Miguel stava tentando di convincere Isabel ad accompagnarlo per una delle loro passeggiate.
“Non posso proprio Miguel, venerdì prossimo ho l’esame di letteratura spagnola e devo studiare”.
“Si va bene, ma è tra una settimana, facciamo due passi alla Castellana, ti fa bene prendere un po’ d’aria, aiuta a studiare meglio, che dici?”
“No Miguel, niente da fare, ti ripeto, sono abbastanza indietro con Letteratura e poi devo anche cominciare a preparare la prova di inglese, proprio non posso, penso che fino a venerdì mi barricherò in casa”.
Isabel si sentiva incorruttibile. Sin da ragazzina aveva messo lo studio al primo posto e si stava impegnando al massimo per laurearsi presto e bene. Era comunque dotata di spirito e decise di provocarlo: “prova a chiamare Ines, lei sicuramente ci viene e non ti fa nemmeno problemi d’orario.”
Miguel restò spiazzato dall’allusione della ragazza, ne nacque un botta e risposta tra Isabel che era palesemente ironica e lui che invece rispondeva comunque seccato: “a me Ines non piace, perché devo passeggiare con lei?”
“Cosa c’entra? Perché passeggi con me?”
“Perché siamo amici!”
“Ma non hai sempre detto che per te vale la teoria di quel film americano di cui non ricordo il nome, come si chiama?”
“Harry ti presento Sally”
“Ecco, appunto, non hai detto che per te vale il discorso di quel film che uomini e donne non possono mai essere solo amici?”
“Si va bene, ma che c’entra, quello è un film, insomma andiamo a passeggiare assieme o no?”
“No, non posso, chiama Ines, lei sicuramente ci viene”, continuò lei, soffocando una risata ma continuando a stuzzicare Miguel per divertirsi alle sue reazioni stizzite.
“Non la chiamo Ines, non mi piace”
“Non ti piace? Ma se in facoltà mi hai detto che la trovi bella?”
“Si, è bella ma a me non piace, ho capito subito che tipo è”
“Ah si? E come sarebbe?”
Miguel cercò una definizione che potesse dare il senso di ciò che intendeva e non dovette sforzarsi troppo per trovarla: “te l’ho detto, molto fumo, pochissimo arrosto. Allora hai deciso? Non vieni?”
“Ti ho detto che non posso, sai che quando posso vengo volentieri a passeggiare con te”, Isabel guardò l’orologio colorato in alto sulla sua stanza e pensò che doveva darsi da fare con lo studio.
“Piuttosto, sai che a me piace molto passeggiare la sera con te ma quando usciamo finiamo sempre alla Castellana, non sarebbe male variare ogni tanto, Malasana, la Chueca, Lavapiés …”
“Ci vivo a Lavapiés, mi piace la Castellana, è moderna, mi ricorda la California, con tutti quei grattacieli”
“Guarda che in California non ci sono grattacieli”
“Ma che dici? L’America ha grattacieli ovunque, lo sanno tutti”
“Ovunque forse ma in California sicuramente no. E’ zona sismica, ne avrai sentito parlare no?”
Isabel aveva cominciato a ridere apertamente. Miguel aveva sperato invano che lei fosse disposta ad accompagnarlo, così come avveniva di solito, ma evidentemente quella sera non sarebbe riuscito a distoglierla dallo studio. Smise di camminare nervosamente nella sua stanza e si gettò sul letto, osservando dalla finestra le insegne del palazzo di fronte.
“Non fare la professoressa”, le disse, rialzandosi subito in piedi. Continuava a parlare, aprì la finestra e si mise ad osservare i passanti, giù da basso.
“ E tu non dire sciocchezze”
“Allora, nemmeno un paio d’ore?”
“No, ti ho detto che non posso. Ora fammi studiare, ci vediamo lunedì in facoltà, ok? Io questo fine settimana non esco, mi concentro, tu divertiti”.
Quando Isabel diceva di dover studiare finiva sempre che non ci fosse modo di dissuaderla. Lei era fatta così, il senso del dovere ce l’aveva nel sangue. Miguel provò ad aprire un libro ma non gli andava di restare in casa. Dalla finestra ancora aperta sentiva voci allegre e la determinazione di Isabel nello studio non lo aveva affatto contagiato.
