LA SOCIETA’ DELL’ENTROPIA

14 Gennaio, 2017 | Autore : |

Se si prova ad analizzare la realtà sociale contemporanea, uno dei tratti distintivi che si colgono è che tale analisi fa sempre maggiore fatica a trovare un proprio spazio nei processi che guidano la società. La filosofia futura appare da tempo minata da una perdita di prestigio, dal mancato riconoscimento di un ruolo di leadership tra gli umani. Tale apparente paradosso sconta la difficoltà, sempre più evidente, di canalizzare l’entropia che contraddistingue la contemporaneità all’interno di flussi definibili e descrivibili.

 

La destrutturazione dei processi sociali sembra essere divenuta tanto rapida da aver spostato nel campo delle scienze sociali le considerazioni che le teorie fisiche del XX secolo hanno illustrato, anche al grande pubblico.

Le distorsioni relativistiche proprie di sistemi limitati hanno ceduto il passo, in modo sempre più caotico, al superamento dei confini e più ancora, del confine, come elemento in grado di orientare e rappresentare il senso degli elementi dati. Il risultato di questo gigantesco contenitore di indeterminazione che è la società globalizzata e bulimica si riversa in un ulteriore stadio dell’evoluzione empatica dell’essere umano: la dimensione entropica.

 

Un famoso individuo un tempo disse: “Dio non gioca a dadi”. Ebbene, nulla come il soggettivismo entropico spinto, caratteristica peculiare dei rapporti individuali contemporanei, spingerebbe a pensare il contrario. Parrebbe quasi che Dio, dopo averci indirizzati verso l’idea di Kosmos, abbia pian piano deciso di accompagnarci verso il caos.

L’aumento della velocità, delle informazioni, dei mezzi, ha generato una serie infinita di variabili, così impossibile da codificare, da essere quasi sovrapponibile ad un gigantesco Shangai, con la differenza che, quando si gioca, l’osservatore può cercare di dominare il disordine, ma nell’attuale evoluzione sociale il singolo soggetto è poggiato su enormi ed instabili bastoncini: non ne vede inizio e fine, non ne può leggere gli spostamenti, operati da eventi a lui ignoti, distanti o comunque agenti su piani diversi da quelli che può prevedere. Ciò comporta una nuova dimensione del rapporto tra individuo ed ambiente, improntata essenzialmente alla precarietà dei significati.

 

L’instabilità, la capacità delle cose di ricombinarsi incessantemente ed in modo contraddittorio, ha dato un diverso senso a tutte le grandezze che per secoli, seppure con variazioni e diverse interpretazioni, sono state viste dal genere umano come fari, in grado in qualche modo di orientarne le azioni. Il combinato della bulimia e dell’entropia sta provocando sempre più spesso delle rotture della continuità, all’interno dello spaziotempo sociale. In altri termini, quelle stesse situazione di sospensione delle leggi fisiche, chiamate “singolarità”, ipotizzate per eventi quali il Big Bang e i buchi neri, si materializzano sul piano sociale, creando delle fratture nel flusso delle concezioni e delle azioni di massa.

Per quanto la storia appaia ricca di singolarità, ovvero di eventi convenzionalmente indicati come spartiacque tra due mondi, tra un prima e un dopo, nulla appare tanto capace di far superare l’utilità e il danno della storia, ovvero la sua stessa possibilità, quanto la società dell’entropia. In questo caso la rottura del flusso di continuità orientata avviene infatti non a causa di eventi, scoperte, rivoluzioni, bensì in un quadro sostanzialmente immutato, per via della diversa ricombinazione dei fattori entropici che guidano l’agire individuale e collettivo.

Ciò che cessa di avere un significato e ne assume uno di segno opposto diviene così un oggetto misterioso, poiché nulla ne lascia presagire l’avvento. L’impossibilità di prevedere gli esiti di questi perpetui rimescolamenti finisce con il generare cicli comportamentali sempre più brevi, favorendo l’instabilità e la perdita individuale dell’identità.

 

L’empatia, assunta come strumento in grado di bilanciare l’entropia, può limitarne gli effetti destabilizzanti, ma solo se incanalata in edifici ideologici capaci di fronteggiare a loro volta la contemporaneità. Diversamente, l’uomo empatico è destinato a muoversi nel magma dell’impossibilità di identificazione significativa, alienandosi sempre di più e perdendo ogni speranza di dare un senso compiuto ai propri cicli comportamentali.

 

 

 

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