitani.
Ottenuta la Presidenza Mascherin si mostra un politico spietato, lucido, capace di utilizzare nel modo migliore lo strapotere che la legge professionale forense gli offre. Compone un ufficio di Presidenza che mette totalmente fuori gioco Caia e gli esponenti dei grandi Fori che avevano osato sfidarlo ed elimina così alla radice qualsiasi possibilità di opposizione interna, diventando di fatto più un monarca che un Presidente. Nel 2015 compie le due scelte più ardite del suo mandato: fonda un giornale, “Il Dubbio”, funzionale alla comunicazione ed esaltazione della sua attività politica, e concede a se stesso ed ai consiglieri del CNF i gettoni di presenza e le indennità di funzione che mutano la natura delle cariche assunte, trasformando di fatto il ruolo di membro delle istituzioni forensi ordinistiche in una professione. Le scelte dell’imperatore generano qualche inatteso malumore, persino all’interno del suo schieramento ed i primi mesi del 2016 sono abbastanza difficili per Mascherin, perché l’avvocatura tenta una flebile reazione alla sistematica appropriazione degli spazi economici, politici, mediatici, operata dal sovrano, costringendo Andrea ad accelerare nel suo disegno di normalizzazione di qualsiasi espressione dissidente.
A tale scopo, con una nuova mossa, scaltra e spregiudicata, Mascherin ricompatta il fronte ordinistico, offrendo agli scontenti il tanto agognato annientamento dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura (OUA). Il sacrificio al sovrano si compie durante il Congresso di Rimini del 2016. Per Mascherin si tratta di un autentico capolavoro. Con la messa fuori gioco di un organismo politico che si fondava sull’estraneità dei componenti dei Consigli dell’Ordine e la sagace scelta di lavorare per la prorogatio dei Consigli, mediante la difesa del regolamento elettorale emanato dal Ministro Orlando, il famigerato “SOVIETICHELLUM”, successivamente riconosciuto illegittimo dalla giustizia amministrativa, Mascherin tacita i brontolii della componente ordinistica più tradizionalista, mettendo in un angolo il solo esponente del sistema che avrebbe potuto contrastarlo: Remo Danovi, Presidente del Consiglio dell’Ordine di Milano. Con l’abolizione dell’incompatibilità tra ruolo ordinistico e funzioni politiche, Mascherin a Rimini finge di offrire il potere politico agli esponenti territoriali del sistema ordinistico, consegnandogli la testa di Mirella Casiello, la Presidente dell’ultima OUA, su un piatto d’argento. La morte di OUA è un momento traumatico per gli avvocati italiani di cultura e formazione democratica. Più che a un Congresso sembra di assistere ad una mattanza, quasi un rito propiziatorio rivolto ad una qualche divinità venerata da una civiltà precolombiana, con le vittime impotenti, scannate in onore dell’idolo, tra le urla dei fedeli, assetati di sangue.
In ogni caso, nonostante le denunce sul clima autoritario del Congresso romagnolo, la strategia di Mascherin si conferma ancora una volta astuta e vincente. A Rimini i Consigli dell’Ordine, smaniosi di mostrare la loro forza, si avventano sulla preda, l’autonomia della politica forense dal sistema ordinistico, con sprezzante ferocia, non fanno prigionieri, ridicolizzano le grandi associazioni nazionali presenti al Congresso, riducendole al ruolo di spettatrici di una forza soverchiante, e si prendono tutto. L’immagine dei delegati dell’Associazione Nazionale Forense (ANF), costretti a lasciare i lavori a causa dell’autoritarismo senza regole promosso dall’imperatore, nella sostanziale indifferenza della platea fedele al sistema, suggella una tre giorni che ha cancellato, in onore alla vanità e alla bramosia di potere di un solo uomo, un sogno che durava da venti anni, quello di una rappresentanza politica democratica, fondata sulla distinzione di funzioni tra Consigli dell’Ordine e politica forense.
