L’Ordine Forense ha trasformato l’esame di ammissione all’avvocatura in una gigantesca farsa. Come spesso accade, le farse si sono tramutate in tragedie. Oggi la moratoria ai nuovi accessi alla professione forense sarebbe non solo utilissima, ma anche doverosa, nonché pienamente legittima. Il messaggio che si dovrebbe lanciare ai cittadini è che diventare avvocato non è un diritto, ma un onere.
Per anni l’Ordine Forense ha agito come una S.p.A. mafiosa nella gestione della pressione che gli studenti in giurisprudenza esercitavano sulla nostra professione. Non c’è da meravigliarsi che ciò sia accaduto. Le istituzioni forensi, nell’arco della nostra intera storia repubblicana, sono state quasi sempre incarnate dagli avvocati di serie B, i reietti, coloro che non riuscivano nella professione o nella politica. Il risultato di questa mediocrità, umana, morale e culturale, è che l’Ordine Forense non ha minimamente governato il fenomeno della “bolla” speculativa che è stata l’avvocatura di massa in Italia, ma lo ha favorito.
Per decenni, a partire dai primi anni 80, gli avvocati in Italia si sono moltiplicati, attirati quasi unicamente dalla possibilità di fare truffe e montagne di denaro utilizzando il titolo di avvocato. Ovviamente questo non fa scandalo, nessuno ha mai subito un solo procedimento disciplinare per tutte le truffe organizzate negli anni 80, quando l’industria dell’avvocatura illegale prosperava, si facevano milioni e tutti erano felici e contenti.
Ecco che così, dalla metà degli anni 80, il numero degli avvocati italiani è quintuplicato. Siamo diventati tutti cavalieri, o tutte arance, come ho scritto in passato, riferendomi al piccolo pezzetto di cacca che fa naufragio con un carico di arance, ed osservando i pomi che galleggiano sulla superficie dell’oceano, esclama: “però… qui siamo tutte arance”.
E’ così che dunque venne Catanzaro, la corruzione, gente che è diventata avvocato, decine di migliaia di disperati, pur avendo una cultura approssimativa. Le istituzioni forensi? Zitte, gaudenti e complici. Contributi, manovalanza da sfruttare, signorine avvenenti da concupire, l’avvocatura è diventata tutto meno che “Ordine”. Oggi gli avvocati italiani non sono affatto un “Ordine”, non sono una elite, ma sono una pletora di morti di fame, che vivono di sotterfugi, di compromessi, di piccole truffe, di continua ricerca del modo di portare a casa la pagnotta.
E l’Ordine Forense? Loro parlano di decoro, di valori dell’avvocatura, di gesta cavalleresche. Tutta propaganda di regime. L’avvocatura italiana è una massa informe di bande armate, avventurieri, cercatori d’oro, ciambellani, servi sciocchi, nani, concubine, ballerine, portaborse. Siamo un circo, triste e morente, siamo pagliacci che recitano il ruolo di cavalieri, ma in realtà siamo solo dei patetici furfanti.
Avv. Salvatore Lucignano