EQUILIBRI DI MERCATO ED OTTIMO PAVESIANO

8 Gennaio, 2017 | Autore : |

Pochissimi avvocati hanno nozioni di economia, per non parlare di quanti abbiano effettive nozioni di diritto… (stendiamo un sudario). Qualche giorno fa mi è capitato di leggere un resoconto assai interessante, di un giovane collega abilitato da poco. Mi ero ripromesso di appuntarlo, in modo da riproporlo integralmente, ma ho dimenticato di farlo, per dabbenaggine. Il senso di quanto espresso dal collega però era più o meno il seguente:

si, ho copiato il compito all’esame di abilitazione. Ho fatto solo ciò che sapevo fare, quello che derivava dalla pratica che avevo effettivamente svolto, ed ho copiato il parere di diritto civile. Del resto, il mio è un percorso di sopravvivenza, devo passare ancora per le forche caudine dello sfruttamento, provare a trovare clienti, superare il trauma di una pratica forense sottoposta a sfruttamento e di un esame di ammissione aleatorio ed iniquo. Voi al mio posto cosa avreste fatto?

E’ uno sfogo che, veritiero o verosimile che sia, fa riflettere, perché pone l’accento su un altro dei gravi problemi che investe da tempo l’avvocatura italiana, ovvero lo scarto tra la retorica narrazione di una professione nobile, colma di idealisti che si sacrificano, quali martiri, per l’affermazione e la difesa dei diritti, contrapposta alla cruda verità dei fatti: quella di una categoria di avventurieri, falliti ed accattoni, che spesso non hanno trovato di meglio da fare che tentare la ventura come avvocati, sperando di raggranellare i soldi necessari a sopravvivere.

 

Sia chiaro, le estremizzazioni della fenomenologia della professione di massa, portata dalla scolarizzazione di massa e dall’università di massa, non mirano alla criminalizzazione del singolo individuo, alla ricerca di reddito, benessere ed inclusione sociale. Il senso di questa rappresentazione vuole mostrare quanto sia assurdo ritenere che le logiche aristoteliche e ridondanti che hanno guidato l’espansione dell’avvocatura italiana siano in grado di coniugarsi con una sua effettiva qualificazione.

 

 

LO SCADIMENTO DELLA PROFESSIONE 

E’ una delle tante contraddizioni che l’autoanalisi posta alla base del percorso di lotta di Nuova Avvocatura Democratica ritiene di dover vivere, e a cui non ci sentiamo in grado di sfuggire. Da tempo elementi interni all’avvocatura contestano all’avvocatura stessa di essere ormai “scaduta”, inglobando avvocati non in linea con determinati standard qualitativi, morali, culturali. Il punto di rottura del clima idilliaco di questa narrazione viene prontamente toccato quando si chiede: “bene, ed allora, che si fa?”

Eh già, perché ammettere che vi siano miriadi di avvocati poco preparati, che operano in contiguità con stratagemmi e pratiche illegali, opache, oscure, ammettere che molti non sono idealisti e liberi pensatori, ma il prodotto di una fabbrica di laureati, che sforna giuristi in similpelle a decine di migliaia, fa male. Il problema è che la verità a volte fa male. Se dunque lo scadimento della professione esiste e se è argomento discusso coram populo da chi è parte di questo scadimento, logica vorrebbe che l’avvocatura e dunque gli avvocati, accettassero la conseguenza inferenziale di questa premessa: siamo troppi e non solo siamo troppi per poter svolgere la professione in condizioni reddituali ed operative dignitose, ma siamo troppi, avendo inglobato elementi poco qualificati, che provocano un oggettivo scadimento della professione.

 

Il mitico principe De Curtis avrebbe detto: “e qui casca l’asino”. Si, perché coloro che avrebbero avuto, in questi lustri, il compito di chiudere le porte in faccia a quei “troppi”, valutando rigorosamente i requisiti per l’ingresso in una professione altamente qualificata quale dovrebbe essere l’avvocatura, hanno usato la cooptazione di quei troppi per fini ed interessi personali, consentendo che le aspirazioni di masse di avvocati in similpelle di riversassero all’interno di un sistema impreparato ed impossibilitato a gestire questo fiume di istanze individuali. Quale il risultato di un tale scempio? Semplice: il disastro.

 

 

L’OTTIMO PAVESIANO E I PUNTI DI EQUILIBRIO 

Come direbbe l’immortale commissario Natale Lo Gatto: “embé? Avvocato Lucignano… dove vuole arrivare?”

No, cari i miei piccoli inferiori, non voglio arrivare al bar, ma a definire un concetto che purtroppo continua a sfuggire a chi ragiona delle cose della nostra professione con gli stessi strumenti analitici che si potevano utilmente usare all’incirca 50 anni fa. Ieri ho letto una frase di una collega, che esaltava l’equazione NUMERO = PUREZZA, in una sorta di rivisitazione di equazioni sgangherata di ventennale memoria.

 

“Difendiamo i diritti… pertanto non saremo mai troppi” cit. Anonima 

 

A quel punto, preso da un’ilarità difficilmente contenibile, ho operato un semplice esercizio di stile. No, non mi sono rimesso a leggere tutte le opere di economisti e sociologi blasonati, che analizzano la scomparsa del lavoro nelle società di massa, né ho ripescato articoli che annunciano l’ingresso dei robot nelle professioni intellettuali, in sostituzione degli umani. Niente di tutto ciò. Ho fatto un conto, un conticino piccolo piccolo.

 

 

NON SAREMO MAI TROPPI… VERSIONE 1. 

Anno 1994, avvocati presenti in Italia 74.438, reddito medio annuo rivalutato euro 58.067.

Anno 2012, avvocati presenti in Italia 226.734, reddito medio annuo rivalutato euro 45.921.

Anno 2016, avvocati presenti in Italia circa 240.000, reddito medio annuo rivalutato circa… circa? No… cercatelo voi avvocati il reddito medio e fate le vostre considerazioni.

 

Ora… quale di questi tre sistemi non presenta un suo equilibrio? Tutti vivono di logiche di scambio, di domanda e di offerta di servizi, di tariffe e di redditi, di tasse e grattacapi.

 

 

NON SAREMO MAI TROPPI…IL DAY AFTER. 

Facciamo un altro giochino: anno 2025, avvocati presenti in Italia? Con la riduzione del contenzioso, la degiurisdizionalizzazione, la circolazione delle pratiche e delle sentenze, la diffusione delle società di servizi e consulenze online?

Reddito medio dei sopravvissuti?

 

“Voi non siete grasso, siete magro. Mangiate, mangiate, le diete fanno male…”

 

 

 

 

 

 

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