NAD E GLI INDIFFERENTI

28 Marzo, 2018 | Autore : |
 
Di noi dicono tante cose, dicono che siamo cattivi, che siamo “divisivi”, che rompiamo l’unità dell’avvocatura. Vi hanno fatto sempre questo, vi hanno lasciato credere che sono uguali a voi, che vi vogliono bene, che le briciole e le carezze che vi lanciano, dalle loro tavole imbandite, siano il segno del profondo amore che hanno per voi tutti. Ieri discorrevo con due colleghi di Taranto, raccontandogli cosa è NAD. Conversavamo dei 90 mila euro all’anno che il Padrino ed il Padrone dell’avvocatura italiana, tale Mascherin Andrea, ha deciso di regalarsi, per remunerare la sua attività professionale di Padrino e Padrone dell’avvocatura italiana. Chiedevo ai colleghi se a loro 90 mila euro all’anno non facessero comodo. Mi hanno risposto di si, che a loro farebbero comodo. Anche a me farebbero molto comodo.
 
Ho richiesto un’indennità per il mio ruolo di delegato permanente al Congresso Nazionale Forense. In due anni ho studiato più documenti io, che tutti i componenti del Consiglio Nazionale Forense messi assieme. Ho scritto più io che tutti loro messi insieme. Ho fatto più battaglie di tutti loro messi insieme. Ho chiesto un euro a testa, per ciascun avvocato italiano. Un misero euro. Sono certo che voi tutti vogliate e possiate donarmi un euro, per costruire la mia indennità di funzione.
 
Non riesco a capire per quale ragione il mio lavoro non debba essere remunerato. Sono delegato permanente, studio, scrivo, faccio attività politica all’interno dell’avvocatura italiana. Perché non dovrei ricevere alcuna indennità? Perché solo il Padrino si e io no? Perché un euro a testa sconvolge i piani degli avvocati italiani?
Io quella indennità non posso averla. Non sono Padrino e Padrone dei vostri soldi, non mi è concesso remunerare a piacimento il mio impegno, il tempo che sottraggo a mia moglie, a mia figlia, al mio lavoro, per lo studio dei documenti che fanno di me un avvocato attento a ciò che avviene attorno, all’interno ed all’esterno della professione forense.
Non potrò godere di quei 240 mila euro all’anno che rappresentano una vera MISERIA, una somma insignificante per ciascun iscritto all’Ordine Forense ed ancora non mi capacito perché il Consiglio Nazionale Forense, a cui ho rivolto la mia istanza, per il tramite del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli, non l’abbia presa in considerazione. Non capisco: perché il Padrino si e io no? Lavoro più di lui per gli avvocati italiani, scrivo e documento la mia attività più di lui, sono più intelligente di lui, più colto di lui, ho più voti di lui, ho all’attivo centinaia di atti che testimoniano il mio lavoro ed il mio impegno. Lui? Lui quanti ne ha?
IO E LVI 
LVI ne ha di meno. LVI però ha i soldi, tiene la borsa in mano, e nel 2015 si è fatto uno stipendio. Un bellissimo stipendio. 90 mila euro all’anno. Sono tanti, mi farebbero davvero comodo. Potrei persino sommarli al mio reddito, diventerei ricco, comprerei vini pregiati, macchina nuova, dei bei vestiti, un orologio importante.
Perché, cari colleghi, non capite quanto sia devastante questo arbitrio per la nostra categoria? Perché non comprendete che quell’abuso, quella capacità di fare per se stessi ciò che la propria volontà autonomamente desidera, è la morte di qualsiasi spirito di “colleganza?” Perché non vi ribellate? Perché accettate supinamente di essere trattati da inferiori, quando il potere, che in questo caso è costituito da vostri colleghi, da persone uguali, identiche a voi, approfitta di voi?
Perché i Presidenti degli Ordini circondariali che fanno tanto, nell’assolvimento del proprio ruolo, non si ribellano a questa disparità? Perché il tema dell’arricchimento di pochi, all’interno dell’avvocatura, a discapito dei tanti che continuano ad impoverirsi, e non hanno la politica forense professionale come stampella, ancora di salvataggio, non viene affrontato? Chi decide chi può e chi non può arricchirsi? Voi che non avete questa possibilità di scelta, il cui impegno associativo o istituzionale in favore della nostra professione costa sacrifici e rinunce, anche economiche, professionali, familiari, perché siete disposti a comportarvi da sudditi?
Come può un avvocato, nel 2018, accettare di non essere un individuo con pari diritti rispetto a chi si arroga la facoltà di arricchire se stesso? Perché non vi indignate? Perché restate indifferenti? Perché avallate le fandonie di chi dice che siamo tutti uguali? Perché accettate di farvi dire che siamo tutti amici?
Non è vero. Non siamo tutti uguali. Non siamo tutti amici. Una politica degna di tal nome è fatta di schieramenti, di scelte, di partigiani, di soggetti che rivendicano la propria appartenenza, che non rinunciano a combattere per le cose in cui credono, che non si piegano ai desiderata di pochi, al silente ed indifferente atteggiamento di molti.
NAD non accetterà mai di essere indifferente. Non avallerà mai la logica dell’assenza di schieramenti interni all’avvocatura, non si piegherà al tentativo di annullare la storia, le differenze.
NAD non rinuncerà mai a chiedere conto delle responsabilità per ciò che accade all’avvocatura e agli avvocati italiani. Non ci interessa nasconderci nell’indifferenza, non siamo tutte arance e non consentiremo agli imbucati di nascondersi tra le arance.
NAD sceglie, lotta, combatte, denuncia, si schiera. NAD agisce, documenta, ricorda, urla, con la fierezza di chi non ci sta a fare della melassa la cifra di un’anima senza colori, senza dignità.
NAD odia gli indifferenti.
Avv. Salvatore Lucignano

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