Una delle più dolci ragioni del mio fallimento politico personale è la distanza dalla base di molti temi da me trattati in questi anni. Ho sempre fatto i conti con la mia incapacità di accettare le parole del coro e sono un uomo intellettualmente onesto: dico la verità, anche se scomoda.
Oggi l’avvocatura massificata che opera in Italia è un gigantesco contenitore di inefficienze, di caos, di azioni infruttuose, legate a filo doppio ad un sistema giurisdizionale che non genera soddisfazione, né in relazione ai diritti, né per quanto attiene agli interessi. Cambiare, mutare, adeguarsi, costruire una realtà diversa, prospera, proficua, doveva essere la mission operativa della politica forense e dell’Ordine Forense. Questa mission è stata brutalmente tradita dalle nostre istituzioni, che ci hanno relegato nella preistoria della professione.
Occupiamoci dunque di uno degli aspetti più importanti per il futuro dell’avvocatura: la pubblicità e la chiarezza nella comparazione tra prestazioni legali. Scriviamo qualcosa in merito e vediamo se funziona.
Che accadrebbe ai nostri onorari se sui siti comparativi come segugio.it o facile.it fosse possibile confrontare il numero di cause patrocinate in ogni ambito di cui ci occupiamo, la percentuale di successi riportata, il numero di controversi transatte e tutto quello che potrebbe servire a profilare la nostra attività, rendendoci più riconoscibili dal cliente?
Cosa accadrebbe se per una questione data, uno di questi siti chiedesse agli avvocati e agli studi affiliati a un tale motore di ricerca di sviluppare una bozza di preventivo, da inserire online? Probabilmente accadrebbe quanto si verifica in campo assicurativo, o nel settore alberghiero e dei trasporti aerei, con siti come booking.com o expedia.com. Ci sarebbero molti utenti che sceglierebbero il prezzo più basso, confrontando con un click le varie proposte. Immaginiamo un caso di scuola, relativo ad una procedura abbastanza semplificata, standardizzata, per quanto attiene al valore aggiunto portato dal legale: il decreto ingiuntivo.
Un ipotetico cliente che si approcci al motore di ricerca di avvocati economici, o efficienti, apre il suo sito, che ho chiamato www.findattorney.com ed inserisce nell’apposita casella il valore della somma da recuperare, la disponibilità ad anticipare spese e onorari della procedura, la richiesta di uno studio legale che abbia un certo numero di decreti ingiuntivi ottenuti nel Foro in cui si deve operare. Le varie finestre di opzione consentono al cliente di profilare e scegliere il suo avvocato tipo, quello che lui desidera, ed alla fine, dopo pochi secondi, con un semplice “invio”, sulla pagina del possibile cliente compaiono 30 studi legali, ciascuno con il suo numero di recensioni, come se fossimo su tripadvisor. Le recensioni indicano il gradimento di altri clienti e lo studio inserito nel motore dice al cliente quanti soldi vuole per procedere a quella ingiunzione, oltre a fornire informazioni sulla sua operatività pregressa.
Immaginiamo che il numero di procedure concluse vittoriosamente, l’ambito in cui si sono svolti i giudizi, il tasso di successo, diventino informazioni disponibili, facilmente ottenibili e riversate sul mercato dei servizi legali. Qualcuno crede che i cittadini sarebbero scontenti di ottenere questo tipo di informazioni? Credo proprio di no. Anche gli avvocati sono cittadini ed operano esattamente allo stesso modo, quando cercano un ristorante, o un volo per il week end romantico a Vienna, o vogliono capire in quale hotel potranno soggiornare con l’amante, per evoluzioni amorose, lunghe o brevi, a seconda delle possibilità di innocenti evasioni.
Il mondo forense ha ignorato per anni questa realtà della vita, fatta di una ricerca di informazioni, chiarezza, confronto e tentativo di risparmio. L’avvocatura italiana di massa ha continuato ad agire nella società internettiana come se ci trovassimo immersi ancora nel medioevo della rete, come se internet non fosse stato inventato. L’effetto combinato di questo rifiuto di guardare in faccia la realtà è che abbiamo ancora oggi un sistema di tariffazione, di parametri, di gestione delle nostre possibilità di concorrenza, nell’ambito della prestazione dei servizi legali che offriamo, che semplicemente, banalmente, non può reggere in un mercato che si muova secondo le più banali regole dell’efficienza.