Richiuse il libro e pensò che forse Ramon poteva essere libero, allora provò a telefonargli.
“Ramon, che cavolo stai facendo, usciamo? Facciamo due passi, arriviamo allo stadio e torniamo, che dici?”
“Non se ne parla, sto studiando analisi matematica, te lo sei dimenticato?”
Anche Ramon. Era quasi come se quella sera la sua voglia di gironzolare fosse una colpa solitaria, un reato per cui non riusciva a trovare complici. Riprese a camminare rapidamente, tra il letto e la scrivania, sembrava una fiera costretta in gabbia.
“Si va bene ma è incredibile, tutti a studiare stasera?”
Ramon era un suo amico d’infanzia, erano per certi versi complementari. Miguel era alto, attraente, l’altro era tarchiato, chiacchierone, quando erano insieme sembravano una rivisitazione moderna della coppia più famosa di Spagna, Don Chisciotte e Sancio Panza.
“Io si, studio, ma poi non capisco, chi sarebbero questi tutti? Non sono la tua prima scelta?”
“Piantala”
“Ti piacerebbe, confessa”
“Veramente no. Ho telefonato ad Isabel ma non può venire. Dice che fino a venerdì deve preparare letteratura spagnola e che non si muove di casa fino a quando non avrà fatto l’esame. Una lagna”, disse Miguel, ancora indispettito per il rifiuto dell’amica e più ancora, imbronciato perché sapeva che Isabel aveva fatto ciò che era giusto.
“Ma perché dici così, Isabel è molto simpatica invece”, rispose Ramon, che per Isabel provava una certa attrazione. Ramon, a differenza di Miguel, non aveva molto successo con le ragazze. Miguel spesso lo prendeva in giro quando uscivano insieme, dicendogli che sembrava proprio uno studente di ingegneria, tutto numeri ed equazioni.
“Non si capisce mai chi o cosa ti piace, anzi, sembra quasi che non ti piaccia nessuna. A proposito, ma che hai combinato poi con quella del corso di spagnolo? Ci sei uscito?”, chiese Ramon, passando da un argomento all’altro con sospetta rapidità.
Ines aveva colpito subito entrambi per il suo aspetto e Ramon aveva provato invano ad ottenere un appuntamento ma lei gli aveva fatto capire che era Miguel ad attrarre il suo interesse. Miguel lo sapeva ma aveva comunque deciso di essere sincero con l’amico e non nascondergli la verità, nonostante intuisse che Ramon non ne sarebbe stato contento. Rispose quindi di si alla sua domanda, cercando però di assumere un tono distaccato, come se si trattasse di una circostanza di poca importanza.
Ramon, che era effettivamente invidioso, a quella risposta dovette ricacciare a fatica la sensazione di fastidio che avvertiva pensando che Ines era uscita con Miguel.
“E allora, parla, racconta, com’è andata, vi rivedrete, ti piace, che è successo? E’ bellissima, non ti sembra?” Le parole gli erano uscite tutte d’un fiato, dopo quel primo momento di silenzio indispettito.
“Ci sono uscito solo una volta ma non mi interessa”, rispose Miguel, cercando di dimostrare all’amico che Ines non fosse per lui una ragazza davvero importante.
“Ma come sarebbe a dire non ti interessa?”
“Insomma vieni a fare due passi si o no?”
“No, chiedi piuttosto a tuo padre se mi da una mano con Analisi Matematica che non ci capisco niente”, disse Ramon, profondamente deluso.
“Che l’hai scelta a fare allora, ingegneria?”, gli rinfacciò Miguel.
“Perché mi piace l’ingegneria”
“E non capisci la matematica”
“Ma tu cosa ne vuoi capire di matematica? Allora Don Pedro potrebbe aiutarmi?”
“Non te lo potresti permettere, lo sai, come professore privato”
“E tu che amico sei? Fammi fare lo sconto”
“Esco, faccio due passi, ciao”
“Ciao, ci vediamo domani, andiamo a ballare al Kapital?”, disse Ramon, confidando nella compagnia dell’amico come appoggio.
“Non lo so, vediamo domani, ciao”, tagliò netto Miguel.