Com’è noto, nel febbraio del 2015 si sono svolte le prime elezioni forensi basate sul D.M. 10 ottobre 2014 n. 170 (“regolamento sulle modalità di elezione dei componenti dei consigli degli ordini circondariali forensi, a norma dell’articolo 28 della legge 31 dicembre 2012, n. 247”).
In coincidenza con la proclamazione degli eletti, il Consiglio di Stato, in sede cautelare, con due ordinanze del 18 febbraio 2015 (nn. 735 e 736), su ricorso di alcune associazioni di categoria, riformando le contrarie pronunce del TAR del Lazio, ritenne tale regolamento in contrasto con la legge professionale (legge n. 247 del 31 dicembre 2012) in tema di tutela delle minoranze, atteso che lo stesso consentiva la presentazione di liste capaci di ottenere la totalità dei posti da eleggere in seno ai consigli degli ordini (così come si era realmente verificato in alcuni circondari).
Le tsunami innescato dalla giustizia amministrativa fu immediatamente colto: i risultati elettorali relativi a numerosi consigli dell’ordine furono impugnati dinanzi al Consiglio nazionale forense, al quale l’art. 28 della legge professionale affida l’autodichia in materia (“contro i risultati delle elezioni per il rinnovo del consiglio dell’ordine ciascun avvocato iscritto nell’albo può proporre reclamo al CNF entro dieci giorni dalla proclamazione”).
Il 13 giugno 2015 il TAR del Lazio, giudicando nel merito e adeguandosi al dictum cautelare del superiore consesso, con le sentenze nn. 8333 e 8334, annullò gli articoli 7 e 9 del regolamento ministeriale nella parte in cui: a) consentivano a ciascun elettore di esprimere un numero di preferenze pari al numero di candidati da eleggere; b) consentivano la presentazione di liste che contenessero un numero di candidati pari a quello dei consiglieri complessivamente da eleggere; c) prevedevano che le schede elettorali contenessero un numero di righe pari a quello dei componenti complessivi del consiglio da eleggere.
In sostanza, secondo i giudici amministrativi, la legge ordinamentale, innovando la normativa previgente, aveva stabilito che le elezioni dei COA dovessero tenersi secondo il sistema del “voto limitato”, il quale è diretto alla tutela delle minoranze e del pluralismo democratico (artt. 1, 2 e 97 della Costituzione).
Dopo circa un anno, il 28 luglio 2016, il Consiglio di Stato confermò totalmente le sentenze del TAR del Lazio (sentenza n. 3414); esito pressoché scontato, peraltro, dato che lo stesso consesso aveva ispirato il giudice di primo grado con le proprie ordinanze del febbraio 2015.
Nonostante i chiari pronunciati del giudice amministrativo, il Consiglio nazionale forense, dopo avere rinviato più volte la trattazione delle impugnazioni elettorali, rigettò tutti i ricorsi, ritenendo che la validità delle elezioni andasse valutata con riferimento all’epoca del loro espletamento, che fossero irrilevanti le sopravvenute pronunce del giudice amministrativo e che non si potessero disapplicare le disposizioni del regolamento ministeriale, benché illegittime.
Adita dai soccombenti, la Corte di Cassazione, a sezioni unite, con sentenza del 31 gennaio 2017 (n. 2481), relativa alle elezioni svoltesi nel circondario di Latina, ha completamente smentito le ardite tesi giuridiche del CNF.
Ha ritenuto in primo luogo la Corte che la tempestiva impugnazione dei risultati delle elezioni valesse ad escludere che si fosse al cospetto di “fatti conclusi” o di “rapporti esauriti”, tali da essere regolati dalla normativa vigente al momento del loro verificarsi e da evitare la rilevanza di sopravvenienze giurisdizionali (come il parziale annullamento del regolamento elettorale da parte del giudice amministrativo).
Altro assunto del CNF platealmente smentito è quello della impossibilità di disapplicare le norme regolamentari illegittime. Ha osservato la Corte che “se il CNF può sollevare questioni di legittimità costituzionale (Corte cost. n. 189 del 2001; n. 284 del 1986) a maggior ragione può disapplicare gli atti amministrativi nell’esercizio della propria funzione giurisdizionale”. Ha osservato la Corte che il giudice dispone, a seconda dei casi, del potere di annullamento o di quello di disapplicazione delle norme regolamentati illegittime e che, in ogni caso, l’intervenuto annullamento del regolamento ministeriale da parte del giudice amministrativo ha efficacia generale (erga omnes).
La Corte ha quindi annullato le elezioni svoltesi nel circondario di Latina, rilevando che “le operazioni elettorali si sono svolte in applicazione di norme regolamentari illegittime”, nella misura in cui non era stato seguito il sistema del voto limitato ed era stata consentita la presentazione di liste con un numero di candidati pari a quelli da eleggere, con la conseguenza che una delle liste in competizione si era accaparrata tutti i posti disponibili.
Alla luce della posizione della Corte suprema, torna attuale la riflessione di qualche tempo addietro (vedi l’articolo su “autodichia e indipendenza del CNF in materia elettorale” in questo sito) circa la convenienza del sistema dell’autodichia in tema di elezioni forensi, essendo palese il difetto d’indipendenza del CNF quando giudica in materia elettorale, atteso che lo stesso è eletto (sarebbe meglio dire nominato, secondo il criptico sistema di cui all’art. 34 della legge professionale) dagli stessi organi (i consigli degli ordini) sulle cui elezioni è chiamato a decidere.
Come può pensarsi che il CNF, legato al cordone ombelicale dei COA circondariali, di cui tutti i suoi membri sono emanazione, possa assolvere ad una funzione di giustizia in danno degli stessi soggetti che lo hanno espresso?
Trattasi di una materia troppo delicata (per le sue forti implicazioni in tema di democraticità, di pluralismo e di parità di genere) per continuare ad essere affidata a chi non è in oggettivamente in grado di svolgere una funzione giurisdizionale nel senso più nobile del termine, non potendo “assicurare che l’attività giurisdizionale, nelle varie articolazioni, come la sua intrinseca essenza esige, sia esercitata senza inammissibili influenze esterne” (Corte Costituzionale, 23 dicembre 1986 n. 284).
Avv. Donatello Genovese
Membro del Direttivo NAD