Salvatore Lucignano, classe 1978, Avvocato del Foro di Napoli. Da anni porta avanti una lotta senza esclusione di colpi per preservare la dignità e la serietà della professione forense; un amore viscerale che sboccia dal profondo. Per questo non accetta che determinati soggetti istituzionali minino le fondamenta di questa nobile arte. Conosciamolo più da vicino e vediamo i motivi che lo spingono a lottare, anche consigliando la visione della sua pagina: https://www.facebook.com/Salvatore-Lucignano-1036551313074507/?fref=ts&__mref=message_bubble.
Caro Salvatore, partiamo dall’inizio: ci siamo conosciuti per un caso del tutto fortuito, vero?
Si, per un fortuito indicativo delle possibilità della contemporaneità: un numero attribuito ad un’altra persona, un messaggio whatsapp che non era diretto a te, e da quel momento, lo scambio di impressioni ed idee che ci ha portato a cominciare un percorso di confronto, che spero duri nel tempo e sia proficuo.
Infatti. Mi ha molto colpito l’intervento che hai tenuto il 10 giugno scorso, al Congresso Nazionale dell’Unione Italiana Forense, in cui hai usato toni piuttosto inusuali e forti contro le istituzioni forensi italiane. Questo mi ha spinto a chiederti da dove nasce questa tua dura contrapposizione. Ce ne puoi parlare?
Con piacere. Quello che hai potuto vedere è solo l’ultima di una serie di prese di posizione che adotto contro l’avvocatura apicale italiana, che da anni porta ormai avanti un progetto di vessazione dell’avvocatura giovanile e femminile, dapprima attratta e cooptata nello svolgimento della professione forense, e poi scaricata, non prima che da queste migliaia di professionisti si sia tentato di spremere ogni possibile utilità, economica e politica. Il mio intervento è stato pubblicato per intero a questo indirizzo: https://www.radioradicale.it/scheda/477951/congresso-nazionale-dellunione-italiana-forense-prima-giornata?i=3570446.
In effetti si tratta di un’affermazione piuttosto forte. Tu dunque ritieni che l’avvocatura italiana e le istituzioni che la governano non siano soggette ad una situazione di neutralità, per quanto riguarda il rapporto tra rappresentanti e rappresentati, ma che vi sia una sorta di guerra in atto, una frattura tra due mondi, è corretto?
Assolutamente si, hai colto perfettamente la realtà dei fatti. L’avvocatura italiana vive da decenni un progressivo imbarbarimento, frutto della perdita delle caratteristiche di élite intellettuale che un tempo le appartenevano, seppure anche il concetto di “nobiltà decaduta” sia da valutare con attenzione, tra mitologia e verità. Oggi, al pari di quanto avviene in altri campi del paese, l’avvocatura è divenuta un corpo sociale in cui le dinamiche, lungi dall’essere volte al miglioramento dell’esistente, vivono di una contrapposizione tra servi e signori, con la politica forense che determina l’ingresso in un “sistema”, capace di generare profonde discriminazioni ed ingiustizie.
Ecco, “il sistema”. E’ un termine che, ascoltando il tuo intervento, trasmesso in video da Radio Radicale, ho potuto già notare. Tu infatti parli di “sistema”, con un’accezione sprezzante e non priva di connotazioni provocatorie. Sembri quasi accostare questo elemento a qualcosa che faccia riferimento ad ambienti malavitosi. Cosa c’è di vero e quanto invece rappresenta una iperbole, in tale definizione?
