E’ un bellissimo modo di dire. Il senso è che ciò che non si vede è a disposizione di qualsiasi narrazione. Dove non giunga la prova documentata siamo tutti onesti, attivi, buoni e belli. Poi però arriva la luce, ed allora vengono fuori i nostri veri colori: distanti, pigri, pavidi o solo opportunisti.
E’ una storia antichissima, che indagava sulle uova e le galline e che ancora oggi si trascina, nonostante un oggetto apparentemente illuminato. Nell’avvocatura italiana è spesso così: ci si chiede perché non si facciano alcune cose, perché le azioni, che pure da più parti verrebbero ritenute doverose, non vengano intraprese. Quando però si prova a rivolgersi al singolo individuo, chiedendogli come mai non faccia parte di quelle masse che, a suo dire, dovrebbero cambiare il mondo, spesso ci si imbatte nella notte nera: non posso, non ho tempo, magari avessi la vostra passione, se non fossi così oberato, è un periodaccio, prometto di valutare, è tutto inutile, sono disilluso, ho già dato, non ci credo, non ne capisco, et similia.
La notte nera, con la sua invalicabile barriera, elimina la responsabilità personale, spegne ogni tentativo di confrontarsi nel regno del visibile, e rende tutto nero.