E’ cominciata: si tratta della lunga campagna di avvicinamento che porterà i Consiglieri dell’Ordine in carica a tentare di accaparrarsi altri nove anni di sacrificio. Come per tutti i martiri, la volontà di sacrificarsi, tra i Consiglieri italiani, è sorretta da una volontà ferrea e da motivazioni quasi mistiche: il seduto non ne vuole sapere di alzarsi, lotta con le unghie e con i denti per rimanere martire a vita, vuole morire in poltrona, essere seppellito in posizione assisa.
Nel corso degli ultimi lustri i Consigli dell’Ordine degli avvocati sono divenuti un esempio paradigmatico della mediocrazia imperante in Italia. I Consiglieri, i Presidenti, sono stati totalmente inutili nell’affrontare il declino della professione forense, anzi… ne sono stati in larga parte responsabili, eppure il bilancio sulla propria utilità e capacità rappresentativa viene sistematicamente snobbato. Al contrario, si prova a rimanere in trono fino alla fine dei propri giorni, incuranti del discredito, dell’astio maturato tra i rappresentati, del disagio profondo che vive una categoria morente.
Il passato, il rendiconto, l’analisi di quanto fatto ovvero ottenuto, sono i grandi assenti dal dibattito autoreferenziale che l’istituzione “Consiglio”, ecumenica e accogliente, propone ai propri oppositori di parte, brutti e cattivi.
Le elezioni si porteranno dietro una smania, una frenesia da cibo, che vedrà i Consiglieri uscenti dibattersi come squali, impazziti, pronti a tutto pur di ottenere una sola cosa: la riconferma del proprio ruolo sacrificato.
La vita per questi martiri è una recita, un palcosceMico: occorre morire sulle tavole del palco.
SUDARIO.
Ismael Cantor