Sto studiando il rapporto Censis sull’avvocatura 2018, che finalmente è stato pubblicato sul sito internet della Cassa Forense. Nei mesi scorsi, stufo di controllare l’uscita del rapporto Censis 2017, avevo abbandonato il controllo della sezione riguardante questo strumento di indagine. In queste ore ho fatto un’analisi sommaria del rapporto, ma presto pubblicherò uno studio più approfondito. La cosa che più mi ha sorpreso, oltre al mancato inserimento di domande che riguardassero il gradimento diretto verso le istituzioni forensi (che nel rapporto 2016 c’era e diede esiti disastrosi per il sistema istituzionale italiano), è che il CENSIS sembra aver perfettamente fotografato le analisi che NAD ha compiuto in questi anni.
Un dato può dare l’esatta ed immediata evidenza di quanto poco c’entri “l’avvocato in Costituzione” con il prestigio della professione. Il 76% degli avvocati italiani attribuisce la perdita di prestigio dell’avvocatura alla crisi reddituale. Un risultato imbarazzante per chi continua a cercare di minimizzare la questione, soprattutto se paragonato all’influsso, davvero scarso, che la formazione e l’aggiornamento sarebbero in grado di assumere per aumentare il fattore analizzato (7,3%).
La professione forense italiana appare massificata, squalificata, ma soprattutto impoverita, soprattutto al centro sud, in ragione del numero di avvocati, rapportati alla popolazione. Non è un caso che le due regioni con maggiore distribuzione di avvocati, la Calabria e la Campania, figurino agli ultimi posti nella classifica dei redditi pro capite.
Significativo anche lo scarso apprezzamento di quanto viene fatto per riequilibrare le sperequazioni reddituali:
Solo il 5,4 % degli intervistati accorda fiducia agli strumenti messi in campo dalle istituzioni forensi per riequilibrare un riconosciuto squilibrio a danno dei giovani, delle donne e degli avvocati del mezzogiorno d’Italia. In linea con quanto accertato dallo Statuto NAD, che fotografa la discriminazione in atto, anche il rapporto CENSIS conferma che i giovani e le donne sono fortemente penalizzati, all’interno dell’avvocatura italiana.
L’outlook negativo sulle prospettive professionali peraltro non è servito a far diminuire il numero di avvocati iscritti all’Ordine. Se è vero che il tasso di incremento del numero di iscritti è sceso, fino ad arrivare quasi ad invertire il trend, esso resta ancora positivo, come testimoniano in modo indiscutibile i numeri. In altri termini, nonostante qualcuno abbia tentato di dare informazioni distorte e sbagliate, in Italia gli avvocati, nonostante la crisi reddituale, continuano ad aumentare:
In uno studio che avevo pubblicato nei mesi scorsi, realizzato nel 2015 e che ripropongo dopo averlo più volte già fatto, analizzando i dati disponibili tre anni fa raccontavo quanto era già evidente a tutti: l’avvocatura del centro sud, quella giovanile, quella femminile e comunque legata alla bulimia dell’avvocatura di massa, con redditi da fame, a dispetto di un centro nord, maschio e tendenzialmente anziano, con redditi in tenuta. Le due Italie, o meglio, le varie Italie che compongono l’avvocatura del nostro paese, non sono affatto una novità, nonostante si cerchi di nascondere le condizioni disastrose in cui versano le fasce più deboli dei nostri colleghi.
Nello studio che ho riproposto, non mancavo di sottolineare una correlazione illustrata anche dal rapporto CENSIS 2018, quella tra andamento dei redditi e PIL nazionale.
Il grafico riportato dimostra che questa correlazione c’è, e che la distribuzione reddituale degli avvocati tende a muoversi seguendo quella del PIL italiano, discostandosene peraltro al ribasso, nella fase di trend che riguarda gli anni più recenti. In altri termini, dalla crisi del 2009 l’avvocatura ha è cresciuta sempre meno del paese, in termini di ricchezza prodotta.
Le conclusioni del rapporto CENSIS 2018 non lasciano spazio a nessuna edulcorazione della realtà. Vale la pena riportarle, nella loro feroce verità, per far comprendere ai colleghi che i racconti istituzionali, fatti di decoro, lustrini e show, non hanno niente a che vedere con il dramma che gli avvocati italiani stanno vivendo in questi anni.
Un bollettino di guerra. Costante contrazione dei redditi dei professionisti, con particolari picchi di negatività raggiunti per tre fasce di colleghi:
- giovani; 2. donne; 3. avvocati del meridione d’Italia.
Oltre il 62% degli avvocati italiani percepisce la situazione attuale come molto critica, denunciando una condizione di “resistenza” nell’ambito dell’esercizio professionale. La professione è poco attrattiva, impoverita, in crisi. E’ la crisi il vero protagonista dell’avvocatura di questi anni. Chi lo nega, chi non mette la crisi al primo posto dell’agenda politica, mente agli avvocati italiani.
Inserisco per confronto un precedente articolo che ho pubblicato, sullo stesso tema.
FOTOGRAFIA DEGLI AVVOCATI, TRA “SOPRAVVISSUTI” ALLA CRISI E PESSIMISTI
Avv. Salvatore Lucignano