IL DENARO, ASIMMETRIA DEL POTERE ISTITUZIONALIZZATO

27 Gennaio, 2017 | Autore : |

Abbiamo dunque cominciato il nostro digiuno. Ciro Ignorato, Alessandro Cantelmo, Ciro Sasso, Giuseppe Scarpa ed io sopravviveremo con qualche cappuccino e qualche spremuta d’arancio, provando a sensibilizzare l’avvocatura e la cittadinanza italiana, anestetizzate dall’assuefazione al potere.

Di tutte le cose che stanno avvenendo in queste ore, la più assurda è costituita dagli avvocati che ci contattano, per invitarci “a stare attenti” (Cit.) Non ci contattano per dire: “colleghi, avete ragione, è sacrosanto, ora andiamo a Roma e le indennità che stanno rubando gliele facciamo restituire, li mettiamo in condizione di doverlo fare”. No, il loro pensiero, il loro problema, è che, restando inerti, credono che i loro padrini e padroni possano ignorare la nostra azione.

Bene, se potranno ignorare la nostra azione lo vedremo. Quello che è drammatico è che ci siano decine di migliaia di avvocati, così asserviti e invigliacchiti, da non muovere un dito per uscire dalla schiavitù che la cupola dell’istituzionalizzazione forense gli impone.

 

 

IL COLORE DEI SOLDI 

La professionalizzazione delle cariche istituzionali, con le indennità che i padrini della cupola forense si attribuiscono, derubando i propri colleghi ed attingendo a piacimento dal loro denaro, rappresenta un elemento che scava un solco profondo tra vertici e base. Il politico istituzionalizzato riesce così a superare il problema del mantenimento e può dedicarsi, in modo “professionale”, alla politica forense, alla coltivazione del proprio elettorato, alle mance e alle ricompense da elargire ai propri “amici”, perché… si sa, i padrini “… non li dimenticano gli amici…” (cit. Mullah Coniglio, mentre spiega ai vertici di AIGA la logica di scambio con cui il nostro eroe concepisce la rappresentanza politica).

 

 

Non comprendere che noi combattiamo le indennità dei padrini dell’avvocatura italiana non per un pauperismo di maniera, ma perché ne comprendiamo e denunciamo la natura di elemento profondamente antidemocratico, è il secondo elemento del dramma culturale vissuto da questi 240 mila mestieranti, che si fanno chiamare “avvocati”.

Il professionista politico, con il conto corrente rimpinguato dal denaro ottenuto dai dilettanti, che continuano a fare le formichine per tirare avanti, rafforza il primato censorio che lo rende in grado di affrontare la politica in posizione privilegiata, rispetto ai suoi competitors, che non solo non hanno l’istituzione al proprio servizio, ma per fare politica ci rimettono di tasca propria.

 

 

Nuova Avvocatura Democratica fa dunque una grande battaglia di democrazia sostanziale, oltre che denunciare una odiosa, inaccettabile, lurida pratica immorale.

RESISTEREMO

 

 

 

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