E’ un altro dei temi scomodi che mi ha fruttato la condanna all’espulsione dal sistema (cit. Nunzio Luciano, Presidente pro tempore della Cassa del Mezzogiorno Forense ai Forensi), su cui mi piace ancora una volta ritornare, perché esprime un altro dei temi centrali dell’azione di NAD, utile a mostrare all’avvocatura italiana e al paese l’unicità della nostra associazione forense, nel panorama di una Cosa Nostra istituzionalizzata che mira in tutti i modi a “farci fuori”. Il nostro sito internet ha già illustrato la proposta di costruire un interassociativo “regolare” e regolato che, almeno a Napoli, consenta di uscire dalla giungla delle associazioni di cartone, mettendo ordine in un settore che ad oggi contribuisce in modo determinante alla corruzione dell’Ordine Forense.
L’agenda politica del Consiglio dell’Ordine di Napoli non ha ancora visto una discussione su questo tema, ma NAD non rinuncerà a proporlo, perché siamo convinti che si tratti di un altro problema che contribuisce, in modo determinante, a squalificare l’avvocatura italiana, a renderla ridicola agli occhi dei cittadini e degli operatori di diritto, oltre a contribuire ad incrementare la corruzione politica dell’Ordine Forense.
Il ruolo delle associazioni forensi italiane è sempre stato paragonabile a quello dei sindacati definiti “rappresentativi” dalle istituzioni politiche di questo paese. Così come i sindacati hanno vissuto per anni in un limbo normativo, anche le associazioni forensi hanno potuto godere di attribuzioni “di comodo”, di patenti di “maggiore rappresentatività”, utili ad ottenere un’interlocuzione privilegiata con la politica e le istituzioni forensi, ed utile pertanto a mantenere in vita un potere spesso del tutto avulso dalla reale rappresentatività degli avvocati.
Le proposte che potrebbero servire ad impedire che il mercimonio del riconoscimento di maggiore rappresentatività continui ad essere portato avanti, dal Consiglio Nazionale Forense e dagli altri gangli del regime dell’istituzionalizzazione forense, sono di facili attuazione, di buon senso e pertanto è molto probabile che la Cosa Nostra Forense italiana non le prenda in considerazione. Ciò però non può rappresentare un ostacolo alla nostra battaglia, perché è ormai evidente che un dibattito politico libero e democratico all’interno dell’avvocatura italiana non possa prescindere da un rigoroso accertamento della effettiva rappresentatività di certe posizioni.
Se dunque proviamo a non partire dal regolamento attualmente vigente, per quanto attiene ai criteri di riconoscimento della “maggiore rappresentatività” delle associazioni forensi nazionali, ma proviamo a costruire un insieme di regole, finalmente oneste, limpide e trasparenti, possiamo ipotizzare uno scenario politico che finalmente consenta di superare la frammentazione, l’irrilevanza e l’incapacità politica degli avvocati italiani. Dare regole certe, che trasformino le associazioni forensi in luoghi di seria elaborazione, politica e culturale, valorizzando al contempo le regole della democrazia partecipativa, dovrebbe essere una delle funzioni più alte dell’Ordine Forense.
Non è dunque un caso che l’Ordine Forense italiano, corrotto e contrario a qualsiasi decoro, non abbia mai voluto assumere un ruolo positivo in questo ambito.
Attualmente il sito internet del Consiglio Nazionale Forense riporta un elenco di associazioni che risponderebbero ai criteri dettati dal regolamento del 16 luglio 2014 n. 4, che si occupa di dettare i requisiti per l’ottenimento del titolo di associazione forense nazionale “maggiormente rappresentativa”.
associazioni forensi maggiormente rappresentative (secondo il Consiglio Nazionale Forense)
Tali associazioni devono dunque essere in regola con i requisiti dettati dal regolamento n. 4, emanato dal Consiglio Nazionale Forense e di cui di seguito si allega il link, per la possibile consultazione.
Il regolamento, come è possibile riscontrare, è del tutto carente degli standard minimi di accettabilità, sotto il profilo democratico. Pertanto, di seguito, offriamo alcuni criteri che potranno fare da base ad un nuovo regolamento in materia di riconoscimento associativo, tale da valorizzare finalmente il ruolo delle associazioni forensi italiane e far fare un passo all’avvocatura in direzione della dignità.
1. Irrilevanza dell’età dell’associazione ai fini del suo riconoscimento.
Rappresenterebbe un requisito quasi scontato, in un’avvocatura democratica e pertanto non deve sorprendere che attualmente venga richiesto che un’associazione possa essere ritenuta “maggiormente rappresentativa” solo se abbia almeno due anni di vita al momento della domanda. E’ un criterio assurdo, insensato. Se un’associazione riuscisse ad ottenere il consenso di migliaia di avvocati già dopo pochi mesi e volesse dirsi “maggiormente rappresentativa” in seno alla nostra categoria, stando alle regole attuali non potrebbe farlo, perché dovrebbe avere almeno due anni di vita.
Una proposta ragionevole è dunque di abolire ogni limite di età per la valutazione della rappresentatività dell’associazione.