Con la svolta autoritaria di Rimini nasce dunque l’Organismo Congressuale Forense (OCF), che stavolta vede coinvolti i Presidenti dei maggiori Ordini italiani, desiderosi di dimostrare di poter comandare anche fuori dai loro circondari. Purtroppo anche loro non hanno fatto bene i conti con chi comanda davvero, ovvero, manco a dirlo, l’imperatore, Andrea Mascherin. OCF infatti, nei suoi piani, è solo un modo di placare la fame di potere degli Ordini circondariali ed allo stesso tempo di sottomettere completamente l’associazionismo forense, ma Andrea non pensa minimamente di concedere al nuovo organismo un ruolo che gli faccia ombra, ritrovandosi nuovamente a dover condividere il potere con un soggetto che possa contrapporsi ai suoi voleri.
E’ allora che anche Mascherin è costretto a subire una sconfitta, inaspettata, dalla quale peraltro saprà immediatamente risollevarsi. Il sacrifico di Rimini aveva infatti già pronto, dietro le quinte, il nome di colui che, assecondando le mire dell’imperatore, avrebbe dovuto gestire, in nome e per conto del sovrano, l’OCF. Quel nome era noto ed appariva destinato ad una vittoria certa. Si trattava di Sergio Paparo, Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Firenze e fedele esecutore della volontà del monarca.
Purtroppo nemmeno ad Andrea riescono con il buco tutte le ciambelle. I grandi Fori, già tagliati fuori da qualsiasi ruolo all’interno del CNF, nelle elezioni successive al Congresso di Rimini riescono a sconfiggere Paparo, portando alla nomina, nel ruolo di coordinatore, l’avvocato Antonio Rosa. Rosa è un anziano collega, di solida formazione ordinistica, scelto dai Presidenti presenti all’interno di OCF con il compito di resistere all’annessione voluta da Mascherin. Sarà una speranza vana, perché l’imperatore stroncherà sul nascere ogni anelito alla libertà di OCF, con una reazione degna della sua proverbiale spietatezza.
Incassata la sconfitta del suo Paparo infatti, la risposta del re è feroce, tale da non ammettere repliche. Sfruttando uno statuto che pone l’Organismo alla mercé del CNF, per quanto attiene al suo finanziamento, per un anno intero Mascherin priva l’OCF di qualsiasi mezzo, affamandolo, ricattandolo, come lo era stata OUA in precedenza, proprio ad opera degli Ordini che a Rimini l’avevano soppressa. La richiesta del sovrano è chiara, formulata senza mezzi termini: il potere politico interno all’avvocatura italiana deve essere gestito interamente dal Consiglio Nazionale Forense, chi rifiuta di sottomettersi va costretto alla resa.
L’anziano Rosa è troppo stanco, troppo debole e troppo inadeguato per poter opporre una reazione ad uomo come Mascherin. La logica conseguenza della sproporzione tra le forze in campo è la resa di OCF, che si piega ai diktat dell’imperatore, accettando un meccanismo di finanziamento che in cambio dei soldi ne riaffermi la natura sostanziale di supporto, in posizione assolutamente marginale e subordinata, del Consiglio presieduto dal re.
E’fatta, Mascherin ha vinto ancora. Una volta soffocato ogni tentativo di rivolta interna al sistema ordinistico, rassicurato dalla scomparsa di Maurizio De Tilla, che pure aveva tentato, negli ultimi mesi di vita, di dare forza ad un progetto di rinascita democratica, che facesse risorgere la sigla OUA, declinandola come un Organismo Unitario delle Associazioni capace di opporsi allo strapotere di Mascherin, Andrea lancia una nuova sfida, preparando, senza ormai alcuna opposizione, il Congresso nazionale di Catania, che stiamo per celebrare.
