Guidare un’associazione che in sette mesi è diventata una protagonista riconosciuta della politica forense italiana è sicuramente per me motivo di orgoglio. In questi mesi ho dovuto spesso affrontare problemi, legati alla stanchezza di un impegno davvero gravoso, alla gestione dei rapporti, umani e politici con i soci di NAD e con i suoi detrattori. Tutto è perfettibile ed io sono sicuramente “molto” perfettibile. Dopo il 21 aprile, con la manifestazione in Cassa Forense “GOOD MORNING VIETNAD”, la nostra associazione, come ho già rappresentato, è stata oggetto di attenzioni che, per certi versi, erano da mettere in conto. Quando si comincia a dare fastidio c’è sempre chi prova ad eliminare quel fastidio. Uno degli elementi utilizzati per l’indebolimento di NAD ha fatto leva su aspetti che prescindono dal contingente, ma che vale comunque la pena analizzare. Sono riflessioni che spesso ho svolto in solitudine e magari la pubblicazione di questo breve articolo potrà aiutarmi ad avere un confronto sul tema.
Nel corso del mio lavoro di segretario di NAD mi sono spesso chiesto cosa distingua un’associazione politica da una compagnia di amici. La risposta che mi sono dato è che un’associazione politica agisce per il perseguimento di fini collettivi, espressi nei documenti cardine dell’associazione: statuto e regolamenti. Una compagnia di amici può anche seguire logiche morali o ideali, ma l’agire politico deve necessariamente seguire altre strade, perché i motivi sono diversi dalle cause e gli impulsi dell’animo non possono sostituirsi alle regole di una comunità politica.
Ho 39 anni e da quasi 4 anni combatto una battaglia ardua, gravosa, difficile, per un’avvocatura diversa, finalmente democratica, vicina ai giovani, ai più poveri e ai più deboli, alle donne. Nel corso di questi anni ho condiviso pezzi di cammino con vari colleghi, molti dei quali sono per me diventati amici.
Cos’è un amico? Bella domanda, dalla difficile risposta. Un amico è una persona con cui si condividono valori, azioni e sentire. Un’amicizia può sopravvivere alla mancata condivisione delle azioni, ma non a quella dei valori e del sentire. Se vengono meno, gli uni o l’altro, l’amicizia finisce. Il punto su cui mi sono interrogato in questi giorni è però se l’amicizia sia un fattore rilevante nella vita di un’associazione politica. Ritengo che non sia assolutamente così.
In un’associazione politica è proprio il fine statutario, la causa, trasfusa nelle regole e nell’agire collettivo, che consente a persone che non sono amiche di poter stare insieme. Pensare che aggregazioni di centinaia, a volte migliaia di uomini e donne, debbano stare insieme solo se composte da “amici”, è palesemente assurdo. L’associazione è quell’entità che spersonalizza i valori ed il sentire individuale e, paradossalmente, pone al primo posto, nella gerarchia dei vincoli che tengono uniti i soci, proprio ciò che nell’amicizia è meno importante, ovvero l’agire, le azioni dei singoli.
In un’associazione i valori ed il sentire individuale non contano e non debbono contare. L’associazione è ente diretto nel futuro, in cui l’individuo politicamente cosciente e maturo non proietta i propri rapporti personali. L’associazione non è fatta solo dagli uomini che la compongono oggi, ma anche da quelli che ci saranno domani. L’associazione è agire codificato, al servizio di cause politiche e la politica non si fa tra amici, ma tra associati.
Certo, non tutti siamo pronti a distinguere i piani. Siamo uomini, non macchine. Viviamo di passioni, sentimenti, ire, disillusioni, scontri, antipatie, sospetti. A volte può accadere che i legami umani, l’empatia, portino a dimenticare che i piani non sono sovrapponibili. A volte l’umanità non condivisa o non più condivisa può portare a mettere in discussione il vincolo associativo. Sono situazioni assolutamente normali, fisiologiche, così come il confronto e lo scontro, che spesso è più aspro laddove c’è fortissima empatia. In questi casi l’unico antidoto alla dissoluzione del progetto associativo risiede nell’agire e nei valori che l’associazione politica difende e porta avanti.
E’ per questo che, come segretario nazionale pro tempore di NAD, cerco ogni giorno di trasmettere ai nostri soci la necessità di pensare ed agire politicamente, di tenere fuori dalla vita associativa gli elementi e gli strumenti con cui giudicano il proprio privato ed i propri rapporti privati. Non sempre ci riesco, perché ciascuno ha il proprio sentire e nell’individualità di ognuno non è lecito entrare.
Quello di cui sono certo è che l’educazione politica dell’avvocatura italiana sia un elemento imprescindibile per consentirle di ambire ad uscire dal cono di irrilevanza che vive da anni. Allo stesso modo, NAD non può che essere avanguardia di una tale educazione e coscienza. Laddove manchi la consapevolezza che l’agire politico della nostra comunità non può fondarsi su logiche amicali, ma deve basarsi sulla coscienza collettiva dei soci, la nostra azione di lotta ne risulterà inevitabilmente ed irrimediabilmente compromessa.
Avv. Salvatore Lucignano
Segretario Nazionale Nuova Avvocatura Democratica