Siamo avvocati inefficienti, sia perché il nostro abnorme numero ci rende schiavi del cliente, che ha tutte le possibilità di fare il prezzo, scegliendo e ricattando, rivolgendosi ormai a chi gli garantisce minori costi, sia perché noi avvocati ci rifiutiamo di vedere la verità: per molto lavoro che svolgiamo, il prezzo della nostra prestazione è l’unico fattore che conta, sia per il cliente, che per qualsiasi osservatore neutrale che voglia analizzare il campo di azione in cui operiamo. C’è un mare di attività a bassissimo valore aggiunto, attività standardizzate, ciclostilate, “formularizzate”, che l’avvocato compie di routine. L’avvocatura politica, impegnata esclusivamente nel saccheggio delle istituzioni e nell’antistorica difesa del sistema ordinistico, ha ignorato uno dei campi in cui avremmo dovuto innovare, per poter reggere al nuovo mondo: quello del fare. L’avvocato doveva diventare il soggetto capace di garantire e fare altro, doveva diventare il problem solver, riuscire a presentare al potenziale cliente un diverso e più complesso ambito di operatività, in grado di contrastare il dumping interno e valorizzare la propria figura.
L’inettitudine e la corruzione delle istituzioni forensi italiane ha missato in modo grossolano questo obiettivo. Abbiamo ignorato tutto ciò che si muoveva intorno a noi, provando a mantenere quelle formule di approccio al cliente e alla professione che fanno tanto “novecento”, ma non c’entrano davvero niente, un bel nulla, con la realtà che viviamo.
E intanto il mondo va avanti e chi può e chi sa… fa altro. Le grandi law firm investono sull’essere, prima ancora che sul fare. La capitalizzazione, l’ambito operativo, la pubblicità, la costruzione di ambienti di lavoro che ricalcano la vastità e la varietà di offerte che ha portato la grande distribuzione, nell’ambito dell’offerta di generi di consumo, a soppiantare le botteghe di prossimità.
L’avvocatura di massa è morta, non perché un genio del male abbia deciso così, ma perché il mondo è totalmente diverso da quello che ha consentito l’esplosione della bolla speculativa. Mi sono già occupato di segnalare i fattori che distorcono il funzionamento della giustizia, in ragione dell’ipertrofia legale presente in Italia. Allo stesso modo ho insistito, con grande nettezza, sulla correlazione tra il numero di avvocati e l’inevitabile picchiata dei loro redditi. Con la creazione dei portali di confronto tra strutture in grado di offrire una profilazione dettagliata del loro possibile operato e formulare offerte accattivanti, con una maggiore liberalizzazione della pubblicità comparativa, che consenta a chi è più forte e innovativo di farsi spazio nell’immaginario del cliente, la struttura produttiva dell’avvocatura massificata verrà completamente messa fuori gioco dall’evoluzione dei servizi legali.
Questi sono i fatti pregnanti, i veri temi che una politica forense fatta di persone colte e competenti dovrebbe affrontare, guidando il mostro verso la sua totale rifondazione, accompagnando i colleghi, con un percorso di verità, complessità, serietà e competenza. Io credo che il compito di ciascun avvocato che ami la propria condizione e voglia il bene dei suoi colleghi sia di dire la verità, di testimoniarla, di offrire un punto di vista diverso dalla retorica istituzionalizzata, anche se questi temi appaiono distanti, difficili da capire e non fruttano consenso. E’ esattamente quello che continuerò a fare nei prossimi anni, cercando di non far venir meno il mio contributo di idee. Credo e penso che questo voglia dire essere un avvocato a tutto tondo: non solo svolgere la professione, ma pensarla, analizzarla, osservarla, per immaginare un futuro migliore per noi tutti.
Avv. Salvatore Lucignano