Veniamo così alla cronaca, con un imperatore che si recherà in Sicilia con l’obiettivo, dichiarato senza remore, di ricevere dall’assise congressuale un nuovo imprimatur sulla sua funzione e primazia politica, attraverso il mandato ad operare per il riconoscimento del CNF all’interno della Costituzione Repubblicana. Grazie al totale controllo sul comitato organizzatore del Congresso, Mascherin è riuscito ad imporre questo tema come momento centrale dell’assemblea catanese, dando dei contentini al resto dell’avvocatura italiana, ma assicurandosi che tutti i suoi uomini abbiano ben chiari i veri obiettivi del XXXIV Congresso Nazionale Forense: in primo luogo l’ulteriore rafforzamento del CNF, che nelle intenzioni dell’imperatore deve essere il padrone assoluto dell’azione politica dell’avvocatura italiana, capace di imporsi come interlocutore supremo della politica nazionale; in secondo luogo, la blindatura dell’OCF, da affidare a persone di fiducia del monarca, che possano garantirgli un triennio privo di qualsiasi interferenza con la sua azione. Il primo obiettivo verrà quasi sicuramente ottenuto con una forma di acclamazione, dato che gli avvocati delegati al Congresso si lasceranno facilmente abbindolare dall’idea che lo scopo di Mascherin sia un riconoscimento dell’avvocatura e non un rafforzamento dello strapotere del CNF. Il secondo obiettivo verrà invece raggiunto grazie alla mozione statutaria n. 187, presentata dall’Avv. Malinconico, che cristallizzerà l’OCF, nel nefando assetto partorito due anni fa, consegnandone le redini, nelle vesti del coordinatore che succederà ad Antonio Rosa, umiliato e sconfitto da Mascherin e costretto a lasciare il suo ufficio, ad una persona che si cali alla perfezione nel ruolo di vassallo. Non sembra azzardato immaginare che colui che sostituirà Antonio Rosa sarà probabilmente un uomo già rassegnato, che potrebbe egregiamente prestarsi al ruolo di cerimoniere al servizio del re. Ciò che è certo è che non ci si potrà aspettare un OCF che nel prossimo mandato agisca per affermare il proprio primato politico. La sottomissione nei confronti del CNF è totale, mentre i pochi che hanno provato a sottrarsi ad un destino di cattività non riescono ad incidere in alcun modo sulle scelte dell’Organismo.
Questo è, in estrema sintesi, ciò che sta accadendo in questi giorni, al netto della fictio che si offrirà ai colleghi che parteciperanno all’assise catanese. Mascherin non sembra avere avversari. Non lo sono di certo le storiche associazioni forensi italiane, assolutamente disinteressate a fare opposizione a questa vicenda e prive di personalità in grado di costruire un’alternativa. Non lo siamo nemmeno noi, esponenti di piccole e neonate espressioni di resistenza associativa, che sembriamo condannati ad una marginalità assoluta, ancora troppo deboli, ingenui e disuniti per pensare di arginare l’autoritarismo al potere nell’avvocatura nostrana.
Concludo questa beve storia triste con una piccola nota personale: viste le premesse, immagino che a Catania Andrea Mascherin non avrà alcuna difficoltà nel suo duplice intento, riuscendo a riscuotere il plauso di una platea sostanzialmente ignara di quanto sta realmente accadendo. Ciò che però posso promettere al mio imperatore è questo: io non mi rassegnerò mai ad un’avvocatura italiana succube di un sistema ordinistico autoritario, dominato dalla mediocrazia, che non mette al centro della politica forense la libertà, il merito e la tutela delle fasce più deboli della nostra categoria. Continuerò dunque a combattere, per cancellare queste istituzioni forensi italiane e costruirne di nuove, in modo che possa finalmente sorgere in Italia una nuova avvocatura democratica. Per quel che mi riguarda, la guerra all’imperatore e al suo sistema non è affatto terminata e non lo sarà mai, fino a quando non avrò raggiunto l’obiettivo che mi sono prefissato quando l’ho cominciata, ben cinque anni fa.
Celebra dunque il tuo Congresso nuovo, o mio imperatore. Il fanciullo che da anni grida che sei nudo continuerà ad indicare le tue pudenda, e se pure il popolo fingerà di crederti, prima o poi sarà chiaro che non hai addosso un vestito dai fili d’oro, ma solo un abito trasparente, scialbo, ammantato di un insipido prestigio.
Avv. Salvatore Lucignano