MEMORIA A SEGUITO DI ESPOSTO DISCIPLINARE

22 Maggio, 2017 | Autore : |

 

 

In data 17 maggio 2017 mi veniva recapitato a mezzo PEC esposto disciplinare mosso a mio carico dal Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Napoli, a seguito di delibera assembleare del 9 marzo 2017. Venivo invitato a produrre memoria per rispondere ai miei addebiti, da inviare ESCLUSIVAMENTE  al Consiglio distrettuale di disciplina competente a giudicarmi. Ebbene, in data 22 maggio 2017 decido di adempiere a questo tedioso compito, ben consapevole della portata surreale della vicenda. Ecco le mie difese, se tali si possono definire.

– Come detto dal Presidente Rossi, dal 27 gennaio 2017, io… non certo lui o altri augusti consiglieri dell’Ordine di Napoli,  ho cominciato a manifestare, presso il Palazzo di Giustizia di Napoli,con un presidio permanente, h 24, condotto in alternanza con altri colleghi di Nuova Avvocatura Democratica, associazione di cui sono segretario nazionale e che attualmente conta circa 340 avvocati iscritti.

Tale presidio, condito da digiuni, attività di militanza politica, proselitismo, era mosso da una semplice, quanto amara constatazione: mentre le istituzioni forensi italiane si ingrassano con i soldi degli avvocati, imponendo loro delle vergognose e farsesche vessazioni, quali la pagliacciata illegale dei cosiddetti “crediti formativi”, gli avvocati italiani, a decine di migliaia, sono sull’orlo dell’estinzione. La nostra manifestazione si chiamava, proprio per questo “digiunare per sensibilizzare” ed ha portato il sottoscritto ed altri due colleghi al pronto soccorso, per via degli effetti del digiuno, dello stress e della fatica, durante quella sfibrante attività di protesta.

Ebbene, nonostante avessimo informato per tempo il Consiglio dell’Ordine di Napoli della volontà di intraprendere la nostra manifestazione estrema, dal Consiglio arrivarono, anche all’indirizzo del sottoscritto, unicamente sorrisini ebeti e battutine salaci, che ignoravano la gravità dei temi trattati ed irridevano la possibilità che noi manifestassimo in modo così cruento.

Non fummo creduti, ma irrisi. Successivamente, quando cominciammo ed arrivarono le televisioni a riprenderci, fuori al Palazzo di giustizia, accampati, al gelo, nei nostri sacchi a pelo, i sorrisini ebeti si tramutarono in preoccupazione per l’immagine del Consiglio e del Foro napoletano. Dopo, non prima. Prima… ci ridevano in faccia, invitandoci a non fare lo sciopero della fame, ma quello della sete.

In quei giorni, di grande tensione e di scontro, tra il sottoscritto ed il Consiglio dell’Ordine i rapporti erano dunque assai tesi. Come spesso avviene nella politica contemporanea, abbiamo usato i social network per pubblicizzare messaggi politici. I social network sono un alias, sono un avatar e rispondono ormai al linguaggio della politica contemporanea, che è condito da insulti, dileggio, sarcasmo, iperboli e lazzi, a tutto spiano. In realtà lo facevano anche Dante Alighieri, Aristofane, Marziale, ma dubito fortemente che i Consiglieri dell’Ordine di Napoli conoscano le vicende letterarie e politiche a cui alludo.

 

– L’esposto del Presidente Rossi muove da una vicenda legata ai crediti formativi e agli effetti sui colleghi del mancato conseguimento di tali crediti. I crediti formativi, per ragioni che ho più volte spiegato, con articoli pubblicati sul sito www.nuovaavvocaturademocratica.org, sono illegali, sono uno strumento clientelare ideato dalla cupola dell’istituzionalizzazione forense per costruire consenso politico tra gli avvocati. Sono migliaia i colleghi italiani che si rifiutano di sottostare a questa vile buffonata, che esenta i vecchi, vessa i giovani, non prevede valutazioni sull’apprendimento dei colleghi. Ora è troppo lunga a spiegarvela, ma io mi sono autodenunciato al Consiglio di Napoli, ed attendo che, anche su questa vicenda, la facciamo finita. Ho dunque usato termini volutamente paradossali e coloriti per rimarcare la mia disobbedienza rispetto a norme che considero illegali ed inique, trasferendo su facebook il mio stato d’animo ed adottando volutamente il dileggio e la provocazione come strumento di espressione.

– Facebook, come ogni social network, cristallizza il momento e lo rende eterno, ma questa è un’opera di mistificazione della realtà. Nei mesi successivi al 9 marzo, giorno in cui il Consiglio dell’Ordine di Napoli deliberava di muovere un esposto a mio carico, io ho avuto interlocuzione diretta e reiterata con quasi tutti i Consiglieri, segnatamente con il Presidente Armando Rossi, con il Segretario del Consiglio, con altri colleghi che avrei irrimediabilmente “leso” nell’onorabilità. Non mi sono apparsi né “lesi” né memori dei miei post su facebook.

