5 Giugno, 2017 | Autore : Salvatore Lucignano |
Lo studio del presente articolo darà diritto ad un credito formativo in materia non obbligatoria.
Basterebbe rivolgere una sola domanda a tutti i partecipanti agli innumerevoli “eventi” che costellano la vita degli avvocati italiani: quanto vi hanno fatto guadagnare in più tali “eventi”?
Se davvero provassimo a darci risposte serie, il risultato probabilmente sarebbe tragico e sbugiarderebbe il concetto di formazione obbligatoria permanente, mostrandolo per ciò che realmente è: uno strumento di vessazione infracategoriale, generazionale, castale, che serve allo stesso tempo a fornire utilità politiche ed economiche, mediate e dirette, a chi fa parte del “sistema formativo” ordinistico.
NAD ha affrontato spesso questo problema: il rapporto tra valori e valore, ovvero tra valori morali, professionali, umani e benessere dell’avvocato. Un rapporto che non può più essere considerato in modo ipocrita, non può più fungere da convitato di pietra, allorquando un’avvocatura che voglia essere davvero forte ed autorevole, si debba chiedere cosa fare e come fare per offrire ai propri appartenenti gli strumenti cognitivi e culturali per aumentare il proprio reddito.
Totò avrebbe detto: “e qui casca l’asino”. Si, perché la formazione professionale, qualora fosse davvero qualificata e qualificante, dovrebbe tradursi in migliori strumenti operativi, maggiori capacità, ma qual è l’elemento che può misurare questo accresciuto bagaglio culturale? I crediti formativi? Davvero? Davvero qualcuno ha il coraggio di sostenere una simile bestialità? Non scherziamo, suvvia.
Ecco che allora continuiamo ad essere bombardati di eventi e convegni, ogni giorno. Un numero spropositato di “eventi”, una bulimia che serve a mascherare un dato amaro e tragico: nessuno di questi “eventi” lascia alcuna traccia di sé. Anche la costruzione degli eventi e dei convegni massificati fa parte del “decoro” della professione, quel decoro che va ucciso e distrutto, se vogliamo che l’avvocatura si salvi dall’incubo culturale che sta vivendo.
La formazione di qualità è difficilissima da fare. Una formazione affidata a migliaia di incontri, eventi, convegni, che ogni anno affollano i “palinsesti” dell’avvocatura, ha l’effetto di annullare il valore di tutti questi “happening”.
E’ la massificazione dell’offerta formativa, che garantisce a tutti il presenzialismo necessario per acquisire visibilità e ritorno “politico”, ma che non aggiunge assolutamente niente alla formazione professionale.
NAD aderisce in pieno alla richiesta, che proviene da più parti dell’avvocatura italiana, di avere una formazione “di qualità”. Il problema di una formazione affidata alla presunta gratuità delle prestazioni di chi se ne occupa consiste nel valore aggiunto di tale formazione.
Il problema del “valore” in regime di concorrenza è totalmente ignorato dalla retorica della formazione “discount” a cui gli avvocati italiani sono sottoposti. All’avvocato non viene insegnato come aumentare il valore della propria attività. Le finalità dei convegni, degli incontri, degli “eventi”, non c’entrano nulla con il valore.
Allo stesso tempo, disprezzando ogni principio basilare dell’economia, si finge un buonismo formativo che fa a pugni con il senso comune.
IL DECORO IPOCRITA
Proviamo a fare una riflessione. Poniamo il caso che io sia un avvocato ricco e di successo, che riesce a sconfiggere la concorrenza dei miei colleghi, adottando strategie economiche dominanti. Per quale ragione io dovrei formare gratuitamente i miei concorrenti, insegnandogli le tecniche, offrendogli gli strumenti, per annullare il mio vantaggio competitivo?
Queste sono domande che gli avvocati “decorosi” non si fanno mai, quando partecipano ai “convegni” del sistema, eppure non ci vuole una particolare intelligenza per capire che chi ha dei vantaggi competitivi, in un sistema “sano”, ovvero competitivo, difficilmente li regala ai propri comptetitors. Già questo dovrebbe far comprendere come la stragrande maggioranza degli eventi formativi che vedono protagonisti avvocati, che parlano agli avvocati, difficilmente gli potranno fornire elementi spendibili sul piano della propria organizzazione strutturale e professionale. Quasi tutti gli eventi formativi dell’avvocatura sono infatti delle mere analisi di normative, che un professionista capace non dovrebbe avere alcuna difficoltà a studiare da solo.
Per vincere le sfide della competizione professionale non serve la formazione discount, a valore aggiunto inesistente, ma occorre imparare come generare valore dalla propria attività di avvocato. Questo non si impara con i crediti formativi, ma con le strategie operative dominanti, che non sono certo regalate al discount della bulimica, mirabolante, decorosa ed inutile “formazione obbligatoria”.
Avv. Salvatore Lucignano