Purtroppo c’è tanto, troppo che aderisce perfettamente ai fatti e pochissimo che possa dirsi il frutto di una strategia di comunicazione. All’interno dell’avvocatura italiana il “sistema” esiste, eccome. E’ il frutto di un regime, che io ho definito di “istituzionalizzazione forense”, che ha progressivamente escluso la base, i giovani, le donne, i soggetti più deboli e distanti dalle istituzioni, dai meccanismi di cooptazione e valorizzazione di determinate attività, un tempo onorifiche, ma che oggi invece sono lo strumento usato dai capi del sistema per procurarsi denaro, incarichi professionali, connivenze con la politica e con l’economia. In altri termini, se volessimo parlare di avvocature, dovremmo riconoscere che esistono perlomeno due grandi classi, che solo apparentemente convivono sotto lo stesso tetto: gli appartenenti al regime politico degli istituzionalizzati e tutti quanti gli altri.
Cosa intendi con “istituzionalizzati”? E’ una definizione con cui entro in contatto per la prima volta. Che significa?
L’istituzionalizzato è un avvocato che non dedica più la sua attenzione ed il suo impegno al tentativo di essere giurista a tutto tondo, ma cerca di entrare nel “sistema”, attraverso i meccanismi di selezione inversa e di cooptazione che il regime gli mette a disposizione. Associazioni forensi, Consigli dell’Ordine, Commissioni di sodali ed amici dei potenti, Cassa Forense, non sono altro che luoghi di gestione del potere, piccoli feudi, minuscoli mondi antichi, in cui l’istituzionalizzato va ad occupare un ruolo funzionale al mantenimento dello status quo, molto spesso proprio grazie alla sua assoluta mediocrità e mancanza di libertà intellettuale, diventando una pedina nelle mani di chi, all’interno della categoria, detiene il potere e lo usa per i propri fini personali.
Si tratta di una visione molto netta, e niente affatto benevola, che immagino non goda di molto seguito all’interno della vostra professione. O mi sbaglio?
In realtà io credo che questo non sia esatto. La crisi del regime degli istituzionalizzati è ormai un dato di fatto evidente. I meccanismi di conoscenza offerti dalla comunicazione socialica pongono gli avvocati esclusi dal sistema in condizione di verificare quali abusi e privilegi i padroni dell’avvocatura si procurino mediante i loro finti incarichi. La grave crisi reddituale dell’avvocatura giovanile e femminile fa il resto, rendendo ancora più intollerabili le prepotenze dei padroni. L’avvocatura italiana è una polveriera, un gigantesco contenitore di disagio sociale e di ingiustizie, pronto ad esplodere in qualsiasi momento.
All’interno di questo scenario, quale pensi possa e debba essere il tuo ruolo? Che pensi di fare per agire, se davvero questa è la situazione, per cambiare in meglio le cose?
A partire dal 2014 ho messo in atto una battaglia campale contro il regime, fatta di studio, analisi, denunce, attacco ai punti nodali dello scambio criminogeno che avviene tra cavalieri e furfanti, tra padroni e cooptati, tra i detentori dei fili e gli istituzionalizzati che ne stabilizzano il potere. Prima attraverso internet, poi utilizzando i mezzi di stampa, le pubblicazioni, gli eventi politici come quello che tu hai potuto visionare, ho dichiarato guerra all’anziano regime, e non mi fermerò fino a quando non avrò sovvertito questo stato di cose.
Sei consapevole che queste tue affermazioni possono sembrare quasi il frutto delle farneticazioni di un folle, e che il quadro che dipingi è difficile da accettare come veritiero?
Ne sono assolutamente consapevole. La contemporaneità esclude il conflitto e la denuncia dalla sfera dell’agire considerato “ragionevole”. Oggi chi si batte per un altro mondo viene sempre più spesso dipinto come un matto, un individuo strambo, quasi un perditempo. E’ un rischio che non solo ho messo in conto, ma che affronto in concreto, ogni giorno, tentando di esorcizzare l’amarezza di questa situazione con l’unico rimedio che conosco: il lavoro.
Tornerai a parlarci di questi temi, vero?
Assolutamente si, quando vuoi. Vedrai che saprò svelarti molti altri particolari del sistema, che probabilmente ti appariranno incredibili. Ringrazio te e la Redazione dell’Altra Pagina per avermi ospitato.