– In data 20 aprile il sottoscritto avvocato ha dormito, in una notte gelida, in Via Ennio Quirino Visconti, dinanzi alla sede della Cassa di Previdenza Forense. Non ero in un resort di lusso, come l’hotel Sousse, di recente illuminato dalla presenza di centinaia di avvocati italiani, martiri della democrazia occidentale. Ero in strada, con altre decine di colleghi, a rivendicare una previdenza forense equa e non vessatoria. Il 21 aprile ho personalmente condotto la vertenza, all’interno della sede della Cassa di Previdenza Forense, con il Presidente della Cassa Forense, Nunzio Luciano, che attualmente mi ha mosso due esposti disciplinari, per analoghe vicende “feisbucchiane”. Ebbene… Nunzio non era “leso”. Ci siamo persino abbracciati, ben due volte, ed abbiamo scherzato sulle definizioni che noi, avvocati di base, gli diamo su facebook.

 

– I post che vi ha sottoposto il Presidente Armando Rossi costituiscono una parte INFINITESIMALE della mia attività di lotta contro le istituzioni forensi italiane, che io e decine di migliaia di avvocati consideriamo, a giusta ragione, un grumo di autoritarismo e di affarismo che farebbe vomitare un porco, sempre se i maiali, nobilissimi animali, non si offendono al paragone.

 

Io ho 39 anni e da 4 anni combatto una battaglia senza quartiere, ma intrisa di onore, contro questo sistema, marcio e corrotto. La combatto con le armi della politica, del pensiero, dello studio, dell’azione, del sacrificio, derubando me e la mia famiglia di tempo, salute, denaro, occasioni professionali. La combatto anche con l’utilizzo del dileggio e del turpiloquio, unici strumenti che a noi, miseri mortali, sono concessi, per contrastare le decine di milioni di euro e gli organi di propaganda che le istituzioni forensi usano per tenere in vita questo abominio chiamato “Ordine Forense”.

 

Dunque… giochiamo a capirci. Ho 39 anni, come già detto. Alla mia età Mozart, Alessandro Magno e Gesù Cristo erano già morti da un pezzo ed erano tutte persone migliori di me. Non ho paura dei disciplinari e francamente trovo imbarazzante che i post allegati a questo esposto, che dimostrano come ciò che dico e scrivo rappresentino un pensiero diffuso nell’avvocatura italiana, possano essere considerati motivo di addebito disciplinare a mio carico. Trovo la vicenda assai puerile, probabilmente dettata dallo scorno e dal risentimento dell’attuale Segretario del Consiglio dell’Ordine di Napoli, da me apostrofato in malo modo durante la manifestazione “digiunare per sensibilizzare”. Ebbene si, l’ho apostrofato e  non è stato il solo a subire quel trattamento.

A quel tempo avevo chiesto ai consiglieri dell’Ordine di Napoli di riabilitarsi, di scrivere, di adottare delibere che parlassero di fatti concreti e non di venire presso il Palazzo di giustizia, sfidando la nostra fame e spossatezza, a raccontarci chiacchiere. Qualcosa devo aver ottenuto, perché in data 31 gennaio 2017 il segretario del Consiglio dell’Ordine di Napoli, in Consiglio, come risulta da verbali pubblici e pubblicati, riconosceva di dover fare autocritica a seguito della manifestazione promossa a Napoli da Nuova Avvocatura Democratica.

 

L’avvocatura italiana sta morendo. Sta morendo di malaffare, autoritarismo, assenza di regole e democrazia interna, censura, propaganda di regime e vigliaccheria diffusa tra gli avvocati stessi. Io sono uno dei pochissimi avvocati italiani che “si fa il culo”, da anni,  per provare ad impedire che questa nobile professione, che amo e rispetto, passi a miglior vita, per colpa di istituzioni forensi letteralmente ABOMINEVOLI.

 

Ergo… sempre per capirci, se volete radiarmi, fatelo. Ritenete che io non meriti di essere un avvocato? Bene, assumetevi la responsabilità di radiare ME. I miei colleghi sanno chi sono e per cosa mi batto, sanno chi dovrebbe essere radiato e sanno che non mi lascerò intimidire. Ho già scritto che continuerò a combattere perché in Italia nasca un’avvocatura pulita e dunque, se proprio le istituzioni forensi ci tengono a fare un gesto che possa togliermi di mezzo, assoldino qualcuno di molto bravo, con una buona mira e non se ne parli più.

 

Io sono uno scandalo? Si, lo sono, perché sono stufo e schifato di vedere gente che non sa leggere e scrivere che si attribuisce arbitrariamente mega stipendi, con i soldi dei miei colleghi, che affama, per mezzo di contributi previdenziali esosi e che esulano il reddito, decine di migliaia di miei colleghi, che se ne sbatte di eleggere anche un solo avvocato presente nelle istituzioni con regolamenti elettorali degni di un paese civile.

 

E’ verissimo: dico e scrivo un sacco di parolacce. Sono un uomo pieno di vizi e me li tengo tutti. Questo lede il decoro dell’avvocatura italiana? Bene, radiatemi. Non datemi avvertimenti, non comminatemi sanzioni dal sapore paternalistico. Radiatemi. Ridate decoro all’avvocatura italiana, liberandola definitivamente da un individuo come me.

 

Io non ho paura di continuare le mie battaglie e le continuerò, perché io e ripeto… IO… sono un avvocato e sarò SEMPRE un avvocato. E’ tutto.

 

Penitenziagite. Downshifting is the way.

#avantiNAD

#nonabbiamoalternative

 

Frittole, millequattrocento, quasi millecinque

Avv. Salvatore Bluto Lucignano

CERCA