2. Riconoscimento dell’incompatibilità tra iscritti a diverse associazioni.
E’ un altro vulnus evidente del regolamento attualmente in vigore. Gli iscritti alle associazioni, conteggiati ai fini del raggiungimento del numero minimo richiesto perché ad esse sia data la patente di “maggiore rappresentatività”, possono anche essere iscritti a più associazioni. Paradossalmente l’attuale disciplina del CNF consentirebbe ad iscritti a varie associazioni, anche maggiormente rappresentative, di essere conteggiati nel novero delle une e delle altre, senza prevedere che ciascun iscritto possa concorrere al riconoscimento della rappresentatività di una sola associazione.
Una proposta ragionevole è dunque che ogni iscritto ad un’associazione maggiormente rappresentativa possa risultare conteggiato solo qualora non risulti iscritto ad altre associazioni riconosciute dall’Ordine Forense.
3. Obbligo di considerare solo gli avvocati iscritti ai fini del riconoscimento dell’associazione.
Il regolamento vigente parla di “iscritti” e non di avvocati. E’ un’altro capolavoro dell’Ordine Forense e del Consiglio Nazionale Forense, la cui sciatteria ed incapacità nell’elaborazione di regolamenti, norme e documenti è oramai diventata leggendaria, ma è una ferita che andrebbe assolutamente sanata, imponendo alle associazioni forensi che vogliano dirsi rappresentative degli avvocati, di considerare, ai fini del loro riconoscimento in ambito forense, solo gli iscritti all’Ordine degli avvocati. NAD non è affatto contraria ad associazioni forensi aperte ai tirocinanti ed ai giuristi, ma siamo assolutamente convinti che solo il numero di avvocati iscritti, che non risultino iscritti contemporaneamente a più associazioni riconosciute dall’Ordine Forense, possa essere considerato ai fini della rappresentatività dell’associazione.
Una proposta ragionevole è che venga considerato, ai fini del riconoscimento della rappresentatività, solo il numero di iscritti che appartengano all’Ordine Forense, risultando iscritti come avvocati.
4. Obbligo di trasparenza.
Attualmente le associazioni riconosciute dall’Ordine Forense non hanno alcun obbligo di trasparenza. Non è imposta la pubblicazione di un elenco dei soci, per poter verificare da chi siano composte tali associazioni, né è prevista la pubblicazione obbligatoria del bilancio associativo, al fine di valutare che non vi siano commistioni e conflitti di interesse tra Ordine Forense ed associazione. Non è prevista nemmeno la presenza obbligatoria di un sito internet, lasciando l’associazione nel più arbitrario anonimato. Tutto ciò è inaccettabile. NAD fa della trasparenza un mantra irrinunciabile. E’ vergognoso che l’Ordine Forense non preveda alcun obbligo di tal genere per il riconoscimento di soggetti associativi che facciano riferimento agli avvocati.
Una proposta ragionevole è che il regolamento per il riconoscimento della rappresentatività nazionale contenga uno specifico articolo destinato alla trasparenza, che obblighi le associazioni che intendono essere riconosciute a:
- possedere un sito internet che pubblichi le informazioni richieste dall’Ordine Forense;
- pubblicare sul sito dell’associazione sia i propri bilanci, per l’anno corrente e per gli esercizi precedenti, risalenti fino a tre anni, laddove l’associazione vanti una tale durata, o risalenti al momento fondativo dell’associazione, se successivo;
- pubblicare sul sito dell’associazione l’elenco dei soci iscritti, aggiornato almeno con cadenza annuale, con specifica evidenza dei soci appartenenti all’Ordine Forense.
5. Limitare la verifica dei requisiti oggettivi ed operativi.
Le uniche verifiche che l’Ordine Forense dovrebbe compiere per concedere riconoscimenti di rappresentatività attengono alla natura democratica dell’associazione, da valutare in concreto, attraverso rigorose verifiche sulla effettiva contendibilità delle cariche interne, ed alla natura apartitica ed apolitica dell’associazione. Ogni altro riferimento all’attività statutaria dell’associazione dovrebbe essere lasciato all’autonomia degli iscritti all’associazione stessa.
Una proposta ragionevole è che l’Ordine Forense, in merito agli scopi statutari ed alle caratteristiche dell’associazione che voglia il riconoscimento, si limiti ad accertare la sussistenza di due soli requisiti:
- natura apolitica ed apartitica dell’associazione;
- effettiva contendibilità delle cariche associative e natura democratica dell’ordinamento associativo.
I cinque requisiti proposti, laddove adottati, porterebbero a rivoluzionare il mondo dell’associazionismo forense italiano, oggi totalmente opaco, dominato da logiche clientelari e corruttive notorie, seppure coperte dall’Ordine Forense. NAD continuerà a battersi perché, sia a livello locale, che nazionale, l’associazionismo forense si rinnovi, portando finalmente giustizia, indipendenza, trasparenza, in un settore della nostra vita professionale che oggi concorre a gettare sull’avvocatura italiana una luce davvero sinistra.
Avv. Salvatore Lucignano