MODELLI DI INTERAZIONE E STRATEGIE DI CRESCITA

18 Gennaio, 2017 | Autore : |

Abbiamo già parlato varie volte di come il rapporto tra gli individui possa influenzare anche l’evolversi della politica che determina il contesto ambientale e sociale in cui essi si muovono. Il dibattito interno alla nostra associazione è ovviamente ampio, tocca molti temi, tra cui non mancano gli spunti che si interrogano sulle migliori modalità di interazione, capace di generare processi politici efficienti.

Se si ragiona serenamente su questo aspetto del problema associativo, non si potrà negare che esso sia troppo spesso sottovaluto o rimosso, da parte di chi si propone risultati politici. Se infatti la politica, per definizione, è l’insieme dei comportamenti tesi ad orientare le scelte e le regole che consentono il vivere civile, è fondamentale chiedersi come l’agire politico possa incidere su quelle scelte.

A prima vista una riflessione che parli di metodo, di strategie, di modelli funzionali allo scopo politico, può essere vista come un tecnicismo, un allontanamento dal fine ultimo della politica, ma uno sguardo più accorto può far comprendere meglio il valore imprescindibile che le strutture rivestono, per il buon esito di ogni progetto concreto.

 

 

La contraddizione tra semplicità del messaggio e codificazione rigorosa delle strutture e dei modelli di interazione, seppur trattato con termini assai meno precisi, è stata per molto tempo alla base del dibattito che ha interessato la ristretta cerchia di avvocati che si interessa alla politica forense. Per certi versi, questa situazione ha generato un piccolo modello di “dilemma del prigioniero”, in cui si sono espresse le teorie che cercano di arrivare alla puntualizzazione di strategie dominanti, laddove siano in ballo incentivi individuali e collettivi.

Nella sua versione classica, richiamata dalla figura in alto, il dilemma si mostra in tutta la sua problematicità. Essa può essere riproposta anche in chiave politica, laddove si provi ad immaginare uno schema di questo tipo:

 

A, propone modelli strutturali che consentano alle istituzioni che regolano un gruppo di funzionare; 

B, propone soluzioni ai problemi rappresentati dal gruppo, disinteressandosi dei modelli strutturali che lo regolano. 

 

Questa variante del dilemma consente di valutare lo stesso problema di quello vissuto dal prigioniero, sotto questo aspetto: il trade-off, in termini di consenso espresso verso A e B dal gruppo in cui essi operano politicamente e la possibilità di ottenere regole e strutture in grado di far funzionare il gruppo. L’interazione e la strategia in questo caso si comportano esattamente come le opzioni “confessare o tacere” del prigioniero. L’interesse di B nel mostrarsi vicino ai problemi del gruppo lo porterà probabilmente a poter esercitare una maggior presa nel sistema in cui opera. Allo stesso modo, solo modelli effettivamente in grado di convertire l’agire politico in soluzioni efficaci, affidato alle strutture proposte da A, potrà consentire al gruppo di non muoversi in modo inefficiente, sotto il profilo dell’utilità collettiva.

 

LA SOCIETA’ DELL’ENTROPIA

Attraverso alcune brevi riflessioni che analizzano il concetto di entropia, come evoluzione attuale dei sistemi sociali di massa, Nuova Avvocatura Democratica si è già posta il dilemma. L’attuazione di strategie di crescita, capaci di coniugare le spinte soggettive con l’efficienza collettiva, tradotto in modo empirico nella contrapposizione tra politica e populismo, tocca anche il rapporto tra la nostra associazione e la platea di colleghi destinatari dei messaggi che vogliamo inviare.

Osserviamo insieme l’immagine in alto: essa mostra una ulteriore declinazione di possibili strategie di crescita. Il messaggio non è solo valido dal punto di vista pubblicitario, verso uno dei prodotti più noti in Italia, ovvero il cioccolato Kinder, ma esprime il concetto di “payoff”, che può guidare una strategia dominante. Nel caso di specie, la pubblicità mira a convincere il consumatore che il buono ed il sano camminino di pari passo, per cui consumando un prodotto gustoso, un ipotetico bambino, destinatario privilegiato del prodotto pubblicizzato, coniughi il gusto con lo sviluppo.

Questo piccolo e plastico esempio di strategia dominante, perlomeno nell’interazione all’interno del gruppo, testimonia la doverosa ricerca, da parte di chi voglia esprimere una soggettività politica in grado di incidere nei processi con cui si confronta, dell’equilibrio tra giusto e buono.

 

 

IL POPULISMO E’ DEMOCRAZIA?

 

La ricerca di un bilanciamento tra le esigenze del consenso e la costruzione di strutture efficienti, riporta alla necessità di interrogarsi sulla capacità delle forme di interazione interne ai gruppi, così come storicamente le abbiamo conosciute, di interpretare ancora le esigenze della contemporaneità. Quando infatti la politica diventa attività funzionale all’affermazione delle elites e non agire che provochi un avanzamento collettivo, il senso dell’agire politico viene di fatto tradito, pur potendosi continuare a muovere in un contesto di apparente legittimità e rappresentatività delle istanze dei gruppi.

 

